Gli effetti di un pesante silenzio sulle condizioni di una PA molto debilitata

Un’analisi degli attuali usi e costumi dell’alta burocrazia ministeriale del Paese, fatta da chi ci ha lavorato per anni

Sembra addirittura che abbia smesso di occuparsene perfino Sabino Cassese, il maestro e capofila indiscusso degli esperti e degli osservatori dell’alta amministrazione e dell’amministrazione tout court.

Sabino Cassese

 

L’amministrazione – mi perdoni le rappresentanti del gentil sesso per questi accostamenti estemporanei ma non malevoli –  sembra quasi come quelle signore un po’ rugose e troppo dimagrite che nessuno si fila. O quelle giovani ragazze, non certo in fiore, anonime e silenti, che non attraggano sostanzialmente l’attenzione di alcuno.

Eppure la pubblica amministrazione è la spina dorsale di un Paese. Con le sue vertebre in qualche modo coordinate con le costole e con le essenze cruciali che dovrebbe contenere al suo interno. Ridotta, però, ad una sorta di araba fenice: cosa fa nessun lo sa, come sia nessun lo dice.

Proviamo a vedere un po’ qual è lo stato dell’arte, concentrandoci soprattutto sull’alta amministrazione. Sembra che si versi in un difficile, complesso e acquitrinoso guado tra una vecchia PA che tarda a morire e una nuova PA che tarda a nascere. Nel frattempo non mancano certo coloro che ai figli o alle figlie di turno riescono a trovare una collocazione. Sostanzialmente in tutti i Ministeri si è attuato o è in corso di attuazione lo spoil system ai più diversi livelli. Con la destra che come per altri ambiti utilizza le degenerazioni create dalla sinistra. Fu infatti la sinistra al tempo del governo Prodi del ‘96 a istituire il sistema delle spoglie.

Con norme di legge o regolamentari sono decaduti i precedenti organigrammi e si è costruito, o si sta costruendo, un nuovo organigramma, sia per le posizioni di prima fascia, quelle dei dirigenti generali, sia per le posizioni di seconda fascia. Sembra siano state occupate negli scorsi mesi e settimane e si siano alacremente dedicati a questo i Ministri con l’aiuto dei loro capi di gabinetto. Ma sistema delle spoglie vuol dire accantonare qualcuno e insediare qualcun altro nelle varie posizioni chiave.

Nessuno si pone il problema di come e dove vengono pescati i nuovi dirigenti di prima e seconda fascia. Sicuramente c’è un certo privilegio per forme di appartenenza o quasi appartenenza politiche. Certamente le amministrazioni erano troppo ripiene di persone nominate in qualche modo dalla sinistra o apparentemente tecniche ma che facevano riferimento alla sinistra. Forse ci sono dei sopravvissuti tra questi, che sono riusciti in qualche modo a riposizionarsi e ricollocarsi.

Ma, si diceva, come e dove si pescano i nuovi dirigenti? Qualche consiglio di qualche capo di gabinetto di fiducia, qualche tendenziale spartizione alla luce del colore del ministro tra i tre partiti della coalizione. Un po’ di mai venuto meno familismo. Non ho informazione di prima mano, ma i giornali attribuiscono alle nomine del ministro Lollobrigida più di qualche parente, amico, famiglio, compare di militanza. D’altronde già Flaiano a metà degli anni ’50 scriveva “contro con l’Italia dei cognati”. Non mi pare che allora né dopo lo abbiano molto ascoltato.

Sembra poi un po’ debilitata la stessa figura dei capi di gabinetto. Alcuni addirittura teorizzano che devono essere in qualche modo di un colore per lo meno affine a quello del ministro. Abbiamo avuto grandi capi di gabinetto, come ad esempio due ultraottantenni ancora in vita di grande valore come Pasquale De Lise e Corrado Calabrò, che hanno fatto i capi di gabinetto per decine di volte, con Ministri dei colori e dei partiti più diversi. Ma soprattutto che contribuivano molto, ovunque fossero allocati, alle decisioni pubbliche. Oggi sembra che ci sia qualche capo di gabinetto che opera con spirito più da segretario particolare, da fiduciario del Ministro in senso stretto, tallonando il Ministro nel corso di tutte le sue attività, dentro e fuori Roma, per paura che si possa intaccare il cordone ombelicale.

Anche i capi degli uffici legislativi sembra che non brillino certo nella media. Ovviamente sia per i capi di gabinetto sia per questi valgono le non poche eccezioni. Però se misuriamo la qualità, il peso, la competenza dei nostri capi uffici legislativi e similari dalla qualità della legislazione il risultato è un po’ drammatico. Siamo di fronte infatti di ad un’ulteriore decadenza della qualità media della normazione, sia di quella primaria, sia di quella delegata e secondaria.

La qualità e il livello medio della classe parlamentare non può certo poi contribuire al miglioramento di una legislazione che già nasce debole, confusa, ripetitiva in seno ai ministeri e che poi peggiora nel corso dell’iter parlamentare.

Per ora questo squarcio relativo al quadro di comando sostanziale della nostra alta amministrazione può bastare. Forse il fatto che nessuno quasi si occupi di queste delicate materie e questioni lascia che le cose man mano peggiorino, come avviene quando non c’è controllo diffuso della stampa e dell’opinione pubblica.

Sarebbe bello sapere cosa pensano a questo proposito i santoni e le santone che occupano postazioni chiave o che hanno grande autorevolezza rispetto a queste materie. Non solo cosa pensa il professor Cassese, il cui responso è ben più importante di quello di chi scrive. Ma cosa pensa il ministro della Pubblica Amministrazione, di cui da un po’ di tempo sembra si siano perse le tracce rispetto all’opinione pubblica? Cosa pensa le prof.ssa Paola Severino che funge da presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA)? Cosa pensano altre figure autorevoli?

Paola Severino

 

Se prosegue troppo questo silenzio, diventa più difficile spacciarlo per una sorta di “silenzio degli innocenti”.

Luigi TivelliGià consigliere parlamentare, capo di Gabinetto. Presidente dell’Academy Spadolini. Saggista

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