I dibattiti sono pieni di controversie, soprattutto se si tratta di scienza. Gli schieramenti in campo, gli scienziati da un lato e la società civile dall’altro, sono sempre pronti a contendersi la posta in gioco: la ragione. Jonathan Swift parlava di ‘battaglie tra eruditi’, oggi invece il piano di confronto si è spostato sui social-network, il massimo della democrazia.
Ma nella storia della comunicazione scientifica le dispute sono state il vettore per arrivare a nuove scoperte. Prima il contrasto sul Coronavirus, poi l’approvazione dei vaccini e di conseguenza la negazione dell’utilità degli stessi. Oggi siamo concentrati su come salvare il mondo dal riscaldamento globale, dalle polveri sottili ecc… Ma c’è anche chi non segue il pensiero comune e si oppone al concetto stesso di surriscaldamento come alcuni premi Nobel, sostenendo la propria ‘ragione’.
A che punto siamo realmente? Ne parliamo con Andrea Cerroni, docente di sociologia della conoscenza, università Bicocca di Milano.
Ieri un virus, oggi il clima. E in futuro cosa ci aspetta nel dibattito pubblico?
Di argomenti ce ne sono molti, interessante è la “Citizen Science” che strizza l’occhio al particolare, da mediare con l’universalismo proprio della scienza. Saranno i cittadini stessi a partecipare alla condivisione di dati puntuali per creare modelli generali e Big Data. Ad esempio i terremoti o le alluvioni hanno caratteristiche diverse da zona a zona. Solo i dati presi sul posto, e rielaborati, possono generare schemi nazionali. Si avranno previsioni di eventi senza spaventare o tranquillizzare il cittadino, ma suscitando responsabile buonsenso.
“La scienza ci prende in giro”, è il commento che si sente sui social
Questo sentimento nasce dalla delegittimazione della scienza per una cattiva comunicazione. Molti ‘esperti’ non hanno la capacità di spiegare la complessità della scienza in maniera semplice generando contraddizioni e mettendo la società civile difronte a realtà troppo divergenti. La scienza non può dare certezze, ma spiegazioni che devono generare curiosità e pensiero critico, dove il pubblico è al centro di problemi complessi».
Il metodo scientifico potrebbe essere il veicolo per una comprensione delle ragioni della scienza?
Non in senso stretto, magari la conoscenza reale della scienza. Al di là della rozza alternativa fra una visione angelicata e una vuota lotta per il potere, la via da perseguire è la formazione di professionisti nella mediazione tra scienza e società. Esperti nella comunicazione che sappiano informare il pubblico, intercettando le ragioni di entrambi gli schieramenti in gioco: gli scienziati da un lato e i cittadini non esperti dall’altro.
Il futuro delle dispute tra ‘pro e contro’ dove porterà la società?
«Verso la democrazia della scienza, dove la partecipazione alla discussione deve essere fruibile da tutti. É stato il bisogno crescente di questo collegamento il carattere distintivo della seconda parte del XX secolo. Se scienza e democrazia non si sviluppano di pari passo c’è rischio di arretramento per entrambi verso la demagogia. Ricordiamoci che nelle vere controversie si perde la differenza tra negazione e scetticismo che è il bagaglio culturale per il progresso della civiltà.
Elio Nello Meucci – Giornalista