Il vecchio Otto von Bismarck la sapeva lunga. Sosteneva che non si raccontano tante frottole quante se ne dicono prima delle elezioni, durante la guerra e dopo una battuta di caccia. Proprio così.
Prima delle elezioni le fandonie sono tanto più grosse quanto più i sistemi elettorali indulgono al proporzionale integrale, come qualche bello spirito vorrebbe metterci sul gobbo. Dopo la battuta di caccia all’Ucraina, vedrete, Putin farà buon viso a cattivo gioco. Per non perdere completamente la faccia, canterà spudoratamente vittoria. Ben sapendo che ci sono anche le vittorie di Pirro. Ma, soprattutto, durante questa infame guerra il dittatore rinchiuso nel Cremlino spara panzane alle quali ormai crede soltanto lui.
Putin non solo mente di continuo ma si fa anche prendere per il naso da quanti lo circondano. Ha creduto alla favola dei servizi segreti, che dovrebbe conoscere a menadito. Gli hanno fatto credere che si sarebbe pappato l’Ucraina senza colpo ferire. O giù di lì. Si è lasciato abbindolare dai suoi generali che gli avevano decantato l’esercito come un’invincibile armata. Mentre invece si è rivelato una copia della gioiosa macchina da guerra del povero Achille Occhetto. L’uomo che nelle elezioni politiche del 1994 perse tutte le penne e non ebbe più neppure gli occhi per piangere.
Come gli esami per Eduardo, si può dire che gli autoinganni di Putin non finiscono mai. Come tutti i dittatori, ha perso il senso della realtà. La immagina secondo i propri desideri. Con il risultato che alle illusioni seguono immancabili le delusioni.
Credeva che Stati Uniti, Regno Unito e Comunità europea si sarebbero comportati come il premier britannico Arthur Neville Chamberlain, che a Monaco nel 1938 fece come le tre scimmiette: si tappò gli occhi per non vedere, le orecchie per non sentire, la bocca per non parlare. Dando così carta bianca a quel pacifista di Adolf Hitler. E invece il mondo occidentale, il mondo libero, si è schierato con l’aggredito e non con l’aggressore.
Credeva che i suoi concittadini se ne sarebbero stati zitti e mosca; con la emme minuscola ma anche, direbbe l’ecumenico Walter Veltroni, con la emme maiuscola. E invece hanno fatto sentire in molti casi alta e forte la loro voce, anche a costo di brutali repressioni. Mentre gli oligarchi, gli arricchiti alle spalle della povera gente, cominciano a mugugnare perché colpiti dalle sanzioni dell’Occidente. E la roba ha sempre la sua brava importanza.
La guerra lampo si è rivelata un pio desiderio. L’esercito russo arranca tra mille difficoltà. La resistenza ucraina dà filo da torcere. E il resto lo sta facendo il comunismo, che ha ridotto la Russia a un nano economico dove manca di tutto: a cominciare dai pezzi di ricambio. Più che marciare, l’esercito russo marcisce. E siamo arrivati al punto che Putin si è umiliato al punto da implorare l’aiuto militare della Cina, che per i suoi begli occhi non si sogna di rinunciare alle esportazioni nei Paesi democratici. Insomma, Putin non solo non sta vincendo la guerra ma sta perdendo sempre più la pace. E la terra comincia a tremare sotto i suoi piedi.
Paolo Armaroli – Professore ordinario di Diritto comparato, docente di Diritto parlamentare, già deputato