A Milano in piazza per gli ostaggi israeliani. Un solo coro: “Bring them home now”

La dolente testimonianza di un partecipante

Mentre nelle ultime ore a livello internazionale si continua a discutere sulla proposta messa in piedi dalla Casa Bianca per fermare, almeno temporaneamente, il conflitto in Medio Oriente, lunedì 3 giugno, in piazza San Fedele a Milano, è stato organizzato un flash-mob per chiedere la liberazione degli ostaggi sequestrati da Hamas. “Riportateli a casa, ora!”. Questo è il coro che si è alzato dal cuore di Milano e che si leggeva nello striscione, il quale, con orgoglio, fierezza e commozione è stato esibito da oltre un centinaio di persone durante tutta la manifestazione organizzata dall’ UGEI (Unione Giovani Ebrei d’Italia) e dall’HOSTAGES AND MISSING FAMILIES FORUM.

E proprio quello striscione che recita “Bring them home now”, insieme alle bandiere di Israele e le strofe di Too see the light di Efrat Gosh, ha accompagnato tutta la durata del presidio, ad un passo dal Duomo. Una piazza pacifica, civile, come oggi non se ne vedono quasi mai, ma orgogliosa, decisa e in parte anche delusa dal silenzio dei tanti, troppi che ancora adesso, dopo quasi 8 mesi, dimenticano il pogrom compiuto da Hamas.

Quel silenzio, misto ad un’ignobile indifferenza, che tocca spesso anche le istituzioni (come si è tristemente notato ieri a Milano), va di pari passo con quella mancanza di solidarietà nei confronti delle vittime del 7 ottobre da parte una consistente fetta del nostro Paese e più in generale dell’Occidente, e che fa male, malissimo, ad Israele e all’intero popolo ebraico. E quella piazza, dunque, non pienissima a livello numerico, ma ricchissima di orgoglio e dignità, ha voluto mandare anche un messaggio a coloro che, mascherandosi dietro l’antisionismo, mal celano un antisemitismo che purtroppo è ancor oggi radicato.

“È un dovere ricordare i rapiti che dal 7 ottobre sono ostaggi di Hamas sotto i tunnel, e per noi giovani ancora di più perché molti di loro sono nostri coetanei e perché noi giovani guardiamo al futuro. Fatti come il 7 ottobre non devono più succedere in un mondo civilizzato. Come Unione Giovani ebrei d’Italia (UGEI) abbiamo organizzato questo flash-mob nell’ambito di un programma di sensibilizzazione mondiale; in Italia l’abbiamo già fatto a Roma e Napoli, oggi a Milano e intendiamo continuare in altre città” ha affermato Anna Tognotti (Unione Giovani Ebrei d’Italia).

Sulla mancanza di solidarietà e attenzione da parte delle piazze italiane, l’ex presidente dell’UGEI, David Fiorentini, è netto: “Purtroppo, da troppe piazze si tenta di nascondere o peggio ancora giustificare la tragedia degli ostaggi che dopo 240 giorni sono ancora in mano ai terroristi di Hamas in condizioni disumane. Come giovani, la generazione principalmente colpita dalle atrocità perpetrate il 7 ottobre, non possiamo permettere che questa tragedia sia dimenticata. Bisogna tenere alta l’attenzione sul tema degli ostaggi per chiedere con forza il loro rilascio immediato”.

Ostaggi che sono andati a finire, nel dibattito nazionale ed internazionale, spesso in secondo piano, figli di quell’incomprensibile silenzio sui fatti del Sabato Nero. Talvolta addirittura definiti “inesistenti”, e quando poi si mostravano le foto e i video, si arrivava persino ad accusare Israele di avere creato delle immagini con l’intelligenza artificiale. “Ecco perché il silenzio è un lusso che non possiamo concederci. Come possiamo rimanere inermi di fronte alla barbarie che i terroristi di Hamas stanno compiendo sulla pelle degli ostaggi? Per noi giovani è un dovere morale lottare per la loro libertà”, ha affermato il Presidente dell’UGEI, Luca Spizzichino. “Con questo flash-mob vogliamo lanciare un messaggio chiaro e inequivocabile, che deve risuonare in tutti luoghi dove quotidianamente la questione degli ostaggi viene ignorata. Riportateli a casa”.

Ed è proprio il tema del ritorno a casa degli ostaggi che accompagna sino alla sua conclusione la manifestazione. “Bring them home now”, quel messaggio breve, ma chiaro, che non lascia spazio ad altre interpretazioni, risuona infatti dal coro dei partecipanti e dalle parole della canzone di Tamir Grinberg, scritta pochi mesi dopo il 7 ottobre. E quelle quattro parole, contenute all’interno dello striscione sorretto tra gli altri dal Presidente della comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi e dal consigliere comunale Daniele Nahum, diventano insieme alle foto dei 125 ostaggi, il simbolo di questa manifestazione.

L’emozione, i brividi e anche qualche lacrima, hanno poi conquistato la scena finale, quando il presidio si è concluso con l’intera piazza che ha cantato il meraviglioso inno di Israele, l’Hatikvah, scritto sotto forma di poesia a fine Ottocento quando Israele ancora non esisteva ed esprimeva “l’eterna speranza” del popolo ebraico di tornare un giorno nella terra dei propri avi come profetizzato nella Bibbia. Oggi, l’eterna speranza è che gli ostaggi tornino presto a casa, tutti.

 

Francesco Spartà                                                                                                                                                                            

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