Canto del Gallo/ Si fa. Si disfa. Linguaggio

Riflessioni filosofico-linguistiche sulle lingue e sulle parole

Ferdinand de Saussure

 

Nel suo Corso di linguistica generale, Ferdinand de Saussure, autore di quello che è il trattato a cui si riferiscono tutti i massimi studiosi, dalla scuola di Praga ad André Martinet, da Eugen Coseriu a Louis Trolle Hjelmslev, da Luis Jorge Prieto a Noam Chomsky, definisce la langue : sociale,  passiva, esterna, formale, sintetica, invariante e la parole : individuale, attiva, interna, sostanziale, analitica, variabile; un sistema binario e contaminante, vivo, com’è viva la società che lo utilizza, stagnante se essa è stagnante, morente se essa è morente.

André Martinet, Eugen Coseriu, Louis Trolle Hjelmslev

 

In sostanza un organismo in fieri, continuo, duttile, malleabile, nell’uso quanto più grammaticale e sintattico possibile, nelle regole che usano, in contemporanea la limitazione e il mezzo stesso che la costituisce.

 

Luis Jorge Prieto, Noam Chomsky

 

Non c’è dubbio che le lingue europee, siano le più dinamiche, perché tali sono state esse, nelle loro strutture e sovrastrutture, che hanno determinato la modernità, fondata sull’originalità e sulla invenzione del futuro; un continuo costruirsi e decostruirsi, in cui cambiano le cose e cambiano i nomi, cambiano i rapporti delle persone, le une con le altre e cambiano i contesti sociali; per non parlare delle migrazioni da una parlata all’altra, tra nazioni e dentro le nazioni, che si scambiano parole e modificano la langue, a volte di molto a volte di poco, ma in un inesorabile cambio e scambio – che i puristi, gli ortodossi, legittimamente dal loro punto di vista, da noi non condivisibile – contestano, in nome della continuità e della storicità.

Ma su tutto vige una inesorabilità, che condanna alla sterilità, quelle società e quelle lingue che non si aprono a “prendere” e a “dare”, in una dialettica irregolare, imprevedibile, che c’è sempre stata, solo che oggi si avverte di più, in un’atmosfera dove tutto è immediatamente mediale, nell’impero della notizia, della comunicazione, in perenne buona salute di audience e della conoscenza sempre più irriconoscibile.

Si vince o si perde.

Si vince, quando si acquista capacità di nomenclare, quando si inventano nuove parole. Si perde quando si diventa folcloristici, appena in grado di ripetere stereotipi; cultura e linguistica sono sorelle, insieme vivono, insieme possono morire.

Noi siamo per la vita, chiaramente, ma non per una vita, biologica, animale o vegetativa. Perché questa sarebbe povera sopravvivenza, per noi che siamo biografie, storie, filosofie. Quindi, memoria, vita, immaginazione.

 

Francesco Gallo MazzeoDocente emerito ABA di Roma. Docente di Linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive in Pantheon Institute Design & Technology di Roma e Milano

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