In tempi di scuole che cadono a pezzi, insegnanti sottopagati e studenti costretti ad un’alternanza scuola/lavoro inutile, quando non letale, può essere estremamente utile tornare ai testi che un appassionatissimo Giacomo Matteotti dedicava ai temi dell’istruzione. Sì, perché nel centenario del suo assassinio, ci parla anche dell’oggi: socialista “gradualista” ossia riformista, convinto che sia dalle condizioni del lavoro che bisogna partire per costruire il progresso, convinto che per incidere la politica debba essere fisicamente presente sul territorio. E pertanto anche nelle scuole, nelle aule, tra gli insegnanti. Appunto: “Più che il suo essere vittima di un regime violento, più che l’essere martire, il mito, l’eroe, conta il suo essere un politico antiretorico, antipopulista (quindi non schierato acriticamente in una curva, malgrado le sue idee forti), con un corposissimo cursus honorum, contrario alla sciatteria, capace di autocritica, rigoroso nelle analisi, coerente nei comportamenti”: così scrive Vittorio Zincone in Matteotti dieci vite (Neri Pozza editore, pp. 332, 20 euro). Ed è da questo bel libro che abbiamo tratti questi testi che idealmente indirizziamo al ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara.
Gentile ministro Valditara,
«Vogliamo noi veramente che la scuola sia preparazione per l’officina, pel lavoro? No, assolutamente; la scuola deve essere qualche cosa per cui, almeno per quattro o cinque anni, la gente del popolo non pensi alla preparazione del lavoro manuale, impari qualche cosa che sia fuori del lavoro immediato, impari anche delle astrazioni. Non dobbiamo essere di quelli che vogliono la preparazione del ragazzo all’abilità tecnica. Vogliamo che questo insegnamento sia libero, poetico, astratto, perché ne godano per una piccola parte di tempo, e ne portino con sé il ricordo per qualche anno».
(autunno 1919, congresso degli amministratori socialisti)
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«… io non parlo contro la personalità del ministro, ma contro l’azione sua al ministero della Pubblica Istruzione. Precisamente perché egli è uomo glorioso negli studi, tanto più deplorevole è la sua inefficace azione al ministero. Qui non si viene con i libri di estetica, ma con dei programmi pratici, e questi si ha il dovere di assolvere quando si sta al banco del governo…».
(novembre 1920, interpellanza a Croce per le condizioni pietose delle scuole)
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«Quando un gruppo di industriali minacciano la serrata, o un gruppo di impiegati o di smobilitati minacciano lo sciopero, voi provvedete. Quando si tratta di 500 mila fanciulli che non possono istruirsi, allora voi vi rifiutate, perché vi preoccupate soltanto delle minacce attuali e non del bene futuro della nazione. Voi vi preoccupate di far funzionare cantieri e fabbriche magari anche in maniera antieconomica; ma quando si tratta di povera gente che vi chiede la prima istruzione necessaria per acquistare dignità d’uomo, allora negate…».
(giugno 1922, dibattito su proposta Matteotti di stanziare 60 milioni
di lire per l’apertura di 10.000 scuole)