La questione di Taiwan ha ripreso a destare allarme sullo scenario internazionale, con le ultime esercitazioni militari cinesi, e i numeri da record delle incursioni aeree di Pechino nei pressi dell’isola. Le manovre hanno coinvolto tutte le armi dell’esercito e hanno simulato attacchi a Taiwan da terra, dall’aria e dal mare. Sono state una “punizione” di Pechino per l’isola, e hanno “testato pienamente le capacità operative integrate congiunte” dei soldati cinesi, ha sottolineato il portavoce del Comando del Teatro Orientale dell’esercito cinese Li Xi, pochi giorni dopo il discorso del presidente di Taiwan, William Lai Ching-te, in cui il leader dell’isola aveva promesso che Taiwan resisterà al tentativo di annessione da parte della Cina e alle violazioni della sua sovranità.
Vietato dire “status quo”
Nel suo primo intervento per la festa nazionale da leader di Taiwan, Lai ha sottolineato l’importanza di “rafforzare la difesa” e di “stare fianco a fianco con i Paesi democratici”. Taiwan, ha detto, è risoluta nel mantenere la pace, la stabilità e lo status quo (espressione invisa a Pechino) nello Stretto, e la propria determinazione in tal senso rimane inalterata. Parole che non potevano non irritare la Cina, per cui Taiwan è una provincia ribelle destinata alla “riunificazione” (termine non riconosciuto da Taipei che considera quella voluta da Pechino una “unificazione”) con la Repubblica Popolare Cinese, anche attraverso l’uso della forza. Per l’isola, le manovre cinesi sono “irragionevoli” e Taiwan ha sollecitato la Cina a “fermare le provocazioni”.
Le esercitazioni militari sono state denominate Joint Sword 2024B, indicando un follow up delle esercitazioni del maggio scorso. Le Forze Armate cinesi hanno nuovamente accerchiato l’isola e hanno segnato un nuovo record con un’incursione di 153 aerei militari cinesi nei cieli attorno a Taiwan in un solo giorno, 28 dei quali, secondo quanto riferito dal ministero della difesa di Taipei, hanno attraversato la linea mediana nello Stretto, che divide l’isola dalla Repubblica Popolare Cinese e che Pechino dichiara di non riconoscere.
Alle incursioni aeree si sono aggiunte anche le operazioni compiute da quattordici navi da guerra cinesi e da altre 12 navi, tra cui unità della Guardia costiera e altre imbarcazioni militari. Per Pechino Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese e si oppone a ogni forma di contatto tra l’isola e i Paesi che intrattengono relazioni diplomatiche con la Cina.
Obiettivo 2049
I rapporti tra i due lati dello Stretto sono tesi da anni, per il mancato riconoscimento di Taipei del principio dell’unica Cina, che Pechino considera essenziale per le relazioni con l’altro lato dello Stretto. Il presidente cinese, Xi Jinping, ha fatto della questione di Taiwan un punto irrinunciabile della sua leadership ripetendo più volte nel corso degli anni che “la riunificazione si farà”, indicando come data ultima per raggiungere questo obiettivo il 2049, centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese.
L’attuale presidente dell’isola, William Lai, è, invece, noto per le posizioni filo-indipendentiste di Taiwan, ed è visto come un “pericoloso separatista” dalla dirigenza cinese.
Tsai Ing-wen, appello all’Europa
La linea tenuta da Taipei sui rapporti con Pechino non è cambiata rispetto a quella dell’ex presidente Tsai Ing-wen, di cui Lai è stato il numero due fino a maggio scorso. E proprio Tsai, nei giorni scorsi ha perorato la causa di Taiwan in un tour europeo, che la ha portata anche a Bruxelles. Nel suo primo viaggio all’estero da quando ha lasciato la presidenza dell’isola, Tsai ha incontrato alcuni parlamentari europei e ha lanciato il suo messaggio: “Compromettere la propria sovranità e cedere all’aggressione autoritaria non porterà la pace”, ha detto, auspicando che “il parlamento europeo continui a sostenere la partecipazione di Taiwan nei consessi internazionali”.
I nuovi attriti su Taiwan, con il timore dell’apertura di un nuovo fronte, dopo quello ucraino, e il Medio Oriente, giungono a poche settimane dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, e in un clima di crescente tensione tra le due Coree, tra minacce di ricorrere all’arma atomica contro Seul da parte del leader nord-coreano Kim Jong-un, e l’avvertimento della Corea del Sud al giovane dittatore di Pyongyang di porre fine al suo regime.
In questo scenario, Taiwan rimane una delle principali fonti di preoccupazione per Washington.
La preoccupazione di Washington
Gli Stati Uniti hanno espresso “seria preoccupazione” per le mosse di Pechino, che il portavoce del Dipartimento di Stato, Matthew Miller, ha definito “ingiustificate” e “a rischio di escalation”. E alle parole sono seguiti i fatti. Gli Usa hanno continuato a mostrare il loro impegno a fianco di Taiwan, con l’ultimo transito, lunedì, nelle acque dello Stretto di un’unità navale, il cacciatorpediniere a missili tele-guidati Higgins, affiancato da una fregata canadese.
Un’operazione a salvaguardia della libertà di navigazione, come recita il comunicato della Settima Flotta Usa, ma che Pechino considera una “provocazione” che “minaccia la sovranità e la sicurezza della Cina”, ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri, Lin Jian.
Eugenio Buzzetti – Giornalista