Cantiere Pd, Evangelisti: Tornare a casa? No, costruirne una nuova

L’ex deputato toscano esamina la crisi del Pd e le vie per superarla. "Nuovo" e "fase costituente" sono parole importanti: ma in realtà che cosa significano per i dirigenti del Pd?

Un paio di giorni fa m’è arrivata una mail del Pd regionale in cui, sotto l’ambizioso titolo “Abbiamo un futuro da costruire. Facciamolo insieme”, mi si informa che è iniziato il percorso “costituente” che porterà a delineare l’identità del partito e a eleggere il nuovo Segretario/a e mi s’invita a partecipare “anche se non sei iscritto”.

Quindi, mi viene chiesto di prendere in mano una “bussola” per orientarmi e giungere, infine, alla definizione “dell’identità e del profilo del NUOVO Pd”.

Nel leggere queste espressioni, in particolare nuovo e costituente, m’è tornato alla mente il Nanni Moretti di “Palombella Rossa” «Le parole sono importanti».

Dunque, cosa vuol dire ‘nuovo’ per i dirigenti di quel Partito? Cosa significa processo ‘costituente’?

Rivolgo la questione soprattutto agli esponenti del Pd di Massa, dove non più di due mesi fa il segretario comunale ha sbattuto la porta, abbandonando l’incarico e stracciando la tessera “perché non condivido le modalità con cui si svolge quotidianamente la vita di questo Partito, un Partito che per sua natura, dimostra ogni giorno, sempre di più, di essere prigioniero di un sistema consolidato di correnti ed in modo particolare, delle vendette incrociate dei capicorrente”.

E, ancora: “il radicamento sociale e territoriale del PD è inesistente, i circoli, molte volte sono solo funzionali all’affermarsi delle volontà di qualche capocorrente, collettori di voti, comitati elettorali che si affievoliscono dopo ogni elezione o qualche Congresso (…) Un partito così è prigioniero di sé stesso, di pochi dirigenti che rappresentano solo se stessi e che fanno, di ogni occasione, l’occasione per dimostrare di essere più forti di altri dirigenti”.

Ecco, non ho avuto l’impressione che su queste (importanti, decisive) parole nel Pd apuano si sia aperta la necessaria riflessione.

La sensazione è che tutto sia continuato come se nulla fosse successo e che il congresso – appena avviato – possa finire per limitarsi a una conta fra i sostenitori di Stefano Bonaccini da una parte e di Elly Schlein dall’altra.

Personalmente, lo dichiaro, sono interessato, molto interessato al confronto e alla discussione sul NUOVO e sulla fase COSTITUENTE.

Dunque, io ci sono.

Perché il Pd, con tutti i suoi limiti (prima di Letta, Zingaretti si era dimesso dicendo “mi vergogno di questo partito”), è e resta il punto più avanzato di elaborazione e pratica politica nello schieramento di Centrosinistra sulle questioni che attengono alla politica internazionale, all’economia, all’ambiente e allo stato sociale. Per non dire delle migliaia di suoi ottimi sindaci e amministratori locali.

Sperando che l’euroscandalo che riguarda le mazzette del Marocco e del Qatar trovate a casa di Antonio Panzeri, ex Pd e ex Articolo 1, non mini definitivamente la credibilità di un progetto politico e del suo principale soggetto democratico e progressista.

A sinistra c’hanno provato in tanti a proporsi come altro rispetto al Partito Democratico (che non può, non deve più restare prigioniero della sindrome Renzi): Sinistra Ecologia Libertà, Possibile, Articolo Uno, Sinistra italiana, Liberi e Uguali, Rossoverdi oltre a una sinistra radicale (Rifondazione, Potere al Popolo, Unione Popolare) che, però, non riesce mai a spiccare il volo, né tanto meno a unirsi. Anche a livello locale, dove soltanto le Liste civiche sembrano poter offrire un’energia alternativa.

Presto anche a Massa, come in altri 762 piccoli e grandi Comuni (Pisa, Siena, Terni, Vicenza, Catania, Latina, Udine, Brindisi, Ancona, Brescia…) si andrà al voto per scegliere un nuovo Sindaco ed eleggere un nuovo Consiglio Comunale.

Una sfida difficile, difficilissima, ma che si può vincere a condizione che da subito s’avvii un confronto ampio e con modalità diverse da quelle fin qui adottate dal Pd che si presenta chiuso nelle sue certezze anziché pronto all’osmosi e all’inclusione.

Un partito vittima di laceranti contraddizioni che, in vista delle elezioni regionali del prossimo 12 febbraio, lo portano in Lombardia a schierarsi con il M5S e nel Lazio ad allearsi con Azione e Italia Viva, anziché puntare alla mission impossible di cooperare con entrambi.

Un amico, al quale ho anticipato queste mie considerazioni, mi ha detto: “Dunque, torni a casa!?

“No – ho replicato – la vecchia casa non c’è più! È crollata con il terremoto del 25 settembre. Adesso si tratta di rimuovere le macerie e costruire una casa nuova…”

Il processo da avviare deve quindi essere rigenerativo, non una mera operazione di facciata. Deve mirare a coagulare le forze di centrosinistra intorno ad un programma condiviso dai cittadini.

Si deve ricreare quel rapporto continuo tra i cittadini e le strutture del nuovo partito (senza escludere un cambio del nome) uscendo dall’arroccamento di potere.

Un partito aperto ai giovani e al dialogo con tutte le fasce generazionali anche attraverso i nuovi mezzi di comunicazione di massa, per dare un volto e una voce ai cittadini.

In quest’ottica, il congresso non dovrà essere uno sterile esercizio di potere della durata di tre mesi finalizzato a trovare un nuovo segretario da impalare poi, al primo passo falso.

Serve davvero una grande costituente democratica.

Quindi, grazie al Pd per il cortese invito, un impegno cui non ci si può sottrarre, ma la casa del centrosinistra deve essere una casa accogliente, una centrale operativa che ascolti e si organizzi al fine di dare risposte ai cittadini, sempre più impoveriti e disorientati.

Serve un progetto di lungo periodo e non un assalto alla “dirigenza” del partito.

Un recettore aperto ad accogliere tutti i democratici, di matrice socialista, comunista, cristiana, ecologista, ma soprattutto i giovani non ideologizzati che vogliono contribuire a disegnare un progetto di sviluppo e di tenuta del paese per il futuro, che è loro.

Un progetto che consenta al paese di “cavalcare” le due rivoluzioni epocali in atto – quella ambientale e quella informatica – per provare a garantire lavoro, diritti e tutela delle grandi conquiste dello stato sociale italiano nel ‘900 (prime tra tutte: istruzione e sanità pubbliche) e sviluppo armonioso e progresso.

Senza emarginare nessuno e senza demonizzare l’imprenditorialità.

Fu questa carica rigeneratrice (con i contrasti pur violenti che la caratterizzarono) che consentì di portare l’Italia fuori dalla devastazione della seconda guerra mondiale.

Solo una potente sinergia come questa ci può aiutare ad affrontare le immense difficoltà di un pianeta sull’orlo dell’abisso, con conflitti devastanti manifesti e sotterranei che affliggono intere popolazioni ai confini dell’Unione europea e non solo. Per non parlare di una pandemia che minaccia di deflagrare nuovamente.

 

Fabio Evangelistigiornalista, scrittore, deputato in cinque legislature

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