“Velia Titta vedova Matteotti” il film di Vittorio Pavoncello va in scena alla Camera dei deputati

Una giornata della memoria nel segno dell’antifascismo alla scoperta della figura di Velia Titta. Gli interventi di Elena e Laura Matteotti

Un gruppo di testoline bionde sbuca da dietro le alte tribune. Spettatori così piccoli che da lontano si vedono appena. Sono parte di quel gruppo di rifugiate ucraine scelte per recitare nel nuovo film di Vittorio Pavoncello “Velia Titta vedova Matteotti”. Donne che, per resistere alla tragedia di aver dovuto abbandonare la loro casa e i loro cari, si dedicano oggi alla recitazione come strumento di rinascita e riscatto. Nella loro vita precedente non erano attrici. Giunte in terra straniera, nella sempre fragile posizione di rifugiate – anche nel raro caso in cui si venga accolti -, proprio come nel film hanno trovato rifugio dalla paura e dalla solitudine nel teatro e con grande coraggio si sono messe in gioco per raccontare le loro storie a tutti noi.

È stato un Giorno della Memoria particolare il 27 gennaio alla Camera dei deputati. Nella scelta di intrecciarlo alla celebrazione del centenario della morte di Giacomo Matteotti, assassinato dai fascisti il 10 giugno 1924, Federico Mollicone (FdI), presidente della Commissione Cultura della Camera ha affermato che ‘’Il centenario dal rapimento e dall’uccisione di Giacomo Matteotti è stata un’occasione per ribadire l’importanza della libertà politica, della rappresentanza parlamentare e delle libere elezioni. Il suo coraggio animò la sua ultima denuncia dai banchi di Montecitorio e costituì un inno alla libertà e un atto di fedeltà al Parlamento”. 

Una scena del film di Pavoncello

Eppure l’incontro non è stato incentrato nemmeno su Matteotti, bensì sulla figura simbolica della sua sposa sopravvissuta: Velia Titta, protagonista del film di Pavoncello. Una donna che Mollicone racconta «segnata da eventi drammatici e sfide enormi, che la rendono un simbolo di resilienza e determinazione». La pubblicazione, nel luglio 2024, delle lettere di Titta al marito restituisce alla storia la personalità della donna che, nelle parole di Mollicone, fu per Matteotti come «un’ancora», qualcuno con cui condividere «i dubbi, i timori, le complessità della politica e delle tragedie che il Paese stava vivendo. Un punto di riferimento per ritrovare un equilibrio e fare chiarezza nei suoi stessi pensieri».

 

Laura Matteotti

 

Elena e Laura Matteotti

Sono salite sul palco anche Elena e Laura Matteotti, nipoti di Giacomo ed eredi di un evento traumatico che ha segnato profondamente le loro vite. «Siamo vissute senza memoria» ha affermato Elena «ci siamo riappropriate solo oggi della memoria che ci apparteneva». Nel leggere una delle lettere del nonno sconosciuto, Elena Matteotti ha voluto mostrare la profonda umanità nascosta dietro il politico, nelle cui parole si percepisce l’importanza che la figura di Velia Titta ebbe per lui: «Mi ritengono un duro, un uomo tutto d’un pezzo, ma se mi vedessero con te, se leggessero le nostre lettere, scoprirebbero quanto ti amo. Sei come una fiamma che attrae, poi riscalda e ti brucia. Non concepisco altra vita. Il mio desiderio più grande è sentire quanto tu mi ami, come prima, con tutta l’anima. È ancora così? Ascoltami, la mia forza dipende da te. Basterebbe che l’innominabile ti arruolasse per rendermi innocuo, vulnerabile e muto».

Il cast

Il film di Vittorio Pavoncello, realizzato da ECAD e Zivago film, con un contributo del ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi, è stato proiettato in anteprima assoluta in questa occasione. Giorgio Tirabassi ha dato la voce a Giacomo Matteotti, mentre Andrea Ruggeri ha interpretato il doppio ruolo di Titta Ruffo, fratello di Velia, e Domenico De Ritis, spia fascista infiltrata in casa Matteotti. Nel ruolo di Velia Titta si è calato il gruppo di donne ucraine rifugiate in Italia dal 2022 di Theaterforinclusion (Alona Kriuchkova-Anzhelika, Azaieva-Beksultanova, Olena-Ewa, Shapovalova-Irina, Shapovalova-Iryna, Lupan-Nadia, Melnyk-Olena, Kurovska-Olga Vecheria, Ulyana Firych, Yuliia Nosyk e Anastasiia Petrovets). 

Giacomo Matteotti

Una, nessuna, centomila Velia Titta

In un continuo oscillare tra passato e presente, evocato dalla scelta del bianco e nero, un gruppo di ucraine per sfuggire alla guerra si rifugia in un teatro bloccato nel tempo all’epoca del fascismo. Ogni donna ha una sua storia, di cui progressivamente scopre le analogie con quella di Velia Titta. «Io non voglio essere come lei» dicono «io devo essere come lei». Nessuna di loro muove la bocca per parlare: le loro voci scorporate sono quelle di tutte le donne travolte dalla guerra. «Non parliamo più la nostra lingua, non parliamo più la nuova lingua. Per questo io vivo nel silenzio» afferma una di loro. In un intreccio di storie che parlano della dolorosa assenza di coloro che amano, il gruppo di donne vive come in un sogno prigioniero del teatro, fino al momento in cui non prende coscienza del ruolo che è chiamato a interpretare per resistere contro la minaccia dei totalitarismi che incombe sull’Europa.

A fine proiezione, nel parlare del film, il ministro Andrea Abodi ha dichiarato: «più riusciremo a vedere quello che ci unisce, più avremo strumenti per affrontare quello che ci aspetta. Dobbiamo valorizzare quel patrimonio comune perché ci aiuti ad affrontare questo tempo. Sarebbe bello se il Novecento lasciasse alle sue spalle la parola “totalitarismo”».

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