“Le api sono essenziali per la biodiversità, la sopravvivenza degli ecosistemi, la sicurezza alimentare e la lotta alla fame globale. Un terzo del cibo prodotto nel mondo dipende dall’impollinazione”.
In occasione della giornata mondale delle api BeeMagazine ha intervistato Maurizio Martina che da due anni e mezzo è vicedirettore generale della Fao (Food and Agriculture Organization), l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di sviluppo agricolo e lotta contro la fame.
Temi che l’ex vicesegretario lombardo del Pd (partito di cui è stato anche segretario reggente dopo le dimissioni di Matteo Renzi) conosce bene essendo stato ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con i governi di Renzi e poi di Paolo Gentiloni.
Questi però sono anche i giorni della terribile alluvione in Emilia-Romagna, e Martina ne analizza cause e conseguenze per il settore agricolo: “L’’Italia, tradizionalmente ricca di acqua, è al primo posto in Europa per estensione di territorio con un tasso di stress idrico superiore all’80% e al secondo posto per numero di giorni caratterizzati da anomalie climatiche, pari al 36% dell’anno. Il settore che ha subìto gli effetti maggiori del cambiamento climatico nel 2022 è l’agricoltura. I danni provocati dalla siccità e dai fenomeni meteorologici estremi come quelli che drammaticamente stanno interessando l’Emilia– Romagna ammontano a 6 miliardi di euro nel 2022, ovvero circa il 10% dell’attuale valore della produzione dell’intera filiera. Serve una forte volontà politica, sostenuta dal coordinamento intersettoriale e da politiche pubbliche coerenti per una gestione sostenibile delle risorse idriche a tutti i livelli”.
E il vicedirettore generale della Fao avvisa: “Contro il riscaldamento globale serve una strategia che permetta più autonomia nello spazio europeo senza rinunciare ai mercati aperti con regole forti ed eque”.
Sabato 20 maggio è la giornata mondiale delle api, insetti che sono tra i i principali indicatori di salute del nostro pianeta. Una ricorrenza istituita nel 2017 dall’Onu e organizzata ogni anno dalla Fao per salvaguardare la biodiversità, rafforzare l’agricoltura e i sistemi alimentari. Qual è il bilancio a metà del 2023?
Le api sono essenziali per la biodiversità, per la sopravvivenza degli ecosistemi, per la sicurezza alimentare e per la lotta alla fame nel mondo. Quasi il 90% delle specie di piante da fiore selvatiche del mondo dipende interamente, o almeno in parte, dall’impollinazione animale, insieme a più del 75% delle colture alimentari e al 35% dei terreni agricoli.
Un terzo del cibo prodotto nel mondo dipende dall’impollinazione. Inoltre, gli impollinatori forniscono un sostentamento, direttamente o indirettamente, a molte coltivazioni in tutto il mondo.
Purtroppo le api, che sono tra i più importanti impollinatori, sono sempre più minacciate dalle attività umane, inclusi pesticidi, inquinamento e cambiamenti climatici. Per questo è necessario continuare a promuovere pratiche e misure per tutelare gli impollinatori.
Da oltre un anno è in corso la guerra in Ucraina che ha provocato riduzioni nelle scorte di grano e sconvolgimenti negli approvvigionamenti alimentari di molti Paesi. C’è il rischio di una carestia globale? Cosa possiamo fare per scongiurarla?
Ovviamente la prima e più importante condizione è che la guerra finisca. In questa fase di conflitto, la FAO lavora per rilanciare la cooperazione multilaterale e gli aiuti nelle aree più colpite. Dobbiamo mantenere aperti i mercati e i flussi commerciali per aiutare prima di tutto i Paesi più fragili. Per loro in particolare, è necessario diversificare le fonti di approvvigionamento, rafforzando al contempo la sovranità alimentare delle comunità locali.
Il mondo sta conoscendo i drammi del cambiamento climatico. Eventi meteorologici sempre più estremi e intensi. L’altra faccia della medaglia rispetto a tempeste e alluvioni, la siccità, rimane un grande pericolo per il pianeta. È stato l’inverno più caldo degli ultimi decenni e la temperatura della Terra continua ad aumentare. Abbiamo iniziato il conto alla rovescia o è un processo ancora reversibile?
La disponibilità pro capite di acqua dolce è diminuita del 20% negli ultimi vent’anni. Nel 2019, più di 733 milioni di persone vivevano in paesi con livelli elevati o critici di stress idrico. L’indicatore SDG6.4.2 sullo stress idrico globale è passato dal 17% al 18% rispetto all’anno precedente. Sono numeri da monitorare con attenzione perché rivelano un trend negativo e uno scenario globale in continuo peggioramento. La Fao guarda con attenzione questi dati per cercare di migliorare la gestione dell’acqua poiché il 72% di tutti i prelievi idrici viene utilizzato dall’agricoltura e si prevede che la domanda globale di acqua aumenterà del 35% entro il 2050. In particolare i cambiamenti climatici e la crescita demografica, da un lato rendono più scarse le risorse di acqua e dall’altro aumentano il consumo idrico. Per questo, limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, rispetto a 2°C, può avere importanti implicazioni sulle risorse idriche in quanto potrebbe ridurre la percentuale della popolazione mondiale esposta a un aumento dello stress idrico indotto proprio dai cambiamenti climatici.
E in Italia? In questi giorni siamo di fronte alla drammatica alluvione in Emilia- Romagna, che ha causato vittime e 13mila sfollati. E’ caduta pioggia corrispondente alla media normale di sei mesi, facendo ancora più danni per colpa del terreno essiccato e arido. L’agricoltura soffre: i fiumi come il Po sono in secca, mentre appena piove i torrenti esondano. I prezzi dei prodotti ortofrutticoli salgono alle stelle. Le reti idriche sono un colabrodo. Che soluzione vede?
L’Italia, paese tradizionalmente ricco di acqua, sia a terra sia nei volumi di pioggia, è al primo posto in Europa per estensione di territorio con un tasso di stress idrico superiore all’80% e al secondo posto per numero di giorni caratterizzati da anomalie climatiche, pari al 36% dell’anno. Il settore che ha subìto gli effetti maggiori del cambiamento climatico nel 2022 è l’agricoltura. I danni provocati dalla siccità e dai fenomeni meteorologici estremi come quelli che drammaticamente stanno interessando l’Emilia– Romagna in questi giorni ammontano a 6 miliardi di euro nel 2022, ovvero circa il 10% dell’attuale valore della produzione dell’intera filiera. È necessaria una forte volontà politica, sostenuta dal coordinamento intersettoriale e da politiche pubbliche coerenti per una gestione sostenibile delle risorse idriche a tutti i livelli.
Evitare sprechi è possibile?
Servono maggiori investimenti in soluzioni che includono il riutilizzo delle acque reflue trattate, e sicuramente gli approcci all’economia circolare possono aiutare ad affrontare le sfide legate all’acqua in questo senso.
I dissalatori da noi possono funzionare? O ha ragione chi dice che il Mediterraneo, assai meno mosso degli oceani, non è il mare adatto?
Non esiste una soluzione valida per tutti, piuttosto serve una combinazione strategica di approcci, di tecnologie e anche, va detto, di investimenti nelle infrastrutture idriche, che spesso possono essere inadeguate oppure obsolete. Serve una corretta pianificazione combinata con un innovativo supporto tecnico, finanziario e di governance che possa portare all’inversione del degrado dei sistemi idrici. Oltre alla dissalazione, il riutilizzo delle acque, la micro-aspersione, la sub irrigazione e la telemetria satellitare sono tutti esempi di tecnologie e modalità per migliorare la gestione dell’acqua in agricoltura.
L’agricoltore è un mestiere duro, che i cambiamenti climatici hanno reso più complicato e che spesso sopravvive grazie ai contributi dell’Unione Europea. Di cosa ha bisogno questo settore e cosa può fare il governo per aiutarlo?
Il riscaldamento globale supererà presto la nostra capacità di adattamento: dobbiamo agire ora con approcci e soluzioni di gestione integrata delle risorse. L’agricoltura, in particolare, offre ampi margini di miglioramento. In generale, gli sforzi devono mirare a rendere più efficienti gli scambi – e l’utilizzo delle risorse – in funzione delle diverse caratteristiche locali. Questo lavoro va necessariamente fatto nello spazio europeo dove è in corso un’importante discussione su un’autonomia agricola e alimentare. Dobbiamo essere capaci di elaborare una strategia che permetta più autonomia nello spazio europeo ma al tempo stesso non rinunci ai mercati aperti con regole forti ed eque. In particolare pensando alle piccole e medie imprese agricole famigliari, che ovunque costituiscono l’ossatura di riferimento dei sistemi agricoli territoriali.
Concludiamo l’intervista con le api a cui è dedicata la giornata del 20 maggio. Una frase attribuita ad Einstein dice che se scomparissero all’umanità non rimarrebbero che quattro anni di vita. Tra inquinamento e urbanizzazione questi insetti rischiano davvero l’estinzione?
Esistono 20mila specie di impollinatori. Di queste il 16.5% di insetti impollinatori vertebrati sono a rischio di estinzione globale, come lo è il 40% degli impollinatori invertebrati, tra cui appunto le api. Il declino del numero degli impollinatori potrebbe avere effetti disastrosi per il nostro futuro alimentare. La loro assenza metterebbe a rischio i tre quarti delle colture mondiali che dipendono almeno in parte dall’impollinazione: non avremmo più mele, avocado, pere e zucche. E vorrei ricordare che migliorare l’impollinazione non significa solo mitigare il potenziale disastro: preservare le api ci offre il potenziale per aumentare i raccolti e la qualità del cibo prodotto dall’agricoltura.
Federica Fantozzi – Giornalista