Leggo le cronache che ogni anno arrivano puntuali dal Salone del Libro di Torino, dove si esalta la cultura e la diffusione della cultura del libro come arma di crescita sociale. Ma sarà mai vero? E se è vero -mi chiedo-in Italia si fa davvero tutto quello che si deve fare, e fino in fondo, per salvare i nostri presidi culturali?
La domanda andrebbe posta al Direttore Generale delle Biblioteche Italiane, la dottoressa Paola Passarelli, e conoscendo assai bene le sue capacità, la sua storia e la sua alta professionalità sono certo che mi direbbe che “è tutto sotto controllo”, e che tutto quello che si fa al Ministero della Cultura va in questa direzione.
Ma non tutto invece va per come dovrebbe andare.
Mi scuso con il direttore generale delle Biblioteche Italiane, ma sono costretto a segnalare alla dottoressa Paola Passarelli il caso gravissimo della Biblioteca Civica di Cosenza, una Biblioteca che ha radici antiche, chiusa ormai da anni, e che, mi pare di capire, rimarrà chiusa inesorabilmente per sempre.
La cosa forse più grave di questa vicenda è che centinaia di giornali antichi, molti di questi anche molto rari e di grande valore sociale per quello che hanno raccontato e che conservano, rischiano di venire divorati e distrutti dall’umido e dal buio di questi scaffali.
“…Già nel 1861 –scriveva in un suo saggio custodito oggi nell’archivio storico di ICSAIC, lo storico direttore della Biblioteca Giacinto Pisani– riappare Il Calabrese, fondato da Saverio Vitari nel 1842, con programma letterario e patriottico, e poi soppresso dalla polizia borbonica nel 1848. Riprendendo le pubblicazioni il 12 gennaio 1861, il giornale si propone – come si legge nella “Introduzione” – “di rafforzare quella classe di politici, moderati e operosi, che sorsero sin dal principio con mirabile disegno de’ patri destini…”
Di cosa parliamo? Di un vero e proprio monumento della storia culturale calabrese.
Per i suoi trascorsi storici -si legge sul sito ufficiale della Biblioteca cosentina- essa custodisce al suo interno un ricco e pregevolissimo patrimonio librario a stampa e manoscritto.
“Il 1 marzo 1864 – è sempre Giacinto Pisani che scrive– esce il primo numero di un nuovo giornale, Il Bruzio, giornale politico- letterario, fondato diretto e scritto quasi interamente da Vincenzo Padula. Con il suo giornale il Padula si propone di combattere una battaglia liberale, educativa e sociale, a vantaggio delle popolazioni calabresi. Così egli scrive nel “Manifesto” di presentazione: “Promuovere l’amore della libertà, spiegare le libere istituzioni, ed indicare i mezzi onde renderle proficue, disseminare idee di morale, di civiltà, di pulitezza tra il popolo, ammaestrarlo, educarlo, spronarlo ad ammegliare le sue condizioni, saranno gli obiettivi precipui che Il Bruzio toglierà di mezzo”.
Per non parlare, dell’immensa dotazione libraria della Civica: corali miniati del XVI –XVII secolo, testi manoscritti, autografi, carteggi privati assieme ad un gruppo di documenti pergamenacei, che si riferiscono al periodo che va dal Rinascimento all’Illuminismo. Di grande valenza culturale è anche un cospicuo fondo di opere antiche e rare a stampa, provenienti in massima parte da diversi ordini religiosi della città e dei dintorni, che sono stati soppressi. Tra essi figurano testi incunanbolistici tra cui un San Tommaso risalente alla prima tipografia veneziana, oltre ad un migliaio di edizioni del ‘500, in larga parte a stampa estera, così come è presente all’interno della biblioteca anche una raccolta imponente della produzione tipografica e straniera del Seicento.
Non sono uno storico, né tantomeno sono in grado di stabilire quale sia il volume più prezioso oggi presente nella grande racconta conservata dalla Civica, ma so con assoluta certezza, per averlo toccato con mano, che all’interno della biblioteca c’è oggi un patrimonio infinito di giornali che rischia di morire per sempre.
Ricordo sempre con immensa ammirazione la pazienza che Luciano Romeo, storico bibliotecario della Civica anche lui, ebbe con me in quei mesi di ricerca, ricordo scendeva negli scantinati a prendere i vari giornali che gli chiedevo e di cui lui conosceva storia dettagli e aneddoti mai scritti e mai riportati da nessuna parte, e me li consegnava con una delicatezza che sembrava volesse dirmi “fai attenzione, potrebbe rovinarsi”. Indimenticabili giorni, settimane, mesi di lavoro comune. Ma anche di grande complicità.
“Il 1868 Pietro Maria Greco, giornalista, scrittore, poeta, fondava la rivista Il Gravina, quindicinale letterario artistico economico sociale, che però ebbe vita breve: durò infatti dal 15 febbraio 1868 al 31 dicembre dello stesso anno. Un secondo periodico fondato da Pietro M. Greco, L’Era Nuova, –aggiunge Giacinto Pisani nel suo saggio– ebbe finalità culturali più popolari: far sentire, cioè, la necessità dell’istruzione del popolo. Nel corso della sua pubblicazione, il giornale si occupò dell’insegnamento agronomico, delle scuole serali, degli asili d’infanzia, della biblioteca pedagogica, della necessità di istituzione di una pubblica biblioteca”.
Vi parlo di almeno 2.000 testate diverse, fra riviste e giornali, che riguardano vasti campi di applicazioni propedeutici come la storia, la letteratura, la filosofia, l’arte, le scienze dell’educazione, il teatro, il cinema, il diritto, l’economia e le scienze di informazione, una emeroteca unica nel suo genere in Calabria, che ora rischia di essere irrimediabilmente aggredita dall’umido e dall’incuria di questi corridoi bui dove i giornali sono ancora conservati e sistemati.
Ancora Giacinto Pisani: “Nel campo della letteratura operò la “Società letteraria bruzia”. Questa società venne istituita nel 1863 per iniziativa di un gruppo di giovani, ed ebbe come proprio organo un giornale, dal titolo L’Usignuolo. La società venne inaugurata il 17 dicembre 1863, ed il Presidente, Raffaele Costanzo, così ne esponeva le finalità: “Considerando che l’emulazione e l’esempio sono i più grandi maestri del mondo, e che la Calabria nostra fu sempre culla di grandi ingegni, si è cercato di mettere in campo questi sommi maestri dell’umanità, acciò infondere e destare l’amore del bello nel cuore della gioventù studiosa, aprendo una Società nella quale si parlerà di letteratura, si proporranno delle questioni scientifiche e letterarie, si discuterà, si declamerà, si leggeranno composizioni: insomma occuperà una via di mezzo tra il Circolo e l’Accademia” prevalentemente di critica letteraria, diritto e filosofia. Nel 1871, L’Amico del buon senso, che si proponeva, appunto, di portare il buon …senso nei sistemi di educazione, nei libri di testo, nelle scuole, nella società civile”.
Un patrimonio di immenso valore storico e sociale, perché dentro il palazzo che per anni ha ospitato la Biblioteca si possono ancora trovare le prime testate giornalistiche stampate in Calabria e i primi fogli dattiloscritti nati prima ancora dei giornali più tradizionali, riviste storiche ed edizioni uniche introvabili in altre emeroteche del mondo.
“Uno dei giornali cosentini più vivaci dei primi anni ’70 fu certamente Il Fanfullino, bimestrale umoristico-letterario, fondato da Alessandro Lupinacci, poeta, scrittore e soprattutto giornalista di razza, che del giornalismo si servì per il miglioramento sociale e civile della Calabria. Il giornale si interessò di arte e di letteratura, con umorismo brillante e signorile, però anche di problemi sociali e amministrativi. Tra i temi trattati nel giornale: le condizioni delle carceri, l’istituzione di un collegio convitto femminile, la costituzione della Società Operaia; la questione silana; le arginazioni del Crati e le bonifiche dei terreni del vallo; l’esproprio per pubblica utilità delle acque termominerali di Guardia Piemontese…”
La grande Emeroteca della vecchia Biblioteca Civica di Cosenza è dunque l’unica fonte vera, seria, reale, organica, completa, della storia di questa regione, della sua storica depressione, della sua crescita economica, dei governi delle città, della vita delle provincie, della nascita della Regione, nomi dettagli particolari, luoghi e orizzonti inimmaginabili, che sono l’origine di ogni famiglia calabrese, di ogni dinastia, di ogni comunità piccola o grande che sia, di ogni paese e di ogni contrada, storie di lutti, devastazioni, inondazioni, terremoti, tragedie, violenze di ogni genere, milioni di battute, di caratteri a stampa che raccontano tutto ciò che è stata la Calabria dalla fine del 700 in poi.
Ho avuto in tutti questi anni il privilegio e l’onore di vivere in presa diretta la magia di questa immensa emeroteca calabrese, di cui conservo centinaia di scatti fotografici personali, e non finirò mai di ringraziare il direttore del tempo, Giacinto Pisani per avermi permesso di fotografare centinaia e centinaia di prime pagine dei giornali da lui amorevolmente e maniacalmente custoditi e conservati.
Lui aveva capito che io amavo profondamente i giornali stampati, e che avrei fatto di tutto, se un giorno avessi potuto farlo, ad aiutarlo a trovare per tutti i giornali della Civica una soluzione più onorevole di quei corridoi bui e anche malsani.
Oggi forse è arrivato il momento giusto per riprendere quei negativi, stamparli e farli circolare, perché tutti finalmente possano rendersi conto di cosa vi sto parlando.
Sono giornali che non si trovano più da nessun’altra parte, moltissimi di questi non ci sono neanche alla Biblioteca Nazionale di Roma, forse non ci sono mai arrivati, e hanno proprio per questo un valore doppio, perché rari in tutti i sensi.
Se qualcuno ha ancora voglia ed è ancora in grado di aiutare la città di Cosenza a non perdere per sempre questo patrimonio editoriale storico così importante, forse è ancora in tempo per farlo. Ma lo faccia di corsa, perché domani sarebbe già troppo tardi.
Ma non solo la grande emeroteca, c’è molto di più nella vecchia Biblioteca cosentina.
“Fanno parte, infatti, dell’antico fondo librario della Civica di Cosenza -mi dice Luciano Romeo-anche una sezione di manoscritti costituiti in prevalenza da fondi monastici a cui si sono aggiunti nel tempo altri pezzi provenienti da donazioni privati. Fra questi esiste un fondo diplomatico costituito da 54 pergamene, un insieme di bolle, atti privati, testamenti, costituzioni di date, censi ed altre, per lo più compresi tra gli anni 1291 – 1741, che costituiscono per lo studioso un unicum nel suo genere. Il fondo liturgico ha pure una sua peculiarità bibliografica costituito com’è da trenta codici musicali membranacei del ‘500, molti dei quali adorni ed arricchiti da artistiche miniature fatte a mano”.
Tutto qui?
Assolutamente no, c’è ancora molto dell’altro dentro le mura del palazzo storico di Piazza XV Marzo, sede anche ufficiale della prestigiosissima Accademia Cosentina. Siamo proprio di fronte al Teatro Rendano, nel cuore più antico della città dei Bruzi.
C’è per esempio un nutrito gruppo di manoscritti filosofici del 1550, 1600 e 1700, che variano dalla medicina alla filosofia, con testi letterari che fotografano e fanno riferimento in primis alla memoria calabrese, ancora da indagare appieno. E tra i fondi speciali detenuti dalla Civica, di fondamentale importanza è la sezione dedicata alla Calabria, ricca di libri, giornali e altri materiali riguardanti la storia, la cultura e la civiltà calabrese nelle sue diverse sfaccettature.
Ricordo sempre con commozione la passione con cui l’ex direttore della Civica Giacinto Pisani, per me era una sorta di monumento di quel mondo, mi decantava il grande tesoro della sua Biblioteca, che ha al suo interno molti fondi privati tra cui spiccano quelli del Salfi, del Muzzillo, del Conflenti, di De Chiara e tanti altri, che complessivamente ad altri libri ammontano a circa 250.000 volumi. “Ma la collezione più pregiata – mi ripeteva continuamente- è quella di Francesco Saverio Salfi, acquistata dal Ministero dei Beni Culturali alla morte dei suoi avi e consegnata gratuitamente alla Civica di Cosenza per contemplare nel tempo la memoria di questo illustre cosentino, all’incirca 12.000 pezzi fra volumi, opuscoli, riviste e giornali, riguardanti prevalentemente letteratura, storia, arti, viaggi, teatro, collezioni di classici antichi e moderni, grandi enciclopedie e trattati generali, che rispecchiano in gran parte la levatura e la tangibilità del grande studioso”.
Pensate che il fondo Muzzillo, lasciato in eredità alla Civica dalla famiglia, comprende oltre 5.000 volumi di letteratura, archeologia e storia dell’arte, con diverse edizioni di classici antichi e moderni, più diverse pubblicazioni periodiche e una ricca dotazione di opuscoli, molto dei quali di connotazione calabrese. Ma lo stesso fondo De Chiara ereditato sin dal 1929, consta all’incirca di 2.500 esemplari tra i quali testi di letteratura italiana, di storia, di arte e di critica letteraria. Di grande prevalenza è anche una raccolta di opuscoli della critica dantesca, che fanno il punto sulla genialità dell’illustre letterato italiano.
“E poi c’è una storia di Cosenza di Sertorio Quattromani, manoscritta e unica al mondo, così come ci sono tutte le opere del nostro Bernardino Telesio, molte delle quali manoscritte e di prima mano. C’è, insomma, tutto il patrimonio umanistico ma anche quello risorgimentale con testate e libri unici di grande spessore culturale. E poi, fammelo dire -si sfoga Luciano Romeo- tutto il sudore e il sacrificio del personale che ha sacrificato molto del suo tempo per custodire e rimettere in sesto la biblioteca civica alla fine tutto questo è stato dalla politica. Non solo non ci sono state pagate le spettanze dovute, ma ci hanno costretto alla pensione anticipata, e tutto questo è assai molto triste”.
Come si fa a tenere chiuso questo mondo?
Come si fa a non immaginare un progetto che riporti finalmente questo patrimonio agli albori originari? E soprattutto, come si fa a dimenticare il ruolo fondamentale e insostituibile dei giornali locali, che qui alla civica di Cosenza ci sono tutti a partire dal 700 in poi, e che domani saranno necessari agli storici per ricostruire le vera storia della Calabria?
Pensiamoci, perché ha assolutamente ragione la professoressa Gilda De Caro quando con la sua associazione Civicamica ci ricorda che “Il destino della Biblioteca Civica di Cosenza è un affare di tutti”.
Pino Nano – Giornalista. Già caporedattore centrale della Rai. E già capo della sede giornalistica Rai della Calabria