Allarme fascismo, Carissimo (Osservatorio democratico nuove destre): “Il rischio c’è”. Allo Stato non mancano gli strumenti per arginare i gruppi neofascisti

“ll fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”: è una parte della lettera di Annalisa Savino, preside del liceo scientifico Leonardo Da Vinci di Firenze, ai suoi studenti a seguito dell’aggressione da parte di un gruppo di estrema destra ai danni di uno studente del liceo Michelangiolo. Non si è fatta attendere la risposta da parte del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara che ha negato l’esistenza di un “pericolo fascista” e ha liquidato la lettera come “impropria”. Eppure l’aggressione avvenuta fuori al Michelangiolo di Firenze non è un caso isolato, basti pensare a quanto avvenuto fuori dalla sede della Cgil nel 2021 o alle violenze di Verona sui tifosi marocchini scesi in piazza per festeggiare il Mondiale.

L’”Osservatorio democratico sulle nuove destre” monitora gruppi di destra radicale e neofascista in Italia, dal 1999 quando fu fondato a Milano su impulso della partigiana Nori Brambilla e del ricercatore Saverio Ferrari con lo scopo iniziale di seguire il filone del processo sulla Strage di Piazza Fontana allora ancora aperto nel capoluogo lombardo. Abbiamo intervistato Giovanni Carissimo, componente dell’Osservatorio, riguardo al rischio di una deriva estremista.

In Italia c’è un problema di aggressioni da parte dell’estrema destra?

Sì e non da ieri – per dirla con una battuta. Ricordiamo solo i fatti più eclatanti, che hanno scalato le cronache nazionali. Nell’ottobre 2021 Forza Nuova ha assaltato la sede nazionale della Cgil a Roma, malamente camuffata dentro una manifestazione no vax; nell’autunno 2022 militanti di Casapound a Verona hanno picchiato tifosi marocchini che festeggiavano le vittorie ai mondiali; a febbraio 2023 Casaggì-Azione studentesca a Firenze aggredisce gli studenti della parte politica opposta fuori da una scuola superiore. Possiamo dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio, perché fin dal 1919 il fascismo storico è stato anche questo: violenza politica per bloccare le spinte al cambiamento nella società.

Ma andando oltre la cronaca, lo stesso Ministero dell’Interno nel 2017, nel corso di una risposta a un’interrogazione parlamentare da parte dell’allora ministro Filippo Bubbico, ha banalmente contato denunce e condanne verso esponenti dei gruppi neofascisti, arrivando a risultati impressionanti. Fra il 2011 e il 2016 ben «240 sono stati i deferimenti all’Autorità giudiziaria e 10 gli arresti nei confronti di militanti o persone contigue a Forza nuova»; nel solo 2017, sempre secondo il Ministero dell’Interno, le denunce sono state 178 e gli arresti 6 («Ansa» 20 dicembre 2017).

Nel febbraio 2015 il Ministero dell’Interno in risposta a un’interrogazione parlamentare ha diffuso alcuni numeri relativi a Casa Pound: un arresto ogni tre mesi di suoi esponenti, dal 2011 al 2015, e una denuncia ogni cinque giorni nello stesso periodo, quasi esclusivamente per fatti violenti. Dalle file di Casa Pound sono usciti in questi anni Gianluca Casseri che a Firenze nel dicembre 2011 assassinò a colpi di pistola Samb Modou e Diop Mor, due ambulanti senegalesi, ferendone gravemente un terzo, e Giovanni Ceniti, ex responsabile di Novara, uno dei killer di Silvio Fanella ucciso a Roma nell’estate 2015 nell’ambito di un fallito sequestro di persona.

C’è poi il capitolo del collegamento tra controllo delle tifoserie di calcio organizzate e gruppi neofascisti, con il corollario di reati comuni come spaccio, racket, risse, che da sola meriterebbe un’intervista intera.

Oggi l’estrema destra come agisce nel contesto italiano?

Occorre fare un distinguo. Da una parte c’è Fratelli d’Italia, che a partire da simbolo (la fiamma tricolore che arde sulla tomba di Mussolini e rappresenta l’immortalità dell’idea fascista) sta attuando una rifondazione missina. Cioè sta rivendicando con forza e orgoglio l’eredità storico-politica del MSI, ossia il partito neofascista della Prima Repubblica. Il MSI fu fondato da ex membri della Repubblica Sociale Italiana, cioè lo stato fantoccio che dal 1943 al 1945 fu animato da niente meno che collaborazionisti con la Germania nazista. Il MSI inizialmente era contrario alla Repubblica democratica nata dalla Resistenza, poi più pragmaticamente decise di appoggiare Nato e Usa nella Guerra Fredda contro il presunto pericolo comunista in Italia, e nel farlo collaborò con le parti deviate dello stato italiano, favorendo la Strategia della tensione.
Al di là dell’eredità, nel presente FdI sta cercando di riscrivere la storia recente del paese in chiave anti-partigiana, anti-antifascista e anti-progressista, rivendicando la legittimità della destra neofascista, a lungo ritenuta impresentabile nel dibattito pubblico. Accanto a ciò FdI sta promuovendo un’agenda politica fortemente di destra: ordine pubblico, repressione e controllo poliziesco del territorio (v. temi come rave, proteste ambientaliste e manifestazioni anarchiche); concezione paternalista della scuola e del rapporto con le generazioni più giovani; opposizione all’inclusione di persone LGBTQ+; negazionismo sui cambiamenti climatici; contrasto alla libera scelta in termini di interruzione volontaria di gravidanza; guerra ideologica a sussidi contro la povertà, che avvantaggiano fasce fragili di popolazione; mancanza di politiche la casa e in generale per assicurare diritti e combattere disuguaglianze. Il tutto approfittando di un clima generale di disaffezione alla politica (intesa come interesse per la vita collettiva), diffidenza verso le istituzioni democratiche e distacco dalle organizzazioni politiche.

Per quanto riguarda i gruppi neofascisti?

Discorso diverso vale per i gruppi della destra radicale e neofascista. A livello elettorale FdI ha fatto la parte del leone, incamerando i voti dei simpatizzanti delle formazioni neofasciste; quelle che hanno provato a presentarsi da sole hanno raccolto ben poco, come accadde a Casapound alle politiche del 2018. Da sempre tentano di mimetizzarsi in associazioni di scopo (sportive, escursionistiche, caritatevoli per soli italiani bianchi, addirittura animaliste) oppure in comitati di cittadini (contro il c.d. degrado o contro la presenza di strutture di accoglienza per migranti) con lo scopo di entrare in contatto con fasce di popolazione che normalmente non incontrerebbero oppure che non si avvicinerebbero a gruppi neofascisti conclamati.

Questa tattica di infiltrazione nel corpo sociale lavora incessantemente martellando sulla guerra tra poveri, tra nativi e migranti, tra penultimi e ultimi con l’obiettivo non tanto di prendere il potere quanto di disgregare il corpo sociale creando un clima di tensione costante. In questi anni il lavoro va nella direzione di creare un’egemonia culturale di estrema destra, e con questo c’è una sintonia con FdI. Accanto al lavoro culturale, e come dimostrano i recenti fatti di cronaca, i neofascisti non rinunciano all’uso sistematico della violenza come strumento di lotta politica.

Come si sono evoluti nel tempo questi movimenti?

Per rispondere in breve prendiamo in considerazione solo gli ultimissimi anni.

A livello elettorale sono stati cannibalizzati da FdI, i tentativi di presentarsi da soli alle elezioni, dal 2018 a oggi sono finiti con numeri molto bassi. Alcuni esponenti/gruppi hanno preferito entrare nelle liste dei partiti maggiori, come la Lega – che a Milano ha ospitato membri di Lealtà Azione nelle liste per i municipi o ha eletto esponenti molto vicini al gruppo di destra radicale.

Nel periodo pandemico i gruppi neofascisti hanno cercato di cavalcare il malcontento di parte della popolazione italiana verso le restrizioni alla libertà personale prima e al green pass poi; come da abitudine, hanno cercato di farlo usando delle sigle create ad hoc (es. Casapound nel 2020 ha provato a nascondersi dietro la sigla Mascherine tricolori).

Cosa è successo poi?

 

 

Forza Nuova, a oggi l’organizzazione più longeva perché fondata nel 1997, è in crisi: nel 2020 è stata colpita da una scissione che ne ha causato un’emorragia di militanti. Il nuovo gruppo si chiama Rete dei Patrioti ed è ancora poco conosciuto. FN formalmente esiste ancora ma è in forte difficoltà perché il suo capo storico, il milionario ed ex esponente dell’organizzazione neofascista eversiva Terza posizione Roberto Fiore, è sotto processo per l’attacco alla Cgil a Roma dell’ottobre 2021.

Anche Casapound ha perso parte della leadership negli ultimi anni, con la fuoriuscita del capo politico Simone Di Stefano circa un anno fa (ha poi fondato un suo movimento, Exit, che a livello di immagine ha abbandonato i riferimenti al neofascismo). Oltre a ciò, nell’autunno 2022 ha smesso di vendere nelle edicole la versione cartacea del mensile “Il Primato Nazionale”, vero e proprio house organ delle tartarughe frecciate: l’aumento del costo della carta e in generale l’inflazione sono state fattori determinanti. In generale CP sembra attraversare un momento di incertezza.

Poi è arrivato il 2022 e la guerra in Ucraina: che impatto ha avuto su questi movimenti?

Un forte elemento di caos e disorientamento nella galassia neofascista è stata la guerra in Ucraina, perché ha creato spaccature dovute alla scelta del lato da cui schierarsi: Casapound è fedele all’alleanza con i camerati ucraini (tra i protagonisti delle proteste di piazza del 2014 e successivamente integrati in alcuni reparti delle forze armate) e quindi parteggia con l’Ucraina; Forza Nuova sta dalla parte di Putin perché visto come baluardo contro l’occidente corrotto che ha abbandonato la tradizione (anzi, Tradizione con la maiuscola) dell’Eurasia bianca, cristiana, patriarcale – secondo le teorie del pensatore di estrema destra russo Aleksandr Dugin.

In base a cosa si può riconoscere un movimento neofascista?

Seppure con sfumature e accenti diversi, si riconoscono tutti nelle radici di Mussolini e del fascismo storico, anche se difficilmente oggi dichiarano apertamente di voler costruire uno stato totalitario come quello che abbiamo sperimentato in Italia tra il 1922 e il 1945. Del fascismo storico recuperano a piene mani anche slogan, simboli, personaggi che vanno a comporre il loro tetro pantheon.

Di conseguenza, odiano letteralmente tutto ciò che riguardi partigiani, Resistenza e Liberazione; si impegnano quindi nel diffondere revisionismo storico su quelle vicende, dipingendo i partigiani come criminali sanguinari e non sottraendosi dal diffondere vere e proprie bufale.

Altro elemento che riguarda la storia è il rovesciare la lettura degli anni 70 e della Strategia della tensione: negano che i neofascisti di allora ebbero il ruolo di manovalanza nelle stragi nelle piazze, stazioni e treni al servizio di servizi segreti e interessi geopolitici atlantici; si dipingono invece come vittime del presunto odio e violenza della parte politica avversa, che negli anni 70 era numericamente superiore e con un radicamento nella società molto maggiore. In questo senso non è un caso che nei riti dell’estrema destra ci sia la commemorazione dei morti di quel periodo (es. Sergio Ramelli a Milano o Acca Larentia a Roma), episodi che ogni anno sono la scusa per organizzare parate muscolari e smaccatamente neofasciste.

Dell’uso sistematico della violenza come strumento di lotta politica si è già detto; strettamente collegato a ciò c’è la concezione della militanza politica come stile di vita guerresco, con regole ferree, gerarchie a cui obbedire, riti di iniziazione e passaggio (es. il truce “bangla tour” dei forzanovisti romani: gli aspiranti militanti dovevano dimostrare il loro fegato pestando persone di origine bengalese o srilankese, considerate miti e non inclini a reagire).

Tentano poi di infiltrarsi nella società sotto coperture ed alimentare la disgregazione dei legami sociali specie nei quartieri/zone più poveri e dove le persone covano un giustificato risentimento per essere state lasciate indietro da una politica percepita come lontana. La disgregazione sociale si provoca attraverso l’odio per presunti diversi, di fatto sdoganando razzismo e pregiudizi.

Con il governo attuale c’è il rischio che questi movimenti si rafforzino?

Questo rischio effettivamente c’è: come molti osservano, il clima politico creato dal governo più a destra della storia repubblicana, che viene da una storia neofascista apertamente rivendicata, può far ritenere ai gruppi neofascisti di avere un’agibilità politica maggiore rispetto al passato e maggiore impunità. Del resto, è oggettivo che dal governo Meloni non sia arrivata alcuna condanna ai recenti fatti del Liceo Michelangiolo di Firenze, per cui sono stati fermati alcuni giovani appartenenti a un gruppo studentesco vicino a Fratelli d’Italia.

Cosa può fare lo Stato per contrastare un rafforzamento dei nuovi fascismi?

Il Ministero dell’Interno potrebbe in via ordinaria e precauzionale già disporre scioglimenti e sequestri di sedi, in virtù del comportamento criminale di tali gruppi. Gli strumenti non mancano: già da decenni esistono la cosiddetta legge Scelba (che teoricamente vieta la fondazione di organizzazioni neofasciste e l’apologia di fascismo) e Mancino (che vieta organizzazioni che promuovono discriminazioni razziali, religiose, ecc.). Queste due leggi permetterebbero di sciogliere i vari gruppi neofascisti che esistono ancora oggi. Ma non solo: come negli anni 70 vennero sciolte Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.

 

Francesco FatoneGiornalista

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