Fast fashion: nuove tendenze ma si rischia la bomba ecologica.Fino al 2020 il settore tessile ha raggiunto il livello di terza fonte di degrado delle risorse idriche

Il nuovo mercato della moda è ormai sbarcato sulle piattaforme di vendita on-line già da qualche anno, incrementando i guadagni per le aziende soprattutto dell’estremo oriente. L’industria tessile è uno dei settori meno sostenibili al mondo, e se lo incentiviamo anche con la smania dell’acquisto fashion a basso costo, allora s’innesca una bomba ecologica mai vista prima.

La crescita della “moda veloce” porta le nuove tendenze a un numero maggiore di consumatori a un ritmo più rapido rispetto al passato. L’acquisto su piattaforme dedicate permette agli amanti della moda mordi e fuggi di acquistare, a poco, capi quasi identici ai marchi più famosi. La spesa è poca, ma l’inquinamento, il mancato riciclo e la manodopera “da fame” sono carissimi.

La “fast fashion” si basa sulla produzione di massa a prezzi bassi e volumi di vendita elevati, così la maggior parte delle microplastiche derivanti dai tessili viene rilasciata durante la fase di primo lavaggio industriale. Molti ipotizzano che l’utilizzo di tessuti naturali come il cotone sia la panacea dell’industria manifatturiera. Questa pianta però richiede una quantità enorme di sostanze tossiche per la crescita e la produzione intensiva. Senza tener conto che i filati naturali sottraggono territorio per le coltivazioni di sussistenza delle popolazioni locali.

I dati e le statistiche hanno poco appeal, soprattutto sul lettore, ma per far capire il rischio che stiamo correndo con questo tipo di economia, allora dobbiamo sciorinare un po’ di numeri. La produzione tessile ha bisogno di utilizzare molto acqua. Si stima (fonte Parlamento europeo) che l’industria tessile e dell’abbigliamento abbia utilizzato globalmente 79 miliardi di metri cubi di acqua nel 2015. Fino al 2020, quando il settore tessile ha raggiunto il primato di terza fonte di degrado delle risorse idriche.  E l’atmosfera?

L’industria della moda è responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio, più del totale di tutti i voli internazionali e del trasporto marittimo messi insieme.

Come uscirne?

Un primo passo è indubbiamente lavorare sulle materie di realizzazione dei capi: più durature e resistenti. E le nuove tecnologie potranno aiutare il mercato con materiali sintetici sempre più performanti in tal senso. Inoltre nel Parlamento europeo si è discusso anche di una “patente” o passaporto digitale che indichi le caratteristiche di fabbricazione, smaltimento e sostenibilità.

La moda fa parlare, la si ammira nelle vetrine, sognando magari capi irraggiungibili. Allora bisogna insegnare ai giovani a sviluppare un proprio gusto e ricercare sempre la qualità che fa “bene” al portafogli, e non danneggi ulteriormente il pianeta. Il prezzo? Il loro futuro.

 

Elio Nello Meucci – Giornalista

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