Sono possibili “correttivi” del bicameralismo perfetto in termini di snellimento delle procedure, di una maggiore funzionalità delle Camere?
Certo, ma le procedure e i regolamenti non sono tutto, nel senso che non sono di per sé risolutivi. La funzionalità è anche, se non soprattutto, il prodotto di condizioni politiche, e di un effettivo rispetto della divisione dei poteri, senza l’abuso governativo del ricorso alle deleghe e dei decreti – legge, dei voti di fiducia e dei ripetuti casi “monstre” dei cosiddetti maxi emendamenti, che stremano e sviliscono al tempo stesso l’agibilità del lavoro parlamentare e gli stessi deputati e senatori. E poi, sarà necessario porre mano alla riforma della Costituzione.
Fatta questa premessa, per chiarimento preliminare, e per evitare equivoci e sospetti di voler semplificare materie complesse, registriamo dopo quelle pubblicate in un precedente sondaggio, altre risposte alle cinque domande poste da BeeMagazine.
Oggi rispondono:
Pietro Di Muccio de Quattro, Direttore emerito del Senato e Ph. D. dottrine e istituzioni politiche, deputato nella XII legislatura;
Maurizio Eufemi, senatore nella XIV e nella XV legislatura;
Maurizio Gasparri, già deputato, oggi senatore di Forza Italia, già capogruppo, ministro e vicepresidente del Senato;
Gianni Pittella, senatore del Pd, e già presidente del Gruppo socialista europeo e del Parlamento europeo;
1. Giorni fa si è vista questa scena (non nuova peraltro). Draghi la mattina è andato alla Camera per riferire sull’imminente Consiglio europeo e nel pomeriggio al Senato. Con il prossimo Parlamento ridotto, non si potrà evitare il doppione tenendo una seduta comune del Parlamento, tantopiù che i posti a sedere ci sono, quelli dell’attuale Camera (630)?
Di Muccio: Sono responsabile di aver coniato l’espressione “Parlamento amputato” per definire il Parlamento uscito dal referendum che ne ha ridotto a 600 il numero dei componenti. La definizione ha avuto un certo successo perché efficace nel linguaggio comune. Pertanto rispondo che, parlando in generale, le sedute comuni delle Camere amputate sono viepiù sconsigliabili perché mi appaiono prodromiche alla soppressione di una delle due. Sono un sostenitore del bicameralismo ed ho avversato l’amputazione del Parlamento anche perché sono certo che a breve (un decennio?) porterà (comporterà?) al monocameralismo.
Eufemi: Le comunicazioni del governo in quel caso prima del Consiglio Europeo sono disciplinate dalla legge relativamente alla fase ascendente e discendente sui rapporti con l’Unione Europea. Il problema è il voto dei documenti sotto forma di odg o risoluzioni, e le due Camere, pur con identiche procedure hanno rapporti di forza diversi nella composizione elettorale. Certamente alcune procedure potrebbero essere unificate. Analoga ripetizione si svolge per la fiducia al governo. Si pone il problema del monocameralismo che ha vantaggi ma richiederebbe la modifica costituzionale della forma di governo con il passaggio al presidenzialismo o semi presidenzialismo.
Gasparri: Il prossimo Parlamento dovrà rivedere molte cose, nelle sue regole, nei suoi riti. Certamente il taglio dei parlamentari produrrà effetti nefasti. Cittadini e categorie avranno meno interlocutori a disposizione. Il Paese capirà solo nel tempo di aver fatto un errore molto grave, che ridurrà la rappresentanza nei territori, prevarranno le grandi città, molte zone di provincia saranno senza voce, senza parlamentari. Molte categorie non sapranno con chi confrontarsi, e i pochi dovranno fare troppe cose. Il taglio dei parlamentari.
Pittella : Come noto, il bicameralismo perfetto o eguale fu immaginato dai padri costituenti dopo il fascismo per fugare scorciatoie decisioniste. Oggi tuttavia non trova paragoni nel mondo e non ha alcun senso. I cittadini hanno avuto prima la possibilità di esprimersi per la sua abolizione ma l’antirenzismo ebbe la meglio e poi viceversa hanno puntato su una riduzione del numero dei parlamentari senza modifiche delle funzioni delle Camere. Una scelta totalmente irrazionale che aggrava semmai, di certo non risolve i problemi.
2. Per quali altre occasioni si potrebbe ricorrere, a parte quelle già costituzionalmente previste, a sedute comuni della Camera e del Senato?
Di Muccio : Nessun’altra.
Eufemi: Altre occasioni di unificare le competenze senza ricorrere a modifiche costituzionali sono le votazioni per i membri di autorità indipendenti, oggi votate separatamente. Faccio notare, incidentalmente, che il numero dei 630 deputati c’è dal 1963. Nelle precedenti legislature erano di meno. E cioè nel 1958 erano 596; nel 1953 erano 590; nel 1948 erano 574.
Gasparri: Le sedute comuni si potranno fare per tanti argomenti, non c’è dubbio. Però bisogna poi mettere mano alla Costituzione. Il che dimostra, e si evince dalle domande, che aver fatto il taglio dei parlamentari senza una riforma complessiva della Costituzione è stato un atto di idiozia vendicativa contro la rappresentanza parlamentare, e in definitiva contro la democrazia stessa. Il taglio dei parlamentari, lo ribadisco, è stato un idiozia, lo dico senza alcun interesse personale, dato che sto in Parlamento da varie legislature
Pittella: Certo oggi, col Parlamento a ranghi ridotti si potrebbero aumentare i casi di ‘sedute comuni’ per rendere il sistema più fluido ed efficace. Per cui rispondo positivamente ai temi che pone.
3. Anche per le audizioni di singoli ministri, che spesso vanno a riferire prima a una Camera poi all’altra, non si potrebbe ricorrere alle Camere riunite o a commissioni riunite del Parlamento.
Di Muccio: Per quanto detto sopra: commissioni riunite sì; Camere riunite no.
Eufemi: Le audizioni dei ministri già avvengono congiuntamente come avviene per la sessione di bilancio. Si potrebbe fare anche per la sessione comunitaria.
Gasparri: Già oggi avvengono audizioni nelle Commissioni Difesa ed Esteri in seduta congiunta dei ministri della Difesa ed Esteri. E’ una prassi già in voga e si può tranquillamente estendere.
Pittella: Penso che le audizioni del presidente del Consiglio e dei ministri ad esempio si potrebbero tenere ‘congiuntamente’. Così si potrebbe valutare se i regolamenti parlamentari possano prevedere anche dei limiti alla cosiddetta ‘navetta’ parlamentare.
4. Quali modifiche regolamentari Le vengono in mente per rendere più funzionale il lavoro parlamentare e più celere il meccanismo di decisione?
Di Muccio: Miglioramenti delle procedure parlamentari sono, ovviamente, sempre possibili, se sottoposti alla terapia dell’esperienza. Tuttavia, l’idea che la funzionalità di un Parlamento sia l’altra faccia della celerità dei lavori parlamentari è sbagliata in sé, incoerente con l’essenza dell’istituzione, pericolosa negli effetti. Il “taylorismo normativo”, come lo battezzai trent’anni fa, appartiene alla degenerazione del “governo rappresentativo”. Il Parlamento è stato trascinato a fare cose che non dovrebbe fare, cioè “iperlegiferare”. Leggi copiose e migliori in minor tempo sono la contraddizione e l’illusione dei benintenzionati.
Purtroppo la disfunzionalità del Parlamento trova la causa ultima nel fatto di essersi trasformato in un “Grande Amministratore”, quale lo considerai già alla fine degli anni ’70 per effetto della cosiddetta “solidarietà nazionale”. Da allora, alla luce dell’involuzione parlamentare, il mio giudizio è pure peggiorato, essendo il Parlamento assimilabile oggi ad una “Camera corporativa” in senso etimologico (senza allusioni!). Comunque, per dare un po’ di respiro all’elaborazione delle vere leggi e ai dibatti cruciali per la politica nazionale auspicherei che la procedura di discussione e approvazione del bilancio pubblico (certamente cruciale però insuscettibile di proficua discussione parlamentare per troppo evidenti motivi) fosse concentrata in un solo giorno di lavori parlamentari in ciascuna Camera: comunicazioni del governo, interventi politici, votazione nominale.
Così, prendere o lasciare. Governo viene da gubernator, cioè timoniere della nave. Il bilancio pubblico “pilotato” collettivamente da ministri e parlamentari ha una navigazione difficile, segue una rotta insicura, mette a repentaglio i naviganti, disperde il carico. Per forza di cose, come ognuno può vedere. A prescindere da eccezionali eventi.
Eufemi: Utilizzo più forte della sede redigente. Così da portare in Aula solo la fase deliberativa sugli articoli, lasciando al lavoro della commissione il compiuto esame istruttorio. Limitare il potere emendativo dei singoli, elevando il numero delle firme per potere presentare emendamenti oppure la firma del rappresentante del gruppo. Snellire la procedura della fase d’aula.
Gasparri: Bisognava cambiare prima la Costituzione e non fare questo taglio lesivodei parlamentari per correre poi ai ripari. In successione, si è fatta prima la vendetta e poi si dovrà pensare alla strategia. Andava invece fatta una revisione strategica della Costituzione per rendere più funzionale ed efficiente la democrazia. Adesso si metteranno delle pecette, che saranno peggiori del danno fatto.
Pittella: Non sono particolarmente un esperto di regolamenti parlamentari. Però sento di dover dire due cose:la prima è che già oggi il bicameralismo viene di fatto parzialmente e surrettiziamente superato dal fatto che i principali provvedimenti arrivano a una sola delle due Camere e poi all’altra con testo blindato. La seconda è che per superarlo davvero tutte le strade regolamentari o di prassi sono vicolo senza uscita se non si cambia davvero la Costituzione.
5. Basterà cambiare i regolamenti o bisognerà modificare la Costituzione?
Di Muccio: La domanda è vasta e complessa. Rispondo sui Regolamenti parlamentari. Questi devono essere cambiati. Adattarli alle nuove Camere è indispensabile non solo affinché la composizione degli organi interni sia proporzionata, ma anche per le conseguenze che il proporzionamento determinerà sul loro funzionamento.
Eufemi: Entrambe le due cose. La riforma dei regolamenti è urgente e indispensabile per garantire la funzionalità delle Camere dopo la riduzione del numero dei parlamentari. Occorrerà ridurre il numero delle commissioni accorpandole per materia, altrimenti non saranno in condizione di operare. Per la costituzione è necessaria una assemblea costituente o in alternativa una grande convergenza delle forze politiche su punti essenziali della riforma costituzionale.
Gasparri: Ho già risposto alle domande precedenti. Ormai il danno è fatto. Vedremo che cosa si potrà fare. Ma forse è il Paese che ha fatto una scelta sbagliata, e deve prima assaggiare le conseguenze dell’errore fatto. Poi capiranno
Pittella: Non tutto si può fare cambiando solo i Regolamenti, che pure vanno aggiornati e adattati alla nuova fisionomia, anzitutto numerica, del Parlamento che verrà. Come ho detto, per incidere, bisognerà fare modifiche alla Costituzione. Spero che il prossimo Parlamento ci provi davvero poiché credo che ormai la coscienza pubblica è piuttosto matura ormai.
Mario Nanni – Direttore editoriale