Vorrei aggiungere

La storia, che non è né piatta e nemmeno filiforme, ha la complessità e i tratti dell’uomo, dell’incedere dell’umanità, che essa raccoglie e che non riguarda un solo popolo o una sola cultura, ma porta i segni delle conquiste e dei drammi che affascinano comunque e sempre. La “rinuncia alla verità sembra realistica e utile alla pace tra le religioni nel mondo. E tuttavia essa è letale per la fede”. Parole di Benedetto XVI. Che si interrogava: “Si può rinunciare alla verità, mettendola tra parentesi per un pacifismo inter-religioso o inter-culturale?”

Gli interrogativi profondi stimolano la riflessione. Agostino d’Ippona ne era compreso e lasciò opere straordinarie. E questo, dunque, è un bene. L’essere umano, infatti, è tale perché si pone alla ricerca di risposte. Crea allora cultura, che poi è la storia, è la vita dell’umanità; crea un linguaggio per esprimersi e farsi comprendere.

A proposito: Sono sempre affascinato dal Prologo del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo” (Gv 1, 1), il Λόγος (Lògos, Verbum, Parola, Pensiero), che nell’Antico Testamento si identificava con la «Sapienza», che “mette la sua tenda” (Sap. 9,1) fra gli uomini e le donne. Non entro nello sfondo greco su cui si sono cimentati autori di vari tempi e calibro (Eraclito, gli stoici, Filone Alessandrino). Preferisco il termine aramaico Memrà (Parola), nel senso della parola o discorso creativo, usato anche come nome sostitutivo di Dio. La cosa attraente è che nel Prologo di Giovanni il “Verbo (Memrà) era Dio” (Gv 1, 3).

Biblicamente, Dio si rivela nella Parola che crea, “E Dio disse: Sia la luce” (Gen.1, 3), o che risponde consegnando a Mosè il proprio nome impronunciabile, Yahweh.  Ma con l’evangelista Giovanni si ebbe una rivoluzione: “E la Parola si fece carne” (Gv 1, 14). Non più un Dio velato nella fenomenologia di segni significanti, ma ‘visibile’ nella stessa natura umana. Con quest’ultima espressione l’Evangelista rivela che Dio si era compiaciuto di venire tra noi, di mettere una tenda tra le nostre tende, seppur in essa si celasse la Shekinah, la «Gloria» di Dio, che non appare immediatamente; Mosè, a contatto con l’Eterno, scendendo dal Sinai però ne aveva avuto la percezione e davanti agli occhi degli ebrei si coprì il volto, tanto erano rimasti impressionati dal suo aspetto radioso.

La risposta che la Bibbia propone, è che la rivelazione sul senso dell’esistenza umana ha una storia, una relazione e un intervento: “L’incontro tra il «Dio dei filosofi» e il Dio concreto della religione ebraica è l’evento, operato dalla missione cristiana, che rivoluziona la storia cristiana”, diceva Benedetto XVI (in: Che cos’è il cristianesimo). La storia, che non è né piatta e nemmeno filiforme, ha la complessità e i tratti dell’uomo, dell’incedere dell’umanità, che essa raccoglie e che non riguarda un solo popolo o una sola cultura, ma porta i segni delle conquiste e dei drammi che affascinano comunque e sempre. La Bibbia è storia di «relazioni» (o meglio di una ‘Relazione’), di «partecipazione» (S. Agostino, in polemica con i Manichei), ma anche del «raccontare» (un termine caro alla cultura orientale, la storytelling) gli eventi che appartengono alla vita e al tempo che ha inizio con la creazione. L’animo umano ne raccoglie il ricordo (il passato), ne fa coscienza (il presente) e formula l’attesa (il futuro) che apre alla speranza. Così il tempo, biblicamente parlando, assume una dimensione etico-religiosa.

La questione affascinava Benedetto XVI. In un incontro prima dell’estate del 2014 gli avevo chiesto (mentre ero Gran Cancelliere della Pontificia Università Urbaniana), se egli avesse voluto gentilmente darci una riflessione da leggere in occasione dell’intitolazione a suo nome della ristrutturata Aula Magna dell’Università.  Richiesta che egli gentilmente accolse, e il messaggio fu letto il 21 ottobre 2014. Poiché nella sua lunga vita culturale il tema della «Verità» era stato sempre presente, scrisse che tale ricerca oggi sembra essere stata messa tra parentesi: “Si presuppone – rilevò –che l’autentica verità su Dio, in ultima analisi, sia irraggiungibile, e che tutt’al più si possa rendere presente ciò che è ineffabile solo con la varietà dei simboli.  Questa rinuncia alla verità sembra realistica e utile alla pace tra le religioni nel mondo. E tuttavia essa è letale per la fede.  Infatti, la fede perde il suo carattere vincolante e la sua serietà, se tutto si riduce a simboli in fondo interscambiabili, capaci di rimandare solo da lontano all’inaccessibile mistero del divino”(ib.). E si interrogava: si può rinunciare alla verità, mettendola tra parentesi per un pacifismo inter-religioso o inter-culturale?

Benedetto XVI invitava gli Alunni, che provenivano da molti paesi del mondo, a non pensare che solo la ragione critica debba orientare l’agire dell’uomo secondo la visione positivistica, e di dare spazio all’ethos, ossia di non togliere lo spazio e lo sguardo rivolto a Dio. La nostra esistenza, infatti, porta all’appuntamento con il Dio vivente che avviene nell’attesa, nell’incontro e nel ricordo.

Ritornando al Prologo giovanneo, che per Clemente Alessandrino è come un tesoro luminoso, anche la Shekinah (gloria) si è manifestata, lì dove l’Evangelista afferma: “E noi vedemmo la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre pieno di grazia e di verità” (Gv 1, 14); il Centurione, un pagano, che sul Golgota, sotto la croce supervisionava la morte di Cristo (riferendone poi a Pilato), ne intravide i segni: “Visto ciò che era accaduto, glorificava (edòxasen) Dio: «Veramente quest’uomo era giusto»” (Lc 23, 47), “era Figlio di Dio!»” (Mc 15, 39).

In quel momento la Shekinah sembrò riemergere in modo sorprendente nella morte di un giusto, Cristo, mentre il suo corpo esalava l’ultimo respiro; ad un uomo del potere di Roma, non sfuggì questo singolare aspetto, anzi lo attestò.

Qui mi si dirà: Ma con questo entriamo nella dimensione della fede! Sì, è vero; ma se la fede non è storica, è fede?  Ed era quanto volevo aggiungere.

 

Fernando Cardinale FiloniGran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro

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