Il 28 maggio 2023 Recep Tayyip Erdoğan è stato eletto per la terza volta Presidente della Turchia. Non è stata una rielezione semplice. Il suo avversario, Kemal Kiliçdaroğlu, economista e leader del Cumhuriyet Halk Partisi, (CHP), si era creato un vasto elettorato, promettendo alla nutrita minoranza curda quei diritti che attende da sempre, ai giovani una ‘primavera’ di democrazia, la fine della povertà per i ceti più bisognosi tramite bonus sociali, la ripresa dell’economia, aperture ai LGTB. I leader occidentali, malgrado la malcelata speranza di cambiamento volto a richiamare il Paese anatolico alle politiche USA-NATO, si sono uniti nel coro di congratulazioni che ha inondato il web, dopo il successo di Erdoğan. Tra tutti si sono contraddistinti USA e UK che non hanno mancato di ricordare al Presidente turco di essere membro dell’Alleanza Atlantica, cosa che il Leader della penisola anatolica ha dimostrato di sapere gestire bene a proprio vantaggio, dal momento che è il solo, in questo momento, a ricattarla in relazione all’entrata della Svezia nella NATO. Putin, dal suo canto, ha toccato un nervo sensibilissimo dell’elettorato, congratulandosi per la capacità del popolo turco di non cedere alle interferenze esterne. Recep Tayyip Erdoğan ha vinto richiamando i turchi al nazionalismo, alla sacralità della famiglia, alla capacità di mediazione che permette alla Turchia di gestirsi in modo indipendente, in questo momento cruciale, con la guerra d’Ucraina alle porte di casa. Il cimitero di guerra di Çanakkale (Gallipoli) resta un monito, con i suoi 500.000 uomini, per lo più ragazzi, turchi e britannici (soprattutto australiani) che vi hanno perso la vita e che, per la prima volta nella Storia, sono stati sepolti insieme, in un unico luogo, oltre la lapide fatta incidere da Atatürk, in un abbraccio che voleva unire la Turchia, nazione nuova, nascente dalle ceneri dell’Impero ottomano, all’Occidente. La