Ucraina e Israele, voci da Washington: “I missili a lungo raggio? Mettono le basi per un negoziato tra Zelensky e Putin”

Le posizioni raccolte a Capitol Hill. Lo speaker repubblicano Mike Johnson: "Era già passato l'ultimo pacchetto di aiuti e doveva finire lì". Il Pentagono sul mandato d'arresto a Netanyahu: "Non riconosciamo la decisione della Cpi"

Il repubblicano Mitt Romney - Pubblico dominio

“Non bisogna sottovalutare Vladimir Putin. Stiamo parliamo della persona che ha chiesto aiuto a 12 mila soldati nord-coreane nel tentativo di espandere il conflitto in Ucraina”. A parlare ai nostri microfoni è Mark Warner, presidente della Commissione intelligence a Capitol Hill, dove infuria in questi giorni il dibattito dopo la decisione del presidente uscente Joe Biden di permettere alle forze di Kiev di lanciare i missili a lungo raggio Atacms, di fabbricazione americana, sul territorio russo.

Escalation, sì o no

È un tema, quello dell’escalation del conflitto, che lacera gli Stati Uniti, come si vede bene anche qui a Washington. Lo stesso Warner la dice così: “L’amministrazione deve limitare l’utilizzo di questi missili solo per colpire le postazioni militari russe che lanciano razzi contro l’Ucraina e non devono colpire altro”.

È d’accordo lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, anche se non lesina una stoccata all’amministrazione Biden: “Si tratta di una decisione molto seria e la affronteremo presto. Il Congresso aveva già approvato l’ultimo pacchetto di aiuti militari e doveva finire lì. Invece la Casa Bianca ha deciso di fare questa scelta, in parlamento ci sono opinioni contrastanti se si tratti di una scelta giusta oppure no. Da parte mia, il mio compito e quello di trovare consensi per risolvere il problema e fare il passo successivo…”.

Lo speaker repubblicano della Camera Usa, Mike Johnson

Lo speaker repubblicano della Camera Usa, Mike Johnson – Wikimedia Commons

Ucraina, la linea di Romney

Tra i repubblicani vi sono tuttavia anche posizioni più nette sul dossier ucraino, a cominciare da quella di Mitt Romney, ex candidato del Grand Old Party alle presidenziali del 2012: “Gli Stati Uniti devono dare più armi possibili all’Ucraina, in modo che possano prevalere sui russi e avanzare nella zona di Kursk”, dice l’uomo che dodici anni fa corse contro Barack Obama. “È importante l’utilizzo dei missili a lungo raggio: secondo noi mettono le basi per un futuro tavolo diplomatico tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin. Kiev deve capire che non può riprendersi tutto il territorio che è stato conquistato da Mosca, inclusa la Crimea: solo così si potrà arrivare ad una soluzione pacifica”.

D’altronde Romney difende la scelta di Biden di dare il via agli Atacms: “L’utilizzo del lungo raggio è stata una scelta giusta e faciliterà l’azione diplomatica dell’amministrazione Trump che ora ha un Ucraina più forte da portare davanti al tavolo dei negoziati”.

Su come si potranno poi sviluppare le eventuali trattative, il repubblicano immaginario uno scenario complesso: “Si sta ipotizzando che l’Ucraina rimanga uno stato neutrale e che non entri nella NATO ma per una risposta definitiva, bisognerà aspettare di sedersi al tavolo con il presidente russo”.

“Non riconosciamo la decisione della Cpi”

L’altro tema che, come ovvio, tiene banco tra le forze politiche nella capitale statunitense è quello del mandato d’arresto emesso nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu da parte della Corte penale internazionale. Su questo arrivano le parole molto nette di Sabrina Singh, vice-portavoce del Pentagono: “Non riconosciamo la decisione della Cpi sul mandato di arresto per il primo ministro israeliano e sull’ex ministro della difesa Yoav Gallant. Questa corte non ha nessuna giurisdizione in materia. Continuiamo però a monitorare la gestione degli aiuti umanitari a Gaza perché non viene fatto abbastanza”.

Sabrina Singh, vice-portavoce del Pentagono - Pubblico dominio

Sabrina Singh, vice-portavoce del Pentagono – Pubblico dominio

 

Sempre dal Dipartimento alla difesa, il press secretary Pat Ryder rivendica il “ruolo importante” avuto dagli Usa nel cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, “una tregua che sosteniamo attivamente: chiaramente stiamo lavorando con altri partner nella regione per monitorare la situazione ed evitare ogni ripreso o allargamento del conflitto”.

Alla domanda se vi siano segnali che l’Iran e i suoi alleati possano riprendere le ostilità contro Israele da altri fronti, il Pentagono sceglie termini interlocutori: “Non abbiamo notato nulla di diverso da quello che abbiamo già visto in questi mesi e continuiamo a monitorare la situazione per prevenire attacchi su altri fronti. Ovviamente rimaniamo in continuo contatto con i nostri alleati per proteggere Israele”.

 

Daniele CompatangeloGiornalista

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