G20 di Roma e Cop 26 di Glasgow, i problemi lasciati aperti

Con il G20 di Roma e poi con il COP26 di Glasgow, la lotta ai cambiamenti climatici si è trovata al centro dell’attenzione, anche spinta da considerazioni geopolitiche sul rinnovato ruolo dell’Italia nel contesto globale. Per comprendere la reale portata della posta in gioco è necessario accennare alle conseguenze socio-economiche del veloce e repentino innalzamento della temperatura del globo, nonchè richiamare le norme, e i vincoli, internazionali che dovrebbero limitare tali conseguenze nei prossimi anni. Ne parliamo con il prof. Francesco Bruno, ordinario di diritto ambientale presso l’Università Campus Bio-medico di Roma.

Cosa è emerso dai principali consessi internazionali che si sono tenuti in questo periodo?

La comunità scientifica, più o meno unanime, ritiene che il riscaldamento globale, avrà un impatto sulla produzione industriale, che dovrà essere ridotta e delocalizzata in molte aree che non saranno più adatte come territori e climi di riferimento. Gli organismi internazionali stimano una diminuzione del prodotto interno lordo annuale per i maggiori paesi industrializzati, tra i quali l’Italia, tra il 5 e il 10 per cento a partire dal 2030. I cambiamenti climatici avranno delle conseguenze a livello globale sulla produzione di cibo e la sicurezza alimentare, soprattutto nelle aree in cui già attualmente fame e malnutrizione sono frequenti.

Quali saranno le regole da adottare per prevenire o contrastrare i cambiamenti climatici?

Il sistema adottato dalla comunità internazionale è articolato ed intricato e contrappone i paesi del G7 e le nazioni che negli ultimi 20 anni hanno raggiunto dimensioni economiche paragonabili ad Usa e Ue che sono attualmente i maggiori inquinatori del pianeta.

Tutto nasce dall’accordo- quadro del 1992 che, per valutare i passi in avanti fatti dai vari Stati, ha previsto che ogni anno siano organizzati  incontri internazionali formali sul cambiamento climatico. Con l’ultimo COP 26 non sono stati fatti sostanziali passi in avanti verso la lotta al cambiamento climatico ma si sono mantenute solo le indicazioni sulla limitazione dell’aumento della temperatura globale a non oltre gli 1,5° e l’eliminazione delle contaminazioni in atmosfera.

Quali soluzioni potrebbero adottare le Nazioni?

Alcuni Stati, Usa e Cina ad esempio, starebbero trovando  accordi bilaterali, seppur ancora non vincolanti.

Inoltre, è sempre aperto il problema degli approvvigionamenti energetici, dove sembrerebbero tutti concordi nel ridurre i finanziamenti alle energie fossili e al carbone parlando genericamente e senza termine, di una riduzione dei combustibili fossili.

Purtroppo nelle conclusioni di Glasgow l’India ha fatto togliere la frase sull’obbligo di eliminazioni graduale del carbone, sostituendola con riduzione graduale. no face out ma face down. Quindi non c’è un indirizzo con cui gli Stati si possono impegnare ad eliminare gradualmente il carbone fra le energie fossili ma solo a ridurle.

Infine c’è la questione della finanza green, che dovrebbe essere finalizzata a sviluppare attività maggiormente ecosostenibili e a sostenere i Paesi in via di sviluppo nella transizione ecologica.

Ma qui è una questione di budget e di sostegno finanziario e anche su questo punto l’ultima COP 26 non ha mantenuto le aspettative rimandando l’appuntamento con una definizione condivisa di finanza climatica.

*ordinario di Diritto ambientale all’Università Campus bio-medico di Roma e founding partner di B – Società tra Avvocati

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