Fabrizio Planta è il direttore Dati e tecnologie presso l’ESMA, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. Egli, con altri qualificati esponenti del mondo delle professioni e dell’imprenditoria, ha partecipato giorni fa al “Decamerone delle idee”, a Grazzano Badoglio, in provincia di Asti. L’incontro, giunto ormai alla quarta edizione registrando un crescente successo, è nato da un’idea di Andrea Camaiora, Founder e Ceo di The Skill Group, che si è ispirato alla “trovata” sulla base della quale Giovanni Boccaccio scrisse il suo capolavoro: un gruppo ristretto di persone lascia la città per rifugiarsi sulle colline toscane fuggendo dal flagello della peste.
Oggi i “flagelli” da cui sono scappati, per alcuni giorni, i partecipanti al Decamerone delle idee, prendono la fisionomia di problemi certamente non così drammatici come la peste ma non meno importanti e seri perché investono il futuro dell’economia, dell’Europa, il rapporto tra le generazioni, l’uso delle tecnologie.
Ne abbiamo parlato con Fabrizio Planta, che però ciha tenuto a precisare che egli parla come partecipante al Decamerone delle idee e non con l’ufficialità della carica che riveste all’ESMA.
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Direttore, lei ha partecipato al Decamerone delle idee giorni fa. Quali impressioni ha ricavato da questi incontri? Cosa pensa di questa formula?
“Debbo anzitutto sottolineare che Andrea Camaiora è stato bravissimo nel mettere insieme persone diverse, con specifici profili professionali e culturali. La discussione è stata di elevato livello, abbiamo affrontato temi di varia natura: il tema delle leadership, il rapporto intergenerazionale, l’innovazione tecnologica, la competitività dell’Europa. C’è stato tra gli altri il contributo dell’imprenditore Stefano Camaiora che ci ha relazionato sui rapporti commerciali con aree internazionali come l’America latina, dove lui vive e lavora.
Non mi dilungo su altri. Quel che posso dire è che ho ricavato da queste quattro giornate un’ottima impressione e credo proprio che la formula di questo confronto vada mantenuta e proseguita”.
Chi ha partecipato al Decamerone delle idee, rifugiandosi sulle colline piemontesi, ha avuto il comune intento di, usiamo questa espressione, tastare il polso all’attuale tempo storico e ai problemi che lo affliggono. Se dovesse fare una sintetica lista delle questioni cruciali di oggi?
“La lista sarebbe lunga. Vaste programme, direbbe oggi il generale De Gaulle. Ne indico alcuni: l’uso delle nuove tecnologie e l’insieme delle criticità che esso comporta sotto vari profili, cominciando da quelli legali; la competitività dell’Europa, un terreno in cui l’Ue deve attrezzarsi per affrontare le sfide globali; la gender equality, il futuro delle generazioni e il dialogo tra le generazioni”.
Tra i problemi che lei ha indicato ce n’è uno cruciale che riguarda la inattuata integrazione dell’Europa (politica estera, mercato unico, difesa). Ma soprattutto la sua capacità di essere competitiva. Cosa ci dice su questo punto?
“L’Unione europea dovrebbe avere il coraggio di rendersi conto che c’è bisogno di più progetti comuni e di una visione comune, al di là delle crisi”.
E cioè?
“Tutte le grandi riforme, purtroppo, le misure più coraggiose sono state prese sotto l’incalzare e l’urgenza delle crisi: del Covid, crisi dei titoli bancari. La crisi del Covid, per fare un esempio, ha portato a rompere quello che prima era un tabù, cioè ad avere un debito comune, e abbiamo avuto i fondi per la generation eu. In altre parole, bisogna uscire dalla logica emergenziale, non bisogna aspettare, per muoversi, che arrivi una crisi. Perciò prima parlavo della necessità di avere una visione, di progettare soluzioni strutturali non legate o necessitate da crisi contingenti”.
In particolare a cosa pensa, direttore?
“Alla creazione di strumenti comuni europei. Alla difesa comune, che va finanziata. Penso al debito comune. Osservo che il Pnrr alla fine è andato a finanziare non grandi progetti. Occorre prendere lo spunto dai consorzi europei: quelli funzionano, consorzi come l’Airbus, per esempio. Bisognerebbe estendere questo modello, che funziona, anche ad altri settori. Su alcuni settori siamo già in ritardo, rispetto a Usa e Cina, ma su altri siamo ancora in tempo per progettare: penso all’intelligenza artificiale. Possiamo colmare questo gap, ma come finanziamo i progetti per superarlo? Qui viene fuori il discorso del mercato unico, del mercato dei capitali. Investimenti e risparmio, non ricorrere sempre al debito pubblico. Andiamo a rivedere le strutture di mercato che non possono essere frammentate come sono oggi. Occorrono regole di competitività in forza delle quali il mercato europeo deve essere organizzato come parte del commercio globale”.
Veniamo ora ad altri temi su cui lei è autorevole voce. Il caso Commerzbank. Ricordiamo con pochi cenni la questione: Unicredit ha comprato una quota della banca tedesca, in Germania si sono stracciati le vesti, protestando contro questa ‘’invasione di campo’’. Alla faccia dell’integrazione dell’Europa. Come dire? Ognuno deve comandare in casa sua. Ci può dire cosa pensa di questo caso francamente deprimente per lo spirito europeo?
“È un film già visto. Ogni Stato membro alza le barriere Quel che conforta è che le istituzioni europee hanno detto che c’è una soluzione di mercato. Sono fiducioso che l’Unione europea faccia valere principi che sono stati adottati, indipendentemente da chi c’è in ballo”.
Direttore, un’ultima domanda: Produzione e mercato europeo dell’auto in crisi. Giorni fa nel Parlamento italiano, preciso italiano visto che Lei sta la maggior parte delle giornate a Parigi, c’è stato un durissimo confronto, ma diciamo pure uno scontro, tra i dirigenti di Stellantis (Carlo Tavares, A.d. del Gruppo automobilistico) che, come ha fatto la Fiat per 70 anni, ha bussato a denari. Ma tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, hanno risposto picche. E chiedono un piano industriale. Ci può dire la sua opinione?
“È un settore di cui non mi occupo. Non ho cose particolari da dire. La mia opinione sarebbe uguale a una conversazione fatta al bar. Perciò mi astengo”.
Mario Nanni – Direttore editoriale