Mondo

Sisifo palestinese

Caro direttore, a proposito di “Genocidio” e di lotta umana contro un universo indifferente e assurdo. Sisifo, personaggio della mitologia greca, condannato dagli dei a un’eterna punizione: spingere un masso enorme su una collina e poi vederlo rotolare giù quando ha raggiunto la cima, in un ciclo senza fine. Albert Camus in Sisifo vedeva il simbolo della condizione umana, l’assurdità della vita stessa, altri filosofi ne fanno un simbolo di resistenza, perseveranza e accettazione della vita nonostante le difficoltà.         Ahimè, continuo a sostenere che stiamo percorrendo una strada impervia di un’epoca decadente in cui i falsi, i bugiardi, gli imbroglioni possiedono il predominio e regnano sovrani. E questo esercizio è consentito dal terreno fertile, di un’opinione pubblica narcotizzata dal potere politico-mediatico. Il tutto nel mare magnum di un becero e gretto analfabetismo di ritorno. Se provi a contrastare, documentando la verità, vieni redarguito dalla canea, ululante, di “ominidi” che si ergono troneggiano su commedianti cattedre e ti giudicano severi, alla stregua di quel Bernardo Gui “santo” inquisitore. Sotto i nostri occhi si sta compiendo la strage di 29.000 palestinese indifesi. E il numero, purtroppo, tende a salire di ora in ora. La furia ceca dell’esercito israeliano, sionista, contro un popolo senz’armi, questa volta è stata scatenata dopo il 7 ottobre u.s. da Hamas. E dico questa volta perché sono innumerevoli le altre volte che l’esercito d’Israele ha colto l’occasione per compiere violenze verso i palestinesi. Sono già trascorsi quattro mesi dall’operazione “Diluvio di Al-Aqsa” e dall’inizio della guerra genocida che ne è seguita. É bastato che un ragazzo dal palco dell’Ariston timidamente, pronunciasse un appello per lo “Stop al genocidio” a Gaza, per scatenare l’ira funesta della direzione RAI, degli esponenti politici della maggioranza e della stampa mainstream. Dopo che quelle genti, a Gaza, hanno subito,

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Politica

Riletture/ La politica togliattiana dei due tempi, rileggendo Ginsborg Un contributo critico di un “sindacalista dissidente”

Caro direttore, che ripercussioni ha avuto la linea politica togliattiana dei due tempi, sugli esiti catastrofici, ancora attuali, a livello economico, politico, culturale ed istituzionale della società italiana? Prendo spunto dal libro dello storico Paul Ginsborg La storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi pubblicato da Einaudi nel 1989. Vorrei farlo per approfondire solo la prima parte del libro, quella ci interessa.       E procedo “avvalendomi” dell’attenta, e rigorosa, analisi che venne fatta, a suo tempo, dal Professore Antonio Moscato. Intanto, qualcuno si domanderà perché solo adesso, in un’epoca storica come l’attuale, dove si è degenerati nel “dominio sovrano” di una destra estrema, a livello italiano ed europeo? Perché, credo che l’inizio di tutti i mali di questa nostra nazione, possono essere addebitati, (ma non solo questo, ovvio) a scelte politiche del Pci di quel periodo storico. Con la formazione del partito nuovo. E poi perché ancora oggi molti militanti della sinistra, nonché del Pci, tanti giovani 30’anni fa non sapevano che il Pci negli anni ’44-’47 era stato al governo, “con esiti fallimentari”. Quanto riporterò è lontano da me dal fare inutile retorica, ma può piuttosto servire a mettere i tasselli, nelle giuste caselle, per una ricostruzione della storia del movimento operaio, italiano ed internazionale. Antonio Moscato, professore oggi in pensione, per lunghi anni docente nell’Università del Salento di Storia del Movimento Operaio,  dice, “Ginsborg non è un estremista… tra gli scritti citati (da Ginsborg) non ce n’è uno di parte trotskista”. L’uscita del libro ( nello stesso anno, il 1989, della Caduta del Muro di Berlino, NdR) fu comunque accolta con molto fastidio, da parte del gruppo dirigente del Pci, nonché dallo stesso giornale “Il Manifesto”. Il libro ripercorre, in modo lucido, il ruolo del Pci e di Togliatti negli anni durante la Resistenza e la ricostruzione.

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Cultura

L’antifascismo va in dissolvenza? Riceviamo e pubblichiamo una “lettera al Direttore”. Un “sindacalista dissidente” ci scrive sull’episodio accaduto alla Scala

“Per quale motivo, ancora oggi dopo 78 anni dalla caduta del fascismo, si ha timore di un grido che inneggia all’antifascismo?”, si domanda il sindacalista che dà una lettura degli eventi con la lente di Gramsci. Con qualche rischio di una schematizzazione forse troppo rigida.

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