Marconi e il fascismo: opportunità o qualcosa di più?

Sul suo panfilo Elettra salirono re e capi di Stato di mezzo mondo, tutti desiderosi di partecipare di persona a esperimenti di portata planetaria. È Guglielmo Marconi l’uomo che inventò il futuro. Genio indiscusso del ‘900 ma anche politico discusso soprattutto per la vicinanza al partito nazionale fascista.

Le sue ricerche e poi il successo della comunicazione a distanza con onde elettromagnetiche iniziarono da giovane. Nel 1895 inviò il primo segnale dal giardino di casa fin dietro la collina delle terre paterne, e nel 1897 brevettò il macchinario per comunicare a distanza: la radio. A quei tempi il fascismo ancora non era sulla breccia. E dopo che successe? Forse l’inventore di Bologna intravedeva in Mussolini l’unico in grado di tirare fuori l’Italia dalla grande depressione e anche continuare le ricerche qui nel Paese che amava.

È uscita pochi giorni fa la fiction Rai L’uomo che ha connesso il mondo.  Una retrospettiva che analizza in maniera un po’ superficiale e con luoghi comuni il periodo del ventennio fascista, ma che lascia un’immagine molto umana di Marconi. Spicca forte la dedizione sin da giovanissimo alla scienza, un rapporto stretto che ha coltivato per tutta la sua breve vita. Sopportato dall’amore per la moglie, e condiviso con la figlia Elettra. Ma ciò che emerge dalla fiction è anche la vita da senatore, nomina che ebbe nel 1914, e dei suoi forti legami con il fascismo dopo il ‘20.

Le simpatie del partito verso Marconi non erano certo un segreto. Ma erano ricambiate? Certamente un’opportunità per entrambe le parti. L’una per la propaganda estera, l’altra per finanziare le ricerche. Ma è certamente compito dei revisionisti storici occuparsi delle vicende del Marconi politico. Noi parliamo di scienza, ed è doveroso analizzare i primi vagiti della radio

Il primo fu il fisico scozzese James Clerk Maxwell, nel 1864, che descrisse attraverso un sistema di equazioni differenziali la dinamica dei campi elettrico e magnetico dimostrando l’esistenza delle onde radio. Successivamente Heinrich Rudolf Hertz fu il fisico sperimentale che verificò sul campo l’esistenza delle stesse.

Ma Marconi ebbe l’intuizione che cambiò le comunicazioni per sempre: Creò uno spinterometro con un coesore di polvere di metallo, sostituendo il dipolo verticale di Hertz con un filo verticale collegato a una lastra di metallo, con il terminale opposto connesso a terra (antenna di Tesla).

E il 12 dicembre 1901 ebbe luogo la comunicazione che costituisce il primo segnale radio transoceanico. Una semplice “S” del codice Morse (. . .) inviata da Poldhu, in Cornovaglia, dal grande trasmettitore. Un’ antenna alta 130 metri che poteva inviare onde per più di 3000 chilometri fino all’isola canadese di Terranova dove Marconi e i suoi assistenti Kemp e Paget erano in ascolto, e fu vera gloria.

Quello che è certo è la grandezza del personaggio: «Egli è venuto ad ampliare indefinitamente le onde sonore della voce di Fiume per costruire su la nostra pietra carsica una delle sue guglie di ferro più potenti». G. D’Annunzio.

 

Elio Nello Meucci

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