Covid e Grandi Elettori, il virus influenzerà l’elezione del Presidente della Repubblica? Ipotesi e rischi: rispondono Armaroli, Ceccanti, Cecili

Il prossimo Presidente della Repubblica sarà il primo a essere eletto durante una pandemia, nel pieno della quarta ondata di contagi. Il giorno fissato per la prima votazione è infatti il 24 gennaio, momento in cui, secondo il direttore sanitario dell’Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma Francesco Vaia, si dovrebbe raggiungere il picco dei casi.

Il rischio che alcuni dei grandi elettori rimangano contagiati c’è, se non altro per ragioni statistiche. Quale soluzione per garantire la regolarità della votazione?

Lo abbiamo chiesto a Paolo Armaroli, professore ordinario di Diritto pubblico comparato, Stefano Ceccanti, deputato del Partito Democratico e ordinario di Diritto Costituzionale Italiano e Comparato alla Sapienza Università di Roma, e Marco Cecili, già titolare di contratto di insegnamento in Diritto Costituzionale alla LUISS.

Che succede se il 24 gennaio il collegio elettorale perderà grandi elettori causa covid?

Paolo Armaroli:

Se ci sono assenti, e siccome il quorum si riferisce ai componenti, è come se i 2/3 dei componenti nelle prime tre votazioni e la maggioranza assoluta, metà più uno dei componenti, a partire dalla quarta votazione, fossero più alti. Sarà più difficile raggiungere i due quorum.

Stefano Ceccanti:

Dipanare la matassa spetta alla Presidenza della Camera, che dovrebbe fare una previsione realistica sui potenziali assenti.

Marco Cecili:

Precedenti non ce ne sono perché non si è mai votato il Presidente della Repubblica durante una pandemia. Il contagio di un grande elettore non inciderebbe sui numeri, perché il Presidente della Repubblica si elegge sugli aventi diritto, ovvero 1009. Se quindi mancano 300 grandi elettori, non si abbassa il quorum. Ma ciò rende più difficile l’elezione visto che, al quarto scrutinio, ne servono 505. Se si perdono grandi elettori a causa covid, si potrebbe pensare che i componenti dei delegati regionali potrebbero essere sostituiti d’urgenza. Solo loro.

Ma ciò non è pacifico.

Perché adesso i Consigli Regionali sceglieranno al loro interno tre soggetti da inviare, due della maggioranza e uno dell’opposizione. E tra poco devono chiudere, perché devono inviare i nomi tre giorni prima dell’apertura delle votazioni, ovvero il 24.

A trovare una soluzione dovrà essere il Presidente della Camera Roberto Fico. Perché il Parlamento in Seduta Comune è presieduto dal presidente della Camera e dal suo ufficio. Si confronterà con il presidente del Senato, ma si applica il regolamento della Camera. La soluzione non influirà sui numeri necessari, ma sul loro raggiungimento.

 

Qual è il modo migliore per evitare il contagio? Voto a distanza, per fasce orarie o in sedi separate?

Paolo Armaroli:

L’ufficio dei questori e quello di Presidenza si stanno già attrezzando al meglio. Non ci dovrebbero essere problemi perché, seguendo l’ordine di chiamata alfabetico, non ci dovrebbero essere più di 200 grandi elettori contemporaneamente a Montecitorio. Molti meno di quando la Camera dei deputati deve approvare la legge, occasione in cui, in genere, i deputati sono più di 400. Poi, ovviamente, le cabine di voto saranno sanificate e le penne messe in un cestino, disinfettate e cambiate grande elettore per grande elettore. Ci saranno tutte le condizioni igieniche compatibilmente alla situazione attuale.

Stefano Ceccanti:

Spetta alla Presidenza della Camera individuare le soluzioni concrete per far votare più elettori possibile. Esiste il voto a distanza, esiste la possibilità di suddividere le postazioni magari con un percorso riservato a chi è in situazioni problematiche e così via. È però importante la premessa: più ci sono rischi di assenza più dobbiamo innovare.

Marco Cecili:    

Il voto a distanza è stato già escluso da Fico. Anche se potrebbe essere garantito solo per chi è in quarantena o isolamento. Potrebbe essere un modo per evitare che l’avente diritto perda la possibilità di votare. Ma il sistema di votazione più probabile rimane ora quello per fasce orarie. Non vedo invece la possibilità, prospettata dal professor Francesco Clementi, di un voto in sedi separate. Non è, a mio parere, una soluzione percorribile, perché stiamo parlando del Parlamento in seduta comune: è difficile immaginarlo in due posti differenti. Poi c’è il problema di chi guiderebbe l’assemblea. Come si può pensare che il vice presidente della Camera possa condurre la votazione?

 

Si potrebbe prospettare un’elezione lunga?

Paolo Armaroli:

In questo caso ci sarà una votazione al giorno, mentre in passato, in qualche caso, ce ne sono state anche tre. Questo vuol dire che ci saranno più giorni di votazione e che potrebbe durare a lungo, anche perché i partiti non controllano i propri parlamentari. Ognuno farà come crede e il numero dei franchi tiratori sarà considerevole.

Stefano Ceccanti:

Se gli inabilitati a votare fossero più di cento, sarebbe molto più difficile eleggere il Presidente. Perché un conto è trovare 673 voti su 1009 o 505 voti, sempre su 1009, dal quarto scrutinio, un altro trovarli con 900 elettori o anche meno. Per questo tutti, a cominciare dai questori e dalla Presidenza della Camera, dovremmo chiederci a quali soglie potrebbero e dovrebbero scattare regole diverse.

Marco Cecili:

Il rischio c’è. Non sono però dell’idea che si debba votare di fretta perché c’è il Covid. Stiamo parlando di un atto fondamentale per la nostra Repubblica, non si può avere fretta.  L’elezione più lunga è stata quella di Leone al 23esimo scrutinio, nel dicembre del 1971. Potremmo avere un’elezione mediamente più lunga delle altre. Perché in passato si votava due volte al giorno, una al mattino e una il pomeriggio, ora, invece, sembra che si voterà una volta al giorno. Quindi la prima votazione in cui è necessaria la maggioranza assoluta avverrà quattro giorni dopo, e ciò darà più tempo alle forze politiche per il dialogo. Ma potrebbe anche creare isterismi come nel 2013, quando 101 franchi tiratori non permisero l’elezione di Romano Prodi.

Le forze politiche devono prendersi il tempo necessario. Non è la prima volta che si vota in condizioni difficili, nel 1992 l’elezione fu sbloccata dalle stragi mafiose.

Inoltre, se andiamo a considerare il numero di parlamentari che si è contagiato durante i lavori dell’Assemblea, si tratta di numeri bassi. C’è però un altro dubbio. Ci sono almeno due parlamentari no vax, che potrebbero non entrare alla Camera se sarà obbligatorio, come si prospetta, avere il Super Green Pass. Per ora al Parlamento non è richiesto, ma altri organi costituzionali si stanno adattando.

 

*Giornalista

 

 

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