Fabrizio Tomada: Craxi e Spadolini: erano diversi ma si stimavano

Non avevano in comune solo la passione per Garibaldi

Intervista a un personaggio che per anni fu l’ombra del leader repubblicano, storico, direttore del Corriere della Sera, presidente del Senato e presidente del Consiglio: ci racconta i rapporti tra Craxi e Spadolini, le dimissioni dell’allora ministro della Difesa, nel governo Craxi, in occasione dell’episodio di Sigonella nel 1985. Dimissioni poi ritirate dopo un chiarimento. Ma la decisione di Craxi su Abu Abbas servì a dare all’Italia una certa “immunità” rispetto ad attacchi terroristici.

 

 

Fabrizio Tomada, Lei è stato per anni l’ombra di Spadolini. Ci può ricordare esattamente gli incarichi e in quali anni? 

Sì sono stato vicino a Spadolini per oltre 12 anni. In diversi incarichi. Ricordo dopo la collaborazione a Piazza dei Caprettari sede del Pri dove ero approdato al termine di una frequentazione di oltre un anno alla CEE (oggi UE) vincitore di borsa di studio.

Spadolini mi chiese se lo seguivo nel suo incarico al Governo. E dall’1983 al 1987 fui suo Segretario Particolare in quella straordinaria avventura che è stata l’esperienza alla Difesa.

Spadolini fu ministro della Difesa nel governo Craxi dal 4 agosto 1983 al 16 aprile 1987 e fui chiamato dal Professore/Direttore/Senatore.

Una funzione davvero delicata e “particolare” di estrema fiducia! Successivamente, terminato l’incarico di Governo trascorsi alcuni mesi che definirei sabbatici; rimasi senza alcun lavoro, senza alcuna occupazione in quel periodo, e solo con l’elezione di Spadolini alla Presidenza del Senato nel luglio 1987 venni chiamato dal Presidente a ricoprire l’incarico di suo consigliere a Palazzo Madama.

Continuai la mia collaborazione con Spadolini anche in tutto il suo secondo mandato alla guida del Senato dopo la rielezione che avvenne nella XI legislatura nell’aprile 1992.

Nell’ aprile 1994 mancò la riconferma per un solo voto. Il 4 agosto di quell’anno moriva a Roma

Non lo abbandonai e gli stetti vicino… fino alla fine !

 

Tre protagonisti della notte di Sigonella ottobre 1985

 

Dal suo osservatorio privilegiato, Lei è nelle migliori condizioni di dirci qualcosa sui rapporti tra Spadolini e Craxi. Sinceramente, al di là delle formule diplomatiche, che idea Spadolini aveva di Craxi

Lo considerava …naturalmente dopo di lui … un uomo con una innata vena politica. Lo stimava seppure nelle posizioni politiche differenti. Al di là della provenienza di partito, per Spadolini Craxi era davvero un appassionato del lavoro che svolgeva. Sì socialista ma non di quel socialismo scientifico riferito a Marx ma di quel socialismo umanitario nella sincera volontà di emancipazione della classi sociali più deboli e più povere, con uno sguardo rivolto in particolare alle giovani generazioni. E questo piaceva allo storico, al politico al professore Spadolini

 

 

Aveva anche cose in comune: la passione per i cimeli garibaldini, per esempio. Ci racconta qualche aneddoto in proposito? 

Per questa debolezza che definirei storica la passione per tutto ciò che riguardava Garibaldi cimeli, libri, pitture di quegli anni, Spadolini cercava oggetti piccoli. Craxi invece prediligeva oggetti di grandi dimensioni. Ma la ricerca di cimeli rivelava una raccolta artigianale improvvisata, poco sistemica. Oggetti di dimensioni grandi tanto da fare impazzire Soligo, un rigattiere che si trovava a Roma a via del Babuino, che era incaricato, non solo dal segretario del Psi ma dall’allora presidente del Consiglio, di reclutare e “sequestrare” ogni oggetto che si riferisse all’epoca garibaldina. Naturalmente grande o piccolo che fosse .

 

Placca circolare in legno ebanizzato recante un profilo di Garibaldi a rilievo su fondo puntinato e le iscrizioni “Giuseppe Garibaldi” e “Guerra d’Italia 1859”

 

Anche Spadolini frequentava quel negozio e spesso Soligo alla domanda del Senatore, “quanto”…rispondeva “ma quello ha già il suo acquirente”  Spadolini intuiva da subito chi fosse l’acquirente e uscito dal negozio si riprometteva di chiamare Craxi. Non per un negoziato politico o intesa su questo o su quel tema all’odg in Parlamento. “Bettino scusa ma quell’oggetto?…– chiedeva Spadolini a Craxi  e Bettino capiva e rispondeva con rispetto allo storico : “Giovanni ma io raccolgo solo oggetti grandiquello che hai trovato là da Soligo ,ma prendilo pure. È tuo ! ” E così la sofisticata e precisa, puntuale accurata ricerca dell’oggetto garibaldino “piccolo” preferito da Spadolini veniva soddisfatta senza intralci “istituzionali” .

 

Pipa in legno intagliato con fornello raffigurante la testa di Giuseppe Garibaldi, ultimo quarto del XIX secolo

 

Più in particolare, ci può indicare, a parte la condivisa passione per Garibaldi, un tratto che avevano in comune e invece una cosa che proprio li divideva? 

Beh, bisogna ritornare negli anni e ripensare a quel lungo decennio degli anni Ottanta, dominato politicamente dalla personalità di Craxi .

Il Craxi decisionista il cui tratto per così dire applicato alla governabilità contraddistinse quel politico. Il suo modo di interpretare la politica del tempo.

Il Craxi a Palazzo Chigi: più politico, e non sempre istituzionale, meno interessato alla macchina burocratica, alle istituzioni della Repubblica.

Il Craxi che governava la politica ma non le istituzioni.

Ecco queste -e ne ho citate alcune -le caratteristiche dell’allora leader Craxi che divideva i due uomini politici. Quel modo di concepire la politica, di renderla densa di decisionismo prevalente, dimenticando che la politica è al servizio delle istituzioni, questo non univa  Craxi a Spadolini , severo custode e rispettoso delle istituzioni.

Mi lasci dire e ripetere: fu la passione garibaldina il tratto prevalente che li univa. Ed in cosa consisteva? Nel culto dell’eroe dei due mondi: Giuseppe Garibaldi che da repubblicano e nel contempo socialista: professò sulla tomba di Mazzini dicendo che la repubblica è obiettivo da perseguire nel tempo solo quando il popolo sarà maturo per apprezzarla, conquistarla e difenderla ed in quelle parole sai ritrovarono entrambi.

Ma li accomunava -questo sì- anche una capacità di ascoltare, oggi dote rara visto che prevale l’ascolto di se medesimi . L’ascolto dell’interlocutore il rispetto dell’opinione altrui, ecco un altro tratto in comune.

C’era qualcosa di Craxi che dava più fastidio a Spadolini? 

Il decisionismo di Craxi, che per Spadolini talvolta oltrepassava l’interesse per il Paese. Volto più a rafforzare la sua posizione all’interno del partito per precostituirsi un consenso attorno alle sue decisioni. Come ho detto, per Spadolini la politica era e doveva sempre essere al servizio del Paese.

 

Fabrizio Tomada con il presidente Spadolini

 

Spadolini è stato ministro della Difesa nel governo Craxi (1983-1987).  Nei due anni precedenti – 1981-1982 – era stato presidente del Consiglio, il primo presidente non democristiano, come Craxi fu il primo presidente socialista.   In politica estera le loro idee non erano perfettamente collimanti: Spadolini era apertamente filo israeliano, Craxi guardava con attenzione anche ai palestinesi. Poi arrivò l’episodio di Sigonella ad accentuare le divergenze. Cosa ricordi a proposito di questi temi?

Ricordiamo innanzitutto che quel ministro della Difesa completò l’operazione di pace in Libano e avviò il processo di ristrutturazione delle Forze Armate.

Riguardo a Sigonella che prende il nome dalla base aerea in Sicilia,  e ci riporta alla vicenda accaduta nell’ottobre  1985, che sfociò in un grave conflitto diplomatico fra Italia e Stati Uniti, si possono scrivere ancora molte cose ma i fatti sono quelli noti. Niente che emerga da qualche dossier… almeno sino ad ora!

Nella base militare siciliana, dove era stato fatto atterrare l’aereo con a bordo i quattro terroristi palestinesi responsabili del dirottamento della nave da crociera Achille Lauro e dell’assassinio di Leon Klinghoffer, un passeggero ebreo-americano, si rischiò lo scontro armato fra la  VAM (Vigilanza aeronautica militare), militari italiani e soldati delle forze speciali Navy Seal statunitensi ,che cercarono di prendere possesso del velivolo.

Craxi rivendicò il diritto di processare i colpevoli in Italia, ma al tempo stesso lasciò che due palestinesi, uno di questi, Abu Abbas, l’ideatore dell’attacco terroristico alla nave italiana, come sostenuto dagli americani che volevano con la forza portarlo negli Usa, venissero lasciati espatriare oltrecortina.

Il ministro della Difesa, lamentando il venir meno di quella gestione collegiale da parte del governo ritenuta indispensabile da Spadolini soprattutto in questo caso e attribuendo  a Craxi e ad Andreotti la responsabilità della mancata informazione al ministro della Difesa, e cogliendo così l’occasione per ribadire la linea filoisraeliana e filoamericana e del PRI, aprì la crisi ritirando tutti i rappresentanti del Pri nel governo La crisi si concluse con un chiarimento fra le forze politiche della maggioranza e con la conferma della fiducia a Craxi.

Ma oggi mi sento di dire che quel braccio di ferro dell’allora presidente del Consiglio con gli Stati Uniti, quella liberazione dei terroristi fatti espatriare oltreconfine verso l’Est, se per un verso causò un seppure temporaneo raffreddamento nei rapporti fra l’Italia e gli Usa,  dall’altro va fatto notare che dal quell’ottobre 1985 l’Italia rimase indenne da qualsiasi azione terroristica sul proprio suolo a differenza di ciò che successe in Inghilterra e mi vengono  in mente gli attentati a Londra del 7 luglio 2005 o contro obiettivi francesi o come il volo Air France, nel 1995 dirottato da terroristi del gruppo islamico armato. Si potrà ritornare negli anni Si potrà cercare di capire perché Craxi finì in esilio ad Hammamet ma quello che è certo è che dopo Sigonella con il rilascio dei terroristi oltre confine l’Italia non subì alcun attacco terroristico nelle piazze, contro obiettivi particolari contro la popolazione.… E sul punto potremmo dire che storia è tutta da ri-scrivere .

 

Spadolini a Pian de’ Giullari

 

Sul lavoro Spadolini era molto esigente e forse impaziente. Ci puoi tratteggiare una sua giornata tipica lavorativa? Come faceva a conciliare l’attività di uomo di governo, di storico, di articolista su giornali e riviste? 

Non si fermava mai.  Pensava ed agiva. Chi più interprete di lui del motto mazziniano Pensiero ed Azione tanto da adeguare la sua vita a questo tratto. Non lasciava vuoto un minuto della sua giornata. Neanche quando si sedeva a tavola, e al di là delle narrazioni che si sono fatte sulle sue debolezze alimentari, mangiava una bistecca ed una insalata….ma quando doveva presenziare a pranzi ufficiali e purtroppo non poteva esimersi. So io quanto si lamentava per i tempi da trascorrere in una conviviale. Lo dico per portare a giusta verità questo aspetto del Presidente.

Tornando all’esigenze nel lavoro non si risparmiava mai, ogni occasione era buona per lavorare e io con lui. Scrivere, leggere un giornale, rivedere un intervento da presentare in Parlamento. In aereo, in treno, in auto. E ogni compito doveva esser concluso e portato a termine nei tempi stabiliti . Il come faceva (?) mi riporta alla mente un episodio.

Lord Carrington, allora segretario generale della Nato, arrivato il momento di dare la parola al ministro della Difesa italiano lo interrogava su un argomento delicato di indirizzo militare, di piani di difesa, ,del  ruolo dell’Italia nell’Alleanza. Il ministro Spadolini, che sembrava immerso in uno sfarfallio di fogli di carta, che fino a qualche minuto prima scriveva e sembrava assorto in altro, interveniva sul punto senza sbagliare tema o argomento. Rispondendo puntuale alla richiesta del Segretario Generale della Nato

E qui Lord Carrington, un inglese dal tratto più da professore di Oxford che da capo dell’Alleanza Atlantica, si stupiva e con lo stesso tratto da professore chiedeva a Spadolini come facesse, come potesse essere sempre sul punto senza distrarsi mai nonostante in altre faccende affaccendato. E così che Lord Carrington restava ammirato dalla capacità di concentrazione del ministro della Difesa portandolo ad esempio anche agli altri ministri presenti. Si complimentava ed ammirava quella dote.

O come quando un giornalista gli faceva una domanda cui rispondere alla radio alla tv. Il Presidente chiedeva : quanto tempo ho ? due minuti , rispondeva il cronista. Bene, i due minuti erano sempre rispettati. In quella occasione erano due minuti. Ed in un’altra tre o nella successiva anche uno… Ma i tempi dell’informazione erano sempre mantenuti!  Spadolini non dimenticava mai di essere un giornalista, e ai giornalisti parlamentari che gli domandavano, a ogni nuovo incarico istituzionale che assumeva, ora come dobbiamo chiamarLa: Sempre Direttore, rispondeva.

Per concludere con un altro argomento: quanto dormiva? Le ore sufficienti. Io consideravo il momento del riposo, della pausa necessario per mantenere i ritmi, i suoi ritmi. Ma lui ripeteva avremo tempo per dormire .  Comunque sempre poco  per me che dovevo stare al passo con la sua energia! Ma quelle fatiche, quello stare sempre all’erta mi ha fatto comprendere che per Spadolini non contavano le ore: le faceva contare! Non contavano gli anni che trascorrevano ma da storico qual era sapeva come farli contare.

Mario Nanni – Direttore editoriale

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