Con la segnalazione della situazione in Ucraina da parte di 39 Paesi, tra cui l’Italia, lo scorso 2 marzo il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPL) dell’Aia Karim A.A. Khan Qc. ha avviato un’indagine per presunti crimini internazionali commessi dalla Russia nel territorio dell’Ucraina a partire dal novembre 2013. Ma se invece fossero anche i cittadini del Paese invaso ad averli commessi? Ne parla Ilaria Sforza, dottoranda in Procedura penale presso la Sapienza che ha lavorato alla CPI, dove ha conosciuto Rosario Salvatore Aitala, giudice che fa parte della Pre-Trial Chamber che si occuperà della situation in Ucraina.
Adesso che è stata aperta l’indagine, cosa succede?
Ora siamo ancora nella fase della situation. Un caso vero e proprio si apre solo quando si formalizzano le accuse contro soggetti determinati all’interno di una situation. La Corte giudica infatti sulla responsabilità penale degli individui, non degli Stati come fa la Corte internazionale di giustizia dell’ONU.
Che cosa intende per situation?
La situation è la fase che si apre con l’individuazione, in base a criteri geografici e temporali, di uno scenario in cui si sospetta che siano stati consumati o si stiano consumando crimini che rientrano nella giurisdizione della Corte. Nel 2013 il precedente procuratore Fatou Bensouda aveva già avviato indagini per quanto avvenuto in Ucraina a partire dagli eventi di piazza Maidan, ma non aveva individuato alcun sospettato. Adesso, con la guerra, le investigazioni hanno visto un’accelerazione, certamente anche sotto l’avvertita pressione mediatica. È una grande occasione di riscatto per la Corte penale internazionale.
Quali sono i tempi per arrivare a una condanna?
Purtroppo sono lunghi, anche perché in questa situation devono ancora essere costruiti dei casi attribuendo specifici reati a singole persone. Oltre al fattore tempo, a deludere le aspettative della comunità internazionale largamente schierata con l’Ucraina potrebbe contribuire la possibile formulazione di accuse non solo contro i russi. Infatti, non è da escludere del tutto l’eventualità, seppur remota, che gli ucraini possano essere accusati di uccisioni dei membri delle minoranze russofone alla luce dei disordini che hanno visto protagoniste entrambe le parti dell’attuale conflitto dal 2013 in alcune aree del Paese.
Se Putin fosse condannato?
La Corte Penale Internazionale ha due grandi problemi. Non ha un proprio corpo di polizia, quindi per fare le indagini si deve affidare alla collaborazione degli Stati nei quali si sono verificati i fatti. In molti casi hanno aiutato le stesse vittime: tante prove sono state raccolte grazie a loro e agli uffici della Corte dedicati alle vittime. Altro problema è che il processo non si può fare in assenza del sospettato. Ci sono tantissimi procedimenti pendenti per questo motivo. Chissà se Putin o i principali esponenti politici e militari russi verranno consegnati alla Corte.
C’è poi un’ulteriore questione.
Quale?
Riguarda i reati per cui è competente la Corte Penale Internazionale. I cosiddetti “core crimes”, elencati nell’art. 5 dello Statuto, sono quattro: genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e aggressione. Le criticità riguardano quest’ultimo. Il crimine di aggressione sarebbe probabilmente attribuibile a Putin, perché presuppone condotte tenute dai massimi dirigenti politici e militari relative ad un atto di aggressione che costituisca una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite. Ma c’è una clausola nello Statuto: questo crimine può essere contestato solo a cittadini di Stati parte dello Statuto. E la Russia non lo è. Quindi non si potrà mai formulare un’accusa contro i suoi esponenti. In alternativa, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU potrebbe attivare la giurisdizione della Corte per il crimine di aggressione, ma il veto che sicuramente opporrebbe la Russia porta ad escludere tale eventualità. L’Ucraina, invece, pur non essendo parte dello Statuto, ha accettato la giurisdizione della Corte penale internazionale con due distinte dichiarazioni.
Quali persone potrebbero essere allora condannate?
Soggetti meno in vista, ma dal ruolo non meno strategico, come i generali. È accaduto anche in passato.
Se una condanna del Capo dello Stato è difficile, quale strumento è più efficace a livello giuridico?
La risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che ha condannato l’invasione russa e ha chiesto di cessare immediatamente le operazioni militari in Ucraina ha gettato uno stigma politico di portata mondiale sullo Stato invasore. Si tratta però di uno strumento non vincolante, che riflette uno dei problemi principali del diritto internazionale: l’enforcement, ossia la sua applicazione effettiva.
Alessandro Rosi – Giornalista