Si è conclusa in questi giorni la quarta edizione di “Donne in attivo”, il progetto di educazione finanziaria rivolto alle donne promosso da Unioncamere, finanziato dal ministero dello Sviluppo economico e sostenuto dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria.
In un paese in cui la parità di genere sul lavoro è una conquista ancora lontana, dove le donne rispetto agli uomini guadagnano meno e sono spesso lavoratrici precarie, il tema dell’educazione finanziaria è quanto mai urgente. L’ultimo rapporto di Edufin Index – che rileva il livello di alfabetizzazione finanziaria e assicurativa degli italiani – mostra nel 2024 un gender gap tra uomo e donna di 5 punti sull’educazione finanziaria, oltre che una disparità geografica tra nord e sud Italia di circa 4 punti.
I fattori chiave che contribuiscono alla minore alfabetizzazione finanziaria e assicurativa sono, ha avvertito Loretta Credaro, presidente di Isnart e della Camera di Commercio di Sondrio, “il ridotto interesse verso l’argomento e una bassa propensione a informarsi”.
Parità di genere. E di finanze
Un’adeguata educazione finanziaria, ha rilevato Credaro, è uno strumento fondamentale per conquistare “indipendenza economica, parità di genere e in generale una più alta qualità della vita individuale e familiare. […] La riduzione delle disuguaglianze non è solo funzionale alla creazione di un mondo più equo, ma serve all’intera comunità per progredire”.
La giornalista Valeria Santoro, esperta di economia e finanza, nel parlare del difficile rapporto delle donne con il denaro e le banche, ha sottolineato come sia ancora frequente che molte non abbiano nemmeno un conto corrente intestato a proprio nome. Un problema grave, che le espone ai rischi della cosiddetta “violenza finanziaria”. Una forma di violenza poco indagata e poco riconoscibile, ma diffusa anche tra i giovanissimi sotto forma di richieste apparentemente innocue e percepite come “normali”, come quella della password delle app bancarie o il controllo degli acquisti del partner femminile. Un problema culturale, avverte Valeria Santoro, che rende questo tipo di educazione sempre più urgente soprattutto per le più giovani.
Un’educazione che è importante sia di qualità, avverte Donato Masciandaro, direttore del Comitato per la programmazione ed il coordinamento delle attività di educazione finanziaria e professore di economia alla Bocconi, perché l’offerta di corsi di formazione è molto ampia ed è importante selezionare quelli validi e affidabili.
Dipendenza finanziaria e violenza di genere
Forte è il legame tra dipendenza finanziaria e violenza di genere, ha avvertito Gianfrancesco Romeo, direttore generale consumatori e mercato del Mimit. Le donne in stato di dipendenza economica spesso rinunciano a denunciare le condizioni di violenza. Filomena D’Antini, consigliera nazionale di parità, ha sottolineato come l’Italia sia il paese col più basso tasso di occupazione femminile, nonostante nel 2024, grazie alle iniziative promosse dall’Unione europea, la situazione sia migliorata.
È importante – ha aggiunto – che si consolidi l’idea che la donna possa diventare “un perno per la crescita economica”, poiché una donna lavoratrice produce un reddito che aumenta il benessere delle famiglie e il prodotto interno lordo dell’intero paese.
Alessia Radicioni, responsabile dell’Ufficio Tutor dell’Ente nazionale per il microcredito, ha parlato del progetto “Microcredito di Libertà”, di cui è componente del consiglio di gestione. Un’iniziativa che fornisce alle donne che hanno subito una qualunque forma di violenza un microcredito sociale per coprire eventuali spese legali, un affitto o spese mediche, ma anche corsi di formazione che permettano loro di trovare un nuovo lavoro o iniziare un’attività di impresa.
Come combattere l’ingiustizia sociale
Nel 2023 in Italia le imprese a conduzione femminile erano il 22% del totale delle attività registrate, mentre le startup guidate da donne erano solo il 14%. Dati che Santoro ha segnalato come indici del persistere di pregiudizi di genere, della maggiore difficoltà per le donne ad accedere a finanziamenti, dell’assenza di servizi per conciliare vita privata e professionale, ma anche della resistenza delle ragazze verso lo studio delle materie STEM, che offrono maggiori opportunità di occupazione e più alti redditi.
All’evento sono state presentate numerose iniziative volte a combattere l’ingiustizia sociale. Valentina Fabbri, membro del Comitato imprenditorialità femminile della Camera di commercio di Roma e di Confcooperative Lazio, ha presentato come obiettivo delle cooperative l’attuazione di “misure pratiche e concrete per inserire nella comunità le persone più a rischio” attraverso un sostegno economico.
Laura De Dilectis, vicepresidente di “DonneXStrada”, ha raccontato la loro iniziativa: un servizio di video-accompagnamento gratuito in quattro lingue per far sentire le donne più sicure quando sono da sole in strada. Mario Marotta, direttore generale della Cassa del Microcredito, ha parlato delle iniziative assunte per aiutare coloro che restano esclusi dal credito bancario perché privi di garanzie, offrendo servizi di tutoraggio e consulenza nella creazione di una propria attività imprenditoriale. Mentre Stefania Mancini, ambassador di “Inclusione donna”, ha presentato un network che accoglie più di 75 associazioni femminili e oltre 50 ambassador con l’obiettivo di aumentare l’occupazione e la rappresentanza femminile.
Il progetto “Imprenditorialità femminile”
L’ultima parte dell’incontro è stata dedicata alla presentazione dei sei disegni imprenditoriali nati nell’ambito del laboratorio pratico di “Donne in attivo”. Progetti orientati all’inclusione e alla sostenibilità ambientale, come l’idea di una piattaforma che promuove il turismo inclusivo ed ecosostenibile, una che offre supporto agli anziani e l’iniziativa imprenditoriale che si occupa di diffondere modelli di benessere e inclusività tra le piccole e medie imprese.