Mentalmente m’indirizzo a loro, parlo con loro, in quel futuro mondo che sarà il loro, per avvertirli che lascino stare, che resistano in questo caso alla seduzione delle tesi paradossali e ingegnose e “brillanti”, perché l’uomo, nella sua realtà, è di corta intelligenza, correlativa alla sua radicale deficienza di sensibilità morale, ignorante, di quella ignoranza sostanziale che è nel non intendere e non conoscere gli elementari rapporti della vita umana e civile, incapace di autocritica al pari che di scrupoli di coscienza, vanitosissimo, privo di ogni gusto in ogni sua parola e gesto, sempre tra il pacchiano e l’arrogante.
Ma egli, chiamato a rispondere del danno e dell’onta in cui ha gettato la Russia, con le sue parole e la sua azione e con tutte le arti di sopraffazione e di corruzione, potrebbe rispondere come uno sciagurato capopopolo italiano rispose ai connazionali che gli rinfacciavano di averli condotti al disastro: “E voi, perché mi avete creduto?” Il problema che solo è degno d’indagine e di meditazione non riguarda la personalità di lui, che è nulla, ma la storia russa ed europea, nella quale il corso delle idee e dei sentimenti ha messo capo alla fortuna di uomini siffatti.
Ho cambiato soltanto il riferimento esplicito alla Russia ed implicito a Putin, mentre per il resto della citazione ho riportato verbatim, parola per parola, ciò che Benedetto Croce annotò nei Taccuini sotto la data del 2 dicembre 1943, come ricorda Mimmo Franzinelli nel bellissimo, fresco di stampa, Croce e il fascismo. Un libro che sentirei di raccomandare specialmente adesso e specialmente agli estimatori della satrapia moscovita. Infatti.
Dicevo stamane ad un ammiratore che faceva gran dispendio di sottigliezze filosofico-storiche per giustificare la sua adesione al putinismo che in queste cose non si tratta né di filosofia né di storia, ma di un’elezione del volere, come sempre nelle questioni pratiche e attuali, e che i raziocinii e le deduzioni storiche sono modi di evitare la responsabilità della scelta o di nasconderne, agli altri e a sé stesso, la vera natura. Insomma (gli ho detto), riduciamo la cosa in brevi termini. Voi vedete nell’aggressione la lotta dei deboli e dei forti: dalla parte di chi siete tratto a mettervi? E l’ammiratore, esplosivamente: da quella dei forti! Ebbene, se sentite così, siete fascista con chiara coscienza: con la stessa coscienza con la quale io sono avversario, perché io e coloro presso cui mi sono educato e formato abbiamo avuto e abbiamo per massima che bisogna porsi sempre dalla parte dei deboli e degli oppressi.
Qui è bastato soltanto alludere all’Ucraina aggredita da Putin perché, con le testuali parole consegnate ai Taccuini il 10 aprile 1929, Croce smascherasse da par suo tutti i “fascisti con chiara coscienza”, che di volta in volta assumono come camaleonti i colori della giornata, il rosso del tramonto, il nero della notte, il biancheggiare dell’alba. Sotto la dittatura, Benedetto Croce fu la “presenza eretica che si respirava nell’aria”, secondo Piero Calamandrei. E lo è tuttora nella democrazia, indimenticato nel tempo degli sbandamenti.
Pietro Di Muccio de Quattro