Qual è il suo punto di vista sulla vicenda Commerzbank-Unicredit? Il comportamento della banca italiana è stato criticato, soprattutto all’inizio, dal governo tedesco perché considerato “ostile”.
Il comportamento di Unicredit è “ostile” per definizione, nell’accezione di takeover non amichevole: se ti insinui e compri partecipazioni in un’altra società senza dirlo e senza nemmeno interloquire con alcuno degli stakeholders, tutto è compiuto segretamente. E quando si prepara un takeover in questo modo, si chiama come minimo non amichevole. Non esistono dubbi al riguardo.
Questa è anche la percezione della stampa e dell’opinione pubblica tedesca?
In Germania l’atteggiamento di Unicredit e del ceo Andrea Orcel è considerato come ho detto prima: la parola tedesca per definirlo è “Anschleichen” (in italiano si potrebbe tradurre con “avvicinarsi di soppiatto”, ndr). Tuttavia, non è un comportamento vietato. Non c’è bisogno del consenso del management né dei dipendenti quando si acquista una società. Si può fare come nel caso di cui parliamo per tenere i costi bassi, oppure in modo diverso con maggiore consenso e minori restrizioni.
Unicredit sostiene di aver avvertito Berlino delle sue intenzioni. Crede che il cancelliere Olaf Scholz e il governo avrebbero dovuto gestire la situazione in modo diverso – e forse più prudente – prima dell’acquisto di ulteriori quote?
Questo non è vero perché non c’è stato nessun avviso, solo considerazioni generali del tipo “siamo sempre interessati”. Infatti il vertice di Commerzbank e tutto il settore nonché i politici sono stati completamente presi di sorpresa dal gesto di Unicredit. Se Orcel avesse parlato con franchezza a Scholz o almeno al ministro delle Finanze Christian Lindner, la sua banca avrebbe dovuto pagare un extra bonus per l’intero pacchetto di azioni. Ed è esattamente ciò che Orcel voleva evitare, risparmiando i soldi e comprando lo stock governativo al minor prezzo possibile: attraverso un’asta ordinaria per un block trade senza precedenti, di sorpresa… Da un lato è stato un colpo perfetto, dall’altro ora appare come un raider con la conseguenza di avere il ruolo del “cattivo” della storia.
Qual è secondo lei il più grande e temibile pericolo: una perdita di competitività di Commerzbank sul mercato, la prospettiva di disoccupazione che cresce, una riduzione della forza politico-economica della Germania?
C’è il timore che due persone su tre che lavorano per Commerzbank dovranno andarsene, se Unicredit si comporterà come ha fatto con HypoVereinsbank (HVB) dal 2005 in poi. A partire dal 2023 HVB è solo un investimento minore di Unicredit che porta il nome di “Unicredit Hypovereinsbank” ed è completamente dipendente da Milano. La filiale di Monaco di Baviera ha perso quasi tutta la sua precedente indipendenza, compresi stock e azionisti, forza e potere di business.
Quanta influenza può avere questa vicenda sul quadro complessivo delle banche tedesche?
Bisogna tenere a mente che il settore finanziario tedesco complessivo nel private banking è già molto debole se paragonato a Usa, Francia, Regno Unito o altri Paesi europei. Commerzbank ha già abbandonato il suo settore di investment banking e tentato di vendere quasi tutte le sue attività all’estero dopo la grande crisi del 2007-2008, quando il governo tedesco ha dovuto salvarla dalla minaccia di fallimento.
Esiste un pregiudizio specifico contro l’Italia a causa del suo indebitamento elevato o di altri fattori?
Non credo, perché le banche straniere sono generalmente molto benvenute in Germania. Ce ne sono parecchie centinaia qui a Francoforte, ad esempio dagli Usa, Svizzera, Francia e Paesi Bassi. Perché non dall’Italia?
Alcuni analisti hanno osservato che questa vicenda è un test per lo stato di avanzamento dell’Unione Bancaria Europea e per il report sul futuro dell’Ue appena presentato da Mario Draghi. Lei è d’accordo?
L’Unione Bancaria Europea dovrebbe rendere accordi come questo più possibili e persino semplici. Il problema è che nessun Paese Ue può sostenere una vendita totale del proprio settore finanziario attraverso takeover amichevoli o non amichevoli di banche straniere. È inevitabile che in casi simili per le proprie dinamiche politiche un Paese reagisca e si opponga. Questa è la ragione principale delle tante difficoltà che l’Unione Bancaria Europea ha nel passare dalla teoria alla pratica.
E per quanto riguarda il rapporto Draghi?
Il rapporto e i suoi progetti per una nuova architettura finanziaria in Europa sono più ampi e focalizzati su un approccio ben più esteso. Draghi sogna nuovi investimenti per l’intera economia Ue e banche nel perimetro di un’Unione Bancaria e Finanziaria che dovrebbe rendere possibili questi grandi investimenti per la crescita e la maggiore prosperità. Le idee di Draghi suonano molto bene ma in Germania sono osservate con il timore di nuovi debiti per l’intera Ue e di possibili rischi di credito che potrebbero diventare fuori controllo.
È preoccupato anche lei?
La mia opinione è che la politica tedesca in generale tenda ad essere troppo difensiva sugli affari finanziari e non corra abbastanza rischi come potrebbe correttamente fare. In Germania è senso comune perdere delle opportunità a causa di alcuni sopraggiunti principi di stabilità vista quasi come un feticcio. A noi tedeschi piace stare sul sicuro e continuare a comportarsi vecchio stile. Così siamo bloccati nelle vecchie industrie, come il settore automobilistico e chimico, e siamo molto indietro rispetto ai nostri rivali in altri Paesi sulle moderne tecnologie, come digitalizzazione e intelligenza artificiale.
L’ultima parola sull’operazione Commerz-Unicredit sarà della Bce. Berlino accetterà il verdetto?
È assolutamente vero che per la legge europea è molto improbabile che qualcuno possa semplicemente proibire il takeover di Commerzbank da parte di Unicredit. Non ci sono limiti legali per una banca internazionale come Unicredit con un perfetto track record in fusioni e acquisizioni di altri istituti come Bank Austria o persino Hypovereinsbank che voglia rifarlo a Francoforte. Unicredit poi è abbastanza grande e potente da aggiungere Commerzbank al suo portafoglio. Non credo esistano restrizioni da quel punto di vista, ed è molto chiaro che il governo a Berlino non potrebbe fare molto per opporsi. Suppongo che la Bce la penserà allo stesso modo.
Se invece Unicredit alla fine rinunciasse all’acquisizione e si limitasse a incassare la plusvalenza, sarebbe per Berlino una vittoria o una sconfitta?
Se il management di Commerzbank non è stupido cercherà di rendere le cose più difficili possibile e non si arrenderà facilmente, in modo da tenere il prezzo alto. Ma non vedo molte possibilità di alzare i costi per Unicredit. Potrebbero trovare qualche alleato per tenere fuori la banca italiana, nel ruolo del cosiddetto “cavaliere” che faccia una controfferta, ma finora Unicredit non ha neppure fatto un’offerta. Dunque, vedremo.
Al il momento qual è lo scenario più probabile?
Per confezionare una “pillola avvelenata” Commerzbank dovrebbe comprare una quota lei stessa in modo da rendere il takeover completamente non attraente per Unicredit. Per farlo, tuttavia, avrebbe bisogno di molti soldi e potere d’acquisto che evidentemente non ha. Così, alla fine temo piuttosto una sconfitta di Commerzbank. È chiaro che qualsiasi strada per liberarsi di Unicredit sarebbe percepita come una vittoria per la gente di Francoforte. Nel lungo periodo, credo che una banca più grande sarebbe una scelta migliore ma solo pochi esperti adesso la pensano in questo modo.