Intervista con il generale di corpo d’armata Franco Angioni. La sua è stata una carriera molto prestigiosa. Bastano pochi telegrafici cenni: comandante del contingente italiano della Forza multinazionale inviata in Libano dal 1982 al 1984; al ritorno a Livorno, il contingente fu accolto da grandi festeggiamenti in città, e il suo comandante diventò molto popolare su scala nazionale. Angioni è stato anche capo della forza mobile del comando alleato in Europa dal 1986 all’ 1989. Consigliere militare del presidente del consiglio De Mita, comandante delle Forze terrestri alleate del Sud Europa, segretario generale della Difesa. Nel 2001 fu eletto deputato nello schieramento dell’Ulivo. Al generale Angioni e alla sua esperienza, chiediamo lumi su quanto sta avvenendo in Ucraina.
Generale Angioni, era prevedibile questa guerra in Ucraina?
Il pericolo guerra c’è sempre, e si concretizza quando si verificano certe condizioni. Ebbene, queste condizioni c’erano, bastava guardare alla situazione internazionale. Russia, Europa, Stati Uniti: si era creato uno scenario di instabilità in Europa. Avevo avuto qualche avvisaglia durante le Olimpiadi che si svolgevano in Cina.
Le Olimpiadi? In che senso entrano nel discorso i giochi olimpici?
Si erano notati certi sbandamenti in certi comportamenti della Russia. Putin era già partito da Pechino. La Cina gli ha chiesto di aspettare che finissero le Olimpiadi, prima di muoversi. (Quindi la Cina aveva avuto sentore di ciò che Putin stava per fare, NdR).
In base alle sue esperienze, che tipo di guerra è questa?
Un tipo di guerra moderna. Nella storia, quando è nata, la guerra non è sorta con una formula predefinita. La guerra è una vicenda umana, cambia secondo l’ambiente in cui si sviluppa. Nella vicenda di cui parliamo c’è il mondo dell’Europa, dell’alleanza atlantica e della Russia. L’attrito che c’era si sta sviluppando. Ma la Russia non è quella di una volta, di quando con l’Urss pensava di essere padrona dl mondo, di Nazioni e di popoli. Nel caso di specie la Russia s’illudeva di considerare l’Ucraina come una cosa sua, o almeno fedele e sottomessa. Ma l’Ucraina si è sviluppata, ha guardato a Ovest, vuole esercitare la sua indipendenza. Ma questo a Putin non va bene e ha reagito.
Vedo però che Lei è riluttante a usare la parola guerra.
La guerra si dichiara e ancora nessuno l’ha dichiarata.
Parliamo allora di invasione, di attacco all’indipendenza. Il popolo ucraino ha mostrato di resistere. Qualcuno dice che Putin è rimasto sorpreso… Questo può allungare la ricerca di una soluzione di pace?
Ma no, Putin la reazione del popolo ucraino se l’aspettava, eccome. Infatti ha subito mandato i carri armati.
Mandare aiuti militari, attrezzature, tecnologie, come fanno Paesi europei, gli Stati Uniti, a un Paese in guerra, sia pure non formalmente dichiarata, non è una forma sia pure indiretta di partecipazione al conflitto?
Non credo. L’Ucraina è un Paese democratico e sovrano in difficoltà, ha chiesto aiuto. Altri Paesi nelle forme legali delle convenzioni internazionali glielo stanno dando. Mi pare una cosa giusta dal punto di vista umanitario, e lecita dalla parte del diritto internazionale.
Ma la posta in gioco di tutta questa vicenda qual è?
La questione è seria e semplice al tempo stesso. Putin non sopporta e non accetta l’idea che ai confini della Federazione russa, sia a nord sia a ovest, non ci siano Stati cosiddetti cuscinetto, Stati salvagente ai suoi confini. Per dirla con una immagine concreta, questi cuscinetti si sono via via ridotti, a mano a mano che i Paesi confinanti con la Russia hanno cominciato a guardare a Ovest, affrancandosi anche da una sudditanza che non è solo politica ma anche culturale.
Ci può fare qualche esempio?
Un esempio calzante è proprio l’Ucraina, ma non è il solo. Da qualche anno, e infatti il problema non è nato ieri, molti ucraini vengono a lavorare in Europa, in molti casi svolgendo servizi ausiliari, sono entrati in contatto con un altro mondo, un’altra cultura. Si è avviato un processo di integrazione di questa gente nell’ambiente e nello spirito europeo. Il risultato è che le persone ucraine e di altri Paesi mal sopportano l’idea di sentirsi mezzo russi o filo russi. Ma è proprio il contrario di ciò che pensa Putin: egli vorrebbe che le genti dei Paesi confinanti si sentissero più russe che europee.
L’Ucraina dovrebbe entrare nella Nato?
No, sarebbe un grosso rischio, una provocazione evidente.
L’Ucraina dovrebbe entrare nell’Unione europea come ha ventilato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen?
Non la vedo come cosa opportuna, specialmente in questo momento. E poi, come le ho detto, l’Ucraina si va integrando – economicamente, culturalmente – con l’Europa, ma è ancora presto per considerarla a tutti gli effetti un Paese europeo. Mancano ancora, per completare questa affinità, valori comuni, per costruire quella che dovrebbe essere una efficace convivenza.
Putin ha invaso un Paese sovrano. Ma, detto in modo brutale, ha qualche ragione?
Intende ragioni dalla sua parte? Su un piano internazionale, le sue ragioni sono legate al rimpianto dell’Urss, impossibile da ricostruire, e ai timori di avere ai confini Paesi non più amici, affidabili ai suoi occhi.
La disposizione di allerta nucleare, decisa da Putin, secondo lei è un bluff da giocatore di poker o una reale minaccia?
Ci sono Paesi che possono gestire armi atomiche, e chi ne è in possesso ha tra le carte da giocare anche questa, per quanto molto impegnativa. Diciamo che il discorso resta a un livello teorico.
La Nato è stata costituita nel 1949 come alleanza di difesa contro il pericolo comunista…
Come alleanza di difesa e basta. Non è nata contro qualcuno. Se un domani un gruppo di Paesi africani aggredisse un paese della Nato, l’alleanza funzionerebbe per difendere quel Paese dagli attacchi stranieri.
Ma dato che è caduto il comunismo, è caduto il Patto di Varsavia, il pericolo comunista non c’è più, la Nato a che serve? Ha ancora una ragion d’essere?
Gliel’ho detto e confermo: le ragioni fondanti della Nato rimangono intatte, perché è nata come un’alleanza per difendersi tutti insieme reciprocamente.
Mario Nanni – Direttore editoriale