Sala e Ruffini: una poltrona (di federatore) per due. I cattolici alla ricerca del “nuovo Prodi”

In base all’assunto – non completamente vero – che i valori cristiani in politica si declinino al centro, quello che in Italia è rimasto a lungo un luogo dell’anima ora è oggetto di caccia senza quartiere
Ernesto Maria Ruffini e Beppe Sala - Creative Commons

Todo modo para busca la voluntad divina”: la citazione degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, che ha dato il titolo al capolavoro di Leonardo Sciascia sui confini tra religione e politica intuendo la disgregazione della Prima Repubblica, torna in mente osservando il lavorio e le inquietudini del mondo cattolico nel contesto politico attuale. Tolte, ovviamente, venature “gialle” o thriller regalate alla situazione dal grande romanziere siciliano. “Ogni modo per cercare la volontà divina”, va letto in questo caso per trovare una voce, una rappresentanza, un ruolo e un ascolto in uno scenario partitico sempre più polarizzato e in un mondo in fiamme sempre più sordo ai valori di solidarietà e di altruismo.

A destra questa tensione diventa plastica nella recente offensiva mossa da Forza Italia agli alleati su ius scholae e autonomia differenziata. La prima caldeggiata dai Vescovi come strumento di inclusione; la seconda, al contrario, oggetto di aspre critiche da parte del presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, che – nonostante la mediazione del governatore veneto Luca Zaia, cattolico e non certo un estremista della Lega – ha commentato sconsolato l’approvazione della legge: “Non ci hanno ascoltato”.

Maurizio Lupi - Creative Commons
Maurizio Lupi – Creative Commons

In base all’assunto – non completamente vero – che i valori cristiani in politica si declinino al centro, quello che in Italia è rimasto a lungo un luogo dell’anima ora è oggetto di caccia senza quartiere. Soffermandoci ancora sul centrodestra, va registrata la concorrenza agli azzurri di Noi Moderati di Maurizio Lupi, ex ministro vicino a Cielle e navigato parlamentare in odore di candidatura a sindaco di Milano nel 2027: superato lo scoglio (irto) del patteggiamento ligure di Giovanni Toti, la formazione si è assestata intorno al 2,5% dei consensi ed ha accolto le figliole prodighe Mara Carfagna e Mariastella Gelmini.

Caccia grossa nel centrosinistra

Ma è nel centrosinistra che la caccia si fa grossa. Soprattutto nel Pd, nato per unire le anime ex Ds ed ex Margherita: la figura del “cattolico adulto” di prodiana memoria manca da tempo, l’identikit è sfocato, la linea scelta da Elly Schlein lascia insofferente la parte più centrista del partito.

Come ha detto a chiare lettere alla Stampa l’ex presidente Dem Rosy Bindi: “Nel Pd il pluralismo, che dovrebbe essere la sua cifra, continua a fare fatica ad affermarsi”, Schlein è di una “post-generazione”, certo, “ma ha messo Berlinguer sulla tessera di partito, non sono sicura che nessuno si scandalizzerebbe se domani ci fosse Aldo Moro”.

Rosy Bindi - Creative Commons
Rosy Bindi – Creative Commons

Tema che agita le acque. Pochi giorni fa, sempre il quotidiano torinese ha lanciato il sasso più grosso: l’ipotetica discesa in campo come “federatore” del centrosinistra (novello Prodi) o come leader dell’area moderata (novello Rutelli) di Ernesto Maria Ruffini, attuale direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Cattolico progressista, avvocato tributarista, stimato dal Professore e da Mattarella, figlio dell’ex ministro Dc Attilio, Ruffini caldeggia – non da oggi – l’impegno dei cristiani nella società italiana. L’indiscrezione non è passata inosservata: la destra ne chiede le dimissioni dal vertice dell’amministrazione fiscale (dove chissà come Ruffini vive la stagione dell’egemonia di Maurizio Leo).

E in un’intervista a Repubblica batte un colpo Beppe Sala, sindaco milanese: “Ruffini è bravissimo ma lo conoscono in pochissimi. La questione non è trovare il federatore ma i compagni di squadra”. Al proprio futuro in campo, però, non chiude la porta. Insomma, per interpretare la volontà divina servirebbe Sant’Ignazio, fondatore dell’ordine dei gesuiti.

O forse, a proposito dei compagni di viaggio, basterà chiedere a Giuseppe Conte: in fondo, l’ormai ex Garante Beppe Grillo ha liquidato la sconfitta evocando proprio la trasformazione di M5S “da francescani a gesuiti”.

 

Federica FantozziGiornalista

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