Dedicato a quelli che Trump…

A chi in Italia, a sinistra si straccia le vesti per la nuova vittoria del magnate, e non fanno mai autocritica. La  provocazione di un giovane progressista di buone letture

Donald Trump al Convention Center di Palm Beach

Potevano, quelli della sinistra, fermarsi un attimo, alzare le mani e dire: scusateci, ci siamo sbagliati. Non avevamo capito che servivano case vere e stipendi degni, sicurezza e protezione per chi non ce la fa. Non l’aborto sicuro come unica battaglia, non asterischi di genere da tastiera, non tribunali per condannare chi osa una battuta fuori spartito. E ora c’è Trump.

Potevano, questi custodi della morale progressista, scendere nei sobborghi abbandonati, nella Rust Belt americana, a cospargersi il capo di cenere. Invece no, hanno creduto che la globalizzazione fosse un Erasmus infinito: un miscuglio di utopie tecnologiche e libertà assolute. Mezza Woodstock, un quarto Silicon Valley, un briciolo di Fiume dannunziana.

Potevano bruciare, questi alfieri del cosmopolitismo arcobaleno, il manuale del liberismo selvaggio: quella dottrina che, dal crollo del Muro in poi, la sinistra ha amato come una vecchia amante infedele. Ma niente, non hanno osato. E si sa, quando il popolo può scegliere, non si accontenta della copia: si prende l’originale, uno come Trump.

 E invece di capire, hanno preferito continuare con il vecchio copione. Al primo sentore di sconfitta, hanno sgonfiato il pallone, se la sono presa col popolo – che, novità delle novità, non vota mai come sperano. E poi eccoli, in un pellegrinaggio laico, a mettere cuori sotto i post di chi denuncia i social come distruttori della democrazia… proprio sui social.

È breve il passo dal Terzo Stato in marcia al “non c’è più morale, Contessa”. Lo hanno fatto loro, quelli che hanno anteposto sempre e comunque i diritti civili a quelli sociali, l’individuo alla Comunità. Quelli che hanno santificato la libertà dimenticando giustizia sociale ed eguaglianza: le altre punte di un tridente ora spezzato. E così, l’America si ritrova un miliardario dai capelli colorati, reazionario e ultraricco, a fare da guida. Votato, ironia della sorte, proprio da chi ha visto la grande storia del movimento operaio ridursi a un aneddoto per salotti radical chic.

 

Andrea Chénier

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