Nucleare, in Italia non è la sismicità il problema. È la prevenzione che ci difende dai terremoti

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Intervista al prof. Carlo Doglioni, ordinario di geologia, accademico dei Lincei e dal 2016 presidente dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), su nucleare e terremoti, sulla prevedibilità degli eventi sismici e vulcanici, sui progetti dell’Ingv in tema di cambiamenti climatici, innovazione tecnologica, e sulle cattedre (poche) di scienze geologiche in un Paese che ne avrebbe maggior bisogno. C’è necessità di motivare maggiormente i giovani allo studio della Terra e alla ricerca, ma occorrono più fondi.

Professor Doglioni, cominciamo da un tema molto caldo e dibattuto in questi giorni: il ritorno al nucleare in Italia, su cui pesa il no sancito dal referendum del 1987. Chi continua a opporsi usa tra gli altri questo argomento: l’Italia è un Paese dove i terremoti sono frequenti, avere centrali nucleari sarebbe pericoloso. Lei cosa ne pensa?

È evidente che l’Italia ha tra le sue priorità la necessità di affrontare il tema energetico e le fonti rinnovabili non sono al momento in grado di risolverlo. Molte nazioni stanno investendo o reinvestendo sul nucleare di ultima generazione, anche con microreattori. Gli italiani hanno però votato contro l’energia atomica e quindi, fino a diversa rivalutazione, dobbiamo rispettare la volontà popolare. Di certo, però, non è la sismicità il problema tecnico da superare per costruire reattori nucleari: gli ingegneri sismici sanno costruire centrali atomiche che possano resistere a terremoti ben più energetici di quelli che si potranno mai verificare in Italia: l’importante è che la comunità geologica dia a quella ingegneristica i massimi scuotimenti attesi.

Giacché parliamo di eventi sismici, a che punto è il discorso sulla prevedibilità dei terremoti: in che misura sono prevedibili?

Per il momento i terremoti sono prevedibili solo su base probabilistica; quindi, non siamo in grado di indicare dove, quando e quanto grande sarà il prossimo forte terremoto. Un giorno, non so tra quanti anni, avremo delle capacità previsionali molto più accurate e deterministiche: dipenderà da quando e come sapremo leggere i segnali che la terra emette prima di completare il ciclo sismico in una determinata zona. Tuttavia, anche quando arriveremo a prevedere i terremoti, sarà sempre più importante costruire abitazioni in grado di resistere agli scuotimenti del suolo. Come INGV dobbiamo saper dare i valori di scuotimento corretti affinché gli ingegneri sismici possano costruire o adeguare sismicamente gli edifici. La prevenzione, basata sulla conoscenza del fenomeno, è dunque la vera chiave per difendersi dai terremoti.

E sempre in tema di prevedibilità: vale anche per i vulcani?

I vulcani sono più espliciti nella loro vitalità, anche se ogni apparato fa storia a sè. In genere, però, prima di un’eruzione si genera della sismicità che dal profondo risale, proprio legata al magma che si fa strada nella sua ascesa verso la superficie, dovuta alla minore densità della lava. Inoltre vi sono deformazioni (cosiddetta inflazione del vulcano) e rilasci di gas che possono indicare l’approssimarsi di una eruzione.

Come funziona il monitoraggio sismico e vulcanico? Questo monitoraggio è stato perfezionato?

L’INGV è all’avanguardia nel monitoraggio e la sorveglianza sismica, da maremoto e vulcanica con tre sale operative a Roma, Napoli e Catania che lavorano h24 tutti i giorni dell’anno, fungendo da sentinelle del respiro della Terra, registrando i dati sismici, geodetici e geochimici più avanzati che provengono dalle varie centinaia di stazioni distribuite sull’intero territorio nazionale. Lo sforzo che l’INGV fa quotidianamente è di mantenere e implementare le reti, aggiornarle, esplorare tecniche sempre più raffinate per auscultare la Terra.

Ci sono già, predisposti e previsti, piani di gestione dell’emergenza sismica e vulcanica?

Le emergenze e la loro gestione sono pertinenza della Protezione Civile e delle autorità locali che sono i sindaci. L’INGV ha il compito di monitorare e allertare nel più breve tempo possibile gli organi preposti alla gestione delle emergenze, sia in fase acuta, che in “tempo di pace” qualora emergano segnali che possano determinare un innalzamento del livello di allerta.

Per esempio: le popolazioni che vivono alle falde del Vesuvio, e che teoricamente sono sotto tiro, anche se il vulcano è dormiente, fanno periodicamente esercitazioni di fuga?

Tre anni fa fu organizzata un’esercitazione proprio a Napoli dalla Protezione Civile Nazionale in collaborazione anche con l’INGV in cui si ipotizzava che fosse iniziata un’eruzione: fu molto utile e istruttiva. Queste prove generali sono necessarie per riconoscere i punti di debolezza che devono essere evitati durante le crisi vere. I vulcani campani prima o poi torneranno a eruttare, per cui è indispensabile studiare e prepararsi per quando l’evento critico si manifesterà.

Sui cambiamenti climatici, l’Ingv ha degli studi in corso o in programma?

Sì, l’INGV è molto impegnato su queste tematiche ambientali: stiamo studiando la velocità e le previsioni di sollevamento del livello marino a seguito dello scioglimento dei ghiacci, il grado di inquinamento atmosferico nelle città legato ai combustibili fossili e al consumo dei ferodi dei freni delle macchine; lavoriamo in Antartide per ricostruire la storia climatica della Terra dell’ultimo milione di anni e stiamo proponendo progetti di energia geotermica come sorgente energetica non climalterante.

Visti i compiti importantissimi che l’Ingv svolge, lo Stato riserva fondi adeguati? 

Purtroppo, ci si occupa di terremoti solo quando avvengono: è nella natura dell’uomo cercare di dimenticare gli eventi negativi, ma è invece la nostra memoria a sensibilizzarci per mettere in atto la prevenzione necessaria e investire nello studio dei rischi naturali. Lo Stato ha istituito il sismabonus, un’ottima iniziativa in questo senso, ma conosciamo ancora troppo poco sulla natura dei terremoti, dei vulcani e del funzionamento del pianeta. Paradossalmente investiamo enormemente di più per studiare i pianeti del sistema solare o gli esopianeti a migliaia o milioni di anni luce che non investire nella comprensione della Terra. Si guarda in alto, idealmente verso il paradiso, mentre non si cerca di capire cosa c’è sotto i nostri piedi e come funziona il mantello terrestre, col risultato che ancora non sappiamo difenderci dai sismi.

Nel Pnrr sono previste risorse per sostenere il lavoro dell’Ingv?

Il PNRR è una grande occasione di rilancio della ricerca scientifica nazionale. Non c’è una risorsa economica dedicata specificatamente all’INGV, ma i vari bandi aperti permetteranno all’istituto di partecipare a diverse opportunità di finanziamento. Stiamo lavorando ogni giorno alla preparazione di proposte forti e ambiziose per fare un salto di qualità alle infrastrutture di monitoraggio e sorveglianza sismica, vulcanica e ambientale, ai laboratori e a tutte le attrezzature oltre che avere il personale dedicato per realizzare un concreto progresso del funzionamento del pianeta.

La vulcanologia, la sismologia: quante sono le cattedre universitarie in Italia?

Nonostante l’Italia sia la nazione europea a più alto rischio sismico e vulcanico, le ricerche, i corsi universitari e i docenti sono relativamente pochi rispetto agli altri stati. I professori ordinari che si occupano di geofisica e vulcani sono circa 50. Inoltre, stanno purtroppo diminuendo gli iscritti ai corsi di laurea in scienze geologiche. Dobbiamo motivare maggiormente le giovani generazioni ad appassionarsi allo studio della Terra, e abbiamo bisogno di nuovi ricercatori e docenti, in altre parole anche maggiori risorse economiche.

Lei è un eminente professore universitario e i suoi studenti l’apprezzano moltissimo: avendo a che fare con due fenomeni che possono sconvolgere la terra e la vita della gente: i terremoti e i vulcani,  oltre a essere uno studioso non pensa che la gente lo veda anche come  profeta e un po’ un indovino?

Non sono certo eminente, ma soprattutto non sono purtroppo un indovino. La scienza ha grandi incertezze, e la nostra missione è quella di svelare i segreti della natura per diminuire le incertezze che accompagnano le nostre interpretazioni e possibili previsioni sul suo funzionamento. 

L’Ingv, per i compiti che affronta, si misura con l’innovazione tecnologica. Ci può fare qualche esempio di innovazione legata all’attività di Ingv?

Tutte le strumentazioni per studiare la Terra necessitano di continui aggiornamenti: per esempio l’applicazione dell’intelligenza artificiale (o machine learning), l’utilizzo di fibre ottiche e la realizzazione di brevetti ad hoc permettono di tradurre l’innovazione tecnologica in un approfondimento indispensabile del livello di monitoraggio e studio della struttura e dinamica della crosta terrestre.

Lei ama la montagna. Fa sci di fondo, escursioni?

Sono nato tra i monti e questo mi ha dato un rapporto molto profondo con la natura, trasmesso anche dai miei genitori. Sono stato uno sciatore, oramai in disarmo, ma i paesaggi della montagna, in particolare delle Dolomiti, sono una palestra di vita e di scienza.

Tra le sue passioni, c’è la musica. Che tipo di musica ascolta?

Tutta: la musica è un linguaggio che accentua le emozioni, che stimola sentimenti ed energia. E’ anche un volano non solo per vivere meglio, ma una compagna di viaggio per fare buona ricerca scientifica.

 

*Direttore editoriale

 

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