Verso il voto, Pittella: Terzo polo necessario all’Italia, stanca della camicia di forza bipolarista. Renzi e Calenda lavorano insieme per costruire un grande partito riformista

Senatore Pittella, cominciamo dall’inizio. Lei ha sbattuto la porta al Pd. Nessuno se l’aspettava. È stata una decisione improvvisa, o maturava da tempo e poi è arrivato, e quale, un fattore scatenante.

 Una decisione meditata, ponderata nel tempo e fondata su due elementi inestricabili. Una linea politica ondivaga, in cui il riformismo progressista che avrebbe dovuto essere il carattere del PD si alternava a conati massimalisti all’inseguimento dei 5Stelle. La vicenda poi di Marcello Pittella ne è un esempio lampante. Non una parola garantista quando fu arrestato, non una parola di sostegno quando fu assolto, superando anche un brutto male fisico, e infine epurazione politica dalle liste.

Secondo Lei, volendo fare una enumerazione degli errori fatti da Letta in questa campagna elettorale, da dove comincerebbe?

Semplicemente non si percepisce la linea politica del PD su alcun tema che riguardi l’economia, la fiscalità, il sostegno alle imprese. Forse si percepisce una posizione legittimamente avanzata sui diritti civili e poco altro. E poi comunicativamente il nulla.

 Il Pd è ancora un partito garantista? Suo fratello, Marcello, ex presidente della Basilicata, benché  assolto, non è stato candidato.

Lo raccontavo prima. Un partito serio dopo che un presidente di Regione al principio della sua riconferma viene arrestato per un presunto abuso d’ufficio, poi in silenzio affronta il processo e anche un brutto male fisico, restando nel partito e poi viene assolto con piena formula, bene un partito serio profitterebbe per riabilitarlo agli occhi dell’opinione pubblica. Ne farebbe diventare un simbolo di marzialità nell’affrontare la giustizia. E invece non una parola ma un doppio veto nella composizione delle liste. Assurdo e vergognoso.

La leadership di Letta è in pericolo? Qualcuno, in panico per i sondaggi, è già andato all’agenzia di viaggi a preparargli il biglietto un biglietto di solo andata per Parigi, dove riprenderebbe a insegnare politica. Anche se qualcuno dice: non è giusto caricare tutto sulle spalle del segretario.

Non speculo sulla fase declinante del PD. Certo, per quel che sento e leggo, il giorno dopo il 25 si scalderanno i motori del congresso e dubito che Letta sia in odore di riconferma.

La sinistra in Italia c’è ancora, o si deve aspettare una fase di ristrutturazione dalle fondamenta?

Nella sinistra ovunque nel mondo è in corso una riflessione. Dovrà presto o tardi accadere anche in Italia.

Vede all’orizzonte federatori che possano unire schieramenti progressisti, o leader che aprano strade nuove?

 Al momento no ma in politica non esistono vuoti. Per cui chi avrà coraggio, visione e consenso verrà fuori.

Preveniamo l’obiezione di qualcuno che potrebbe dirle: parli così oggi, ma hai condiviso la prassi di un partito che da dieci anni non vince le elezioni ed è stato sempre al governo. Che cosa risponde a questa obiezione?

Il governo lo decide il Parlamento anche se, e capisco il senso dell’obiezione, è da Prodi che il centrosinistra non ha un consenso chiaro e largo nel Paese. È un elemento di riflessione e io ho provato negli anni come lei sa, a dare un contributo politico a questa riflessione.

Veniamo alla sua scelta recente, unirsi a Calenda. C’è spazio in Italia per un terzo Polo? Non rischia di essere un vaso di coccio tra vasi di ferro? Renzi, Calenda, Lei che ha avuto importanti esperienze al Parlamento europeo sembrate destinati a un ruolo di guerriglieri parlamentari, di incursori, specialmente se il centrodestra avesse numeri risicati in Senato.

 Penso ci sia uno spazio oggi importante e domani anche più importante per il Terzo Polo. Gli italiani cominciano a mal sopportare la camicia di forza bipolarista, fatto di slogan e appiattimenti. Il terzo polo ha un quadro chiaro di ciò che serve al paese e lo dice senza compromessi. E gli italiani lo premieranno oggi e in prospettiva.

Secondo Lei, Renzi e Calenda alla distanza riusciranno ad andare d’accordo o finiranno come i polli di Renzo: si beccano mentre magari gli altri governano?

 Renzi e Calenda sono due personalità forti e, come tutti i leader, hanno le loro spigolosità. Ma per loro viene prima l’Italia e la costruzione di un serio partito riformista. Lo stanno dimostrando in questa campagna elettorale, con grande generosità.

Calenda una volta non ha escluso intese, anche a livello di governo, con Meloni: è stato un lapsus, una provocazione, un ballon d’essai per vedere di nascosto l’effetto che fa, o un azzardo pericoloso che può indurre in confusione gli elettori?

 Calenda ha voluto dire che noi ci stiamo sulle cose, sulle grandi riforme che servono al Paese. Ci stiamo non sul potere, sulla spartizione di governo ma su come, a titolo di esempio, rendere autonoma l’Italia sul piano energetico. Mi pare una posizione corretta e su cui trovo inutile speculare con dietrologie di sorta.

Lei vede un pericolo di fascismo o un pericolo per la democrazia, come ha affermato anche di recente a Cagliari il segretario Pd, se vincesse il centrodestra a trazione Fratelli d’Italia?

 No. Non è che se non vinco io, gli altri sono un pericolo per la democrazia. Vedo invece il rischio di un governo confuso in termini geopolitici, inadatto a grandi scelte strategiche, questo si purtroppo.

In Italia c’è o no una democrazia normale, compiuta,  secondo i termini che usava Moro, per cui chi vince governa ed è legittimato a governare senza avere le pagelle o l’autorizzazione dell’avversario che ha perso?

Appunto. Dovremmo smetterla di dare patenti di moralità al prossimo. Il PD e le sinistre ancora pensano di occupare la suprema cattedra della filosofia morale da cui guardare gli altri che non la pensano come loro come dei minorati culturalmente o eticamente.

Il Mezzogiorno, figura come stanca litania in più di un programma elettorale. Può indicare tre questioni del Mezzogiorno che non possono più aspettare?

Gap infrastrutturale. Efficienza della Pubblica Amministrazione. Lotta al degrado criminale e urbano. Il PNRR e un buon governo potrebbero su queste e altre priorità fare molto, o molto poco. Dipenderà molto dalla qualità della classe dirigente che sarà nella cabina di comando.

Fare politica è un mestiere, un servizio, un destino, una missione o uno dei modi per sistemarsi?

Per alcuni un modo per sbarcare il lunario, per tanti una passione. Per me la straordinaria occasione di una vita al servizio della mia comunità. Un privilegio che ogni volta mi emoziona e mi carica di una grande responsabilità.

Rosatellum, la legge elettorale con cui si voterà: tutti la vituperano, ci sputano sopra e poi si va a vedere che sono gli stessi che l’hanno votata: come se lo spiega?

Il rosatellum non può essere definito positivamente o negativamente a seconda se ci si sente vincenti o perdenti in prossimità delle elezioni politiche. Certo, a me piace assai poco. Io sono per restituire ai cittadini la scelta di preferenza o almeno quella di collegio piccolo e riconoscibile come fu col Mattarellum. L’ibrido attuale non mi piace ma non grido alle crociate.

Il voto giovanile, specie dei diciottenni che per la prima volta voteranno per il Senato: la vede come un potenziale azzardo, una positiva novità o una opportunità che andava meglio spiegata?

Onestamente mi è parsa una scelta pure astrattamente utile ma sganciata da una riforma del bicameralismo perfetto o eguale. Insomma, restiamo l’unico paese al mondo che ha due Camere che fanno esattamente la stessa cosa, perdendo tempo ed efficacia nella legislazione, e la politica cosa fa? Anziché  intervenire su questa anomalia, taglia il numero dei parlamentari e abbassa l’età per votare al Senato. Demagogia pura. Detto questo, confido molto nella saggezza dei giovani, mi perdoni il paradosso. I giovani a volte sono i primi nemici dei demagoghi e di chi li vuole strumentalizzare.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

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