“Todo modo para busca la voluntad divina”: la citazione degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, che ha dato il titolo al capolavoro di Leonardo Sciascia sui confini tra religione e politica intuendo la disgregazione della Prima Repubblica, torna in mente osservando il lavorio e le inquietudini del mondo cattolico nel contesto politico attuale. Tolte, ovviamente, venature “gialle” o thriller regalate alla situazione dal grande romanziere siciliano. “Ogni modo per cercare la volontà divina”, va letto in questo caso per trovare una voce, una rappresentanza, un ruolo e un ascolto in uno scenario partitico sempre più polarizzato e in un mondo in fiamme sempre più sordo ai valori di solidarietà e di altruismo.
A destra questa tensione diventa plastica nella recente offensiva mossa da Forza Italia agli alleati su ius scholae e autonomia differenziata. La prima caldeggiata dai Vescovi come strumento di inclusione; la seconda, al contrario, oggetto di aspre critiche da parte del presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, che – nonostante la mediazione del governatore veneto Luca Zaia, cattolico e non certo un estremista della Lega – ha commentato sconsolato l’approvazione della legge: “Non ci hanno ascoltato”.
In base all’assunto – non completamente vero – che i valori cristiani in politica si declinino al centro, quello che in Italia è rimasto a lungo un luogo dell’anima ora è oggetto di caccia senza quartiere. Soffermandoci ancora sul centrodestra, va registrata la concorrenza agli azzurri di Noi Moderati di Maurizio Lupi, ex ministro vicino a Cielle e navigato parlamentare in odore di candidatura a sindaco di Milano nel 2027: superato lo scoglio (irto) del patteggiamento ligure di Giovanni Toti, la formazione si è assestata intorno al 2,5% dei consensi ed ha accolto le figliole prodighe Mara Carfagna e Mariastella Gelmini.
Caccia grossa nel centrosinistra
Ma è nel centrosinistra che la caccia si fa grossa. Soprattutto nel Pd, nato per unire le anime ex Ds ed ex Margherita: la figura del “cattolico adulto” di prodiana memoria manca da tempo, l’identikit è sfocato, la linea scelta da Elly Schlein lascia insofferente la parte più centrista del partito.
Come ha detto a chiare lettere alla Stampa l’ex presidente Dem Rosy Bindi: “Nel Pd il pluralismo, che dovrebbe essere la sua cifra, continua a fare fatica ad affermarsi”, Schlein è di una “post-generazione”, certo, “ma ha messo Berlinguer sulla tessera di partito, non sono sicura che nessuno si scandalizzerebbe se domani ci fosse Aldo Moro”.
Tema che agita le acque. Pochi giorni fa, sempre il quotidiano torinese ha lanciato il sasso più grosso: l’ipotetica discesa in campo come “federatore” del centrosinistra (novello Prodi) o come leader dell’area moderata (novello Rutelli) di Ernesto Maria Ruffini, attuale direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Cattolico progressista, avvocato tributarista, stimato dal Professore e da Mattarella, figlio dell’ex ministro Dc Attilio, Ruffini caldeggia – non da oggi – l’impegno dei cristiani nella società italiana. L’indiscrezione non è passata inosservata: la destra ne chiede le dimissioni dal vertice dell’amministrazione fiscale (dove chissà come Ruffini vive la stagione dell’egemonia di Maurizio Leo).
E in un’intervista a Repubblica batte un colpo Beppe Sala, sindaco milanese: “Ruffini è bravissimo ma lo conoscono in pochissimi. La questione non è trovare il federatore ma i compagni di squadra”. Al proprio futuro in campo, però, non chiude la porta. Insomma, per interpretare la volontà divina servirebbe Sant’Ignazio, fondatore dell’ordine dei gesuiti.
O forse, a proposito dei compagni di viaggio, basterà chiedere a Giuseppe Conte: in fondo, l’ormai ex Garante Beppe Grillo ha liquidato la sconfitta evocando proprio la trasformazione di M5S “da francescani a gesuiti”.
Federica Fantozzi – Giornalista