A cosa servono gli artisti durante la guerra

Guernica, quella risposta dell’ambasciatore nazista a Picasso

Quando scoppia una guerra, un paese viene invaso, cosa fanno gli artisti?

Quali sono le loro reazioni?

Ma soprattutto, grazie al loro atto creativo, riescono a dare voce al sentimento del popolo che vive la tragedia della guerra?

Come interpretano quel senso di ribellione alla violenza, alla sopraffazione, alla distruzione, che accomuna ogni conflitto a partire da ogni singola battaglia? In sostanza, a cosa servono gli artisti durante una guerra? 

Guernica, di Pablo Picasso, è una citazione a cui è impossibile sottrarsi, capace di rappresentare, fino a diventare icona, il massacro della popolazione dell’omonima città basca, compiuta il 26 aprile del 1937 dalla legione Condor della Luftwaffe. 

 

Guernica, di Pablo Picasso

 

Un messaggio di orrore talmente potente che, tre anni dopo la realizzazione dell’opera, nella Parigi occupata dai nazisti, si narra che l’ambasciatore tedesco Otto Abetz, in visita allo studio di Picasso, alla visione di una fotografia di Guernica, gli chiese se era opera sua. Celebre la risposta del maestro: “No, è opera vostra” facendo riferimento agli orrori generati dal bombardamento. 

Esiste oggi un artista capace di esprimere con la potenza di Picasso il medesimo sdegno? Sicuramente no. 

Le star dell’arte di questo secolo sono troppo succube del mercato per compiere un atto che possa essere disfunzionale alla loro carriera? Probabilmente sì.

Dunque quale resta il messaggio di dissenso verso la guerre, questa come altre, che si combattono in ogni angolo più remoto del mondo? 

Un concerto in piazza a Odessa, con il coro che intona il Nabucco, dando voce al lamento di un popolo, assume un significato simbolico capace di entrare nelle case di milioni di persone di tutto il mondo, grazie alle immagini dei TG, fino a colpire il cuore degli spettatori. 

Ci sono però artisti, operatori della cultura, che compiono grandi atti di eroismo che restano sconosciuti al grande pubblico. Tra questi coloro che compongono il team incaricato dell’organizzazione del Padiglione dell’Ucraina alla Biennale di Venezia che si inaugurerà il prossimo 21 aprile. 

Nessuno si è fermato, nonostante difficoltà inimmaginabili, tutti insieme stanno provando a farcela, a fare in modo che il proprio Paese sia presente. Maria Lanko, una delle curatrici, è partita con la sua auto e ha attraversato mezza Europa, con parte dei lavori già pronti nascosti nell’auto. Pavlo Makov sta lavorando, mentre le bombe continuano a cadere, per realizzare The Fountain of Exhaustion. Acqua Alta. 

Lo spazio Yermilov, centro d’arte contemporanea di Kharkiv, una delle città più bombardate dell’Ucraina, è stato trasformato in un rifugio antiaereo dando ospitalità a decine di persone. Nessuno di loro forse potrà realizzare una nuova Guernica, ma da ognuno di loro giunge la denuncia e il dolore di quel che sta accadendo e, al contempo, un messaggio di speranza per il futuro. Ecco a cosa servono gli artisti durante la guerra.

 

Paolo Asti – Professore, imprenditore culturale

 

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