Misiani: la flat tax è ingiusta, costosa e poco realistica. E propone a 5 stelle e terzo polo di fare un fronte comune di opposizione

Pd, una sconfitta storica come quella che ha subito non può essere archiviata solo con l’elezione dell’ennesimo segretario pro tempore

“La flat tax è ingiusta, costosa e poco realistica, l’economia rallenta visibilmente e il governo dovrà selezionare le sue priorità con la massima attenzione. Nella manovra del 2023 lo scostamento di bilancio sarà probabilmente inevitabile”.

Antonio Misiani, lombardo, appena rieletto senatore nel collegio uninominale di Milano, già viceministro all’Economia ed attualmente responsabile Economia e Finanze del Pd, boccia la tassa piatta cara a Matteo Salvini e adottata (in versione solo “incrementale”) dalla premier Giorgia Meloni.

E “chiama” M5S e Terzo Polo a fare opposizione comune da subito: “C’è il dovere di costruire proposte e iniziative comuni sui due dossier più importanti. Il primo è la crisi energetica, il caro vita e la tutela del potere d’acquisto. Il secondo riguarda l’attuazione del Pnrr. Dobbiamo lasciarci alle spalle le scorie della campagna elettorale, non temo un’Opa ostile sul Pd”.

Nel suo discorso di insediamento di fronte al Parlamento la premier Giorgia Meloni ha centrato il focus inevitabilmente sull’economia. Ma anche sui rapporti con l’Europa, promettendo che il governo rispetterà le regole finanziarie in vigore cercando di modificarne alcune, come il Patto di Stabilità. E che eventuali aggiustamenti al Pnrr saranno concordati con la Commissione Ue. Insomma, “pragmatici ma non eretici”. È un percorso realistico, secondo lei?

Il rispetto delle regole europee è la precondizione necessaria e il dato di realtà con cui Meloni dimostra opportunamente di voler fare i conti. Vedremo se riuscirà, di sicuro il sentiero è stretto. L’economia italiana sta rallentando visibilmente, i tassi di interesse crescono, gli spazi nel bilancio per invenzioni fantasiose si restringono. Il nuovo governo sarà obbligato a selezionare le priorità con la massima attenzione.

Meloni lo ha già detto. Si tratta di capire se le priorità di FdI saranno le stesse di Lega e Forza Italia…

Sì, da un lato c’è il programma di Meloni tanto stringato quanto vago, dall’altro lato Berlusconi e Salvini che in campagna elettorale hanno speso parole impegnative sulla flat tax e le pensioni minime a mille euro. Misure costose e poco realistiche che temo saranno usate durante la sessione di Bilancio per recuperare visibilità. È questo il nodo politico nella maggioranza.

L’emergenza indiscutibile è il caro bollette. Cosa può fare l’Italia per fronteggiarlo?

L’Italia ha a disposizione 10 miliardi di maggiori entrate nel 2022 e la possibilità – che per il Pd è una necessità – di prorogare, e riscrivere meglio, l’imposta sugli extra-profitti delle imprese energetiche. Soldi da usare subito per rafforzare le misure a sostegno di famiglie e aziende in scadenza: il credito d’imposta per le imprese, il taglio delle accise sui carburanti, il bonus sociale per luce e gas.

Basteranno queste misure?

Sono il punto di partenza, vanno mantenute e rafforzate. Poi bisognerà impostare la Legge di Bilancio 2023-2025 con al centro una strategia energetica di medio periodo. Da un lato altre misure di sostegno, dall’altro la transizione energetica, che per noi significa rinnovabili e riduzione dei consumi di combustibili fossili.

Servirà uno scostamento di bilancio?

Nel 2022 no. Nella manovra per il 2023 sarà probabilmente inevitabile. Tutto dipende però dalla destinazione di quelle risorse: se saranno usate per proteggere i cittadini e le imprese o per finanziare costose quanto discutibili promesse elettorali.

L’ex ministro “tecnico” Cingolani è consulente del suo successore, l’azzurro Gilberto Pichetto Fratin. È un commissariamento?

Non c’è nulla di scandaloso nel fatto che, su invito della premier, Cingolani abbia accettato di dare una mano. Se agevola i rigassificatori convincendo il sindaco di Piombino, bene. Se serve a mettere a terra decisioni sul Pnrr, bene. Del resto, il governo nel suo complesso mi sembra debole su alcune partite strategiche. L’energia è tra le più importanti.

Di rinvio in rinvio, in Europa arriverà prima il tetto al prezzo del gas o l’inverno?

Vedo che il price cap è diventato il “corridoio dinamico”, ma è comunque un passo avanti importante. È passato il principio del controllo dei prezzi superando il tabù dell’intoccabilità delle follie distorsive del mercato TTF di Amsterdam. Speriamo che adesso non ci vogliano tempi biblici per arrivare alla fase operativa. Ma quello che ancora manca è uno strumento finanziario comune per affrontare il caro-energia, sul modello di Sure durante la pandemia. Molti Paesi lo contrastano, ma il governo deve continuare a battere su questo tasto.

Se FdI proponesse un fondo di compensazione a livello europeo per i Paesi più colpiti dalle sanzioni voi lo votereste?

Servirebbe una valutazione complessiva ma siamo pronti a condividere misure di buon senso.

Il Pd è uscito dalle elezioni con le ossa rotte e il segretario Enrico Letta dimissionario. Sta per iniziare un congresso che si concluderà a marzo con le primarie. La democrazia ha i suoi tempi, e ci mancherebbe, ma cinque mesi per arrivare a una nuova leadership non sono troppi in un contesto di guerra e inflazione quasi a doppia cifra?

La direzione di venerdì definirà i tempi del congresso nazionale. Leadership e profilo programmatico devono andare necessariamente insieme. Chi guiderà il Pd svolgerà un ruolo cruciale ma una sconfitta storica come quella che abbiamo subìto non può essere archiviata solo con l’elezione dell’ennesimo segretario pro tempore. Serve un confronto aperto e profondo sull’accaduto e sul tipo di opposizione da mettere in campo.

Tutto giusto. Al momento però le opposizioni sono tre e non si parlano tra di loro. Davvero l’Italia può aspettare i tempi dei partiti?

No. Il Pd deve avviare da subito un’opposizione incisiva in Parlamento e nel Paese, a partire dalle prime scelte di politica economica e sociale del nuovo governo. Con le altre opposizioni c’è il dovere di costruire proposte e iniziative comuni sui due dossier più importanti. Il primo è la crisi energetica, il caro vita e la tutela del potere d’acquisto. Il secondo riguarda l’attuazione del Pnrr.

Ci sono le condizioni, a suo avviso?

Dobbiamo lasciarci alle spalle le scorie della campagna elettorale che ci ha visto divisi e troppo spesso in conflitto tra di noi. Mi riferisco a M5S come al Terzo Polo. Oggi il Paese chiede che il governo governi ma che l’opposizione svolga fino in fondo il suo ruolo di presidio dei diritti sociali e civili e di elaborazione di contro-proposte alle iniziative della maggioranza. Se lo faremo insieme saremo tutti più credibili e più forti.

Se ne deduce che non teme un’Opa ostile di Giuseppe Conte sul Pd…

No. Se il Pd porterà a termine il percorso di cui abbiamo parlato potrà recuperare rapidamente un ruolo centrale nel Paese. Partendo dalla consapevolezza che nessuno ci regalerà nulla, ma che l’alternativa alla destra parte dal Pd.

 

Federica Fantozzi – Giornalista

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