Canto del Gallo/23 – Fine del solido. Impero dei numeri

Galileo Galilei e Isacco Newton, ci avevano abituato “male”, dopo

la sberla che in poco tempo aveva fatto fuori l’antropocentrismo e

il terracentrismo, il sole che ci girava intorno e il cielo delle stelle

fisse. Nel senso che il solido era ancora solido e via via, il liquido, il

gassoso, anche se con l’ancoraggio della temperatura, che ne poteva

variare lo stato e la condizioni.

E poi lo spazio, da un luogo all’altro, il tempo, da un’ora all’altra.

 C’era il tuam nescis che era scritto in tutte le torri degli orologi, ma quella riguardava l’ora

della nostra morte e che era l’unico ritardo che non ci dava alcun

fastidio…. Anzi.

Ma poi quel benedetto Einstein, con la sua relatività generale e ristretta, ci ha messo la sua, facendo balbettare lo spazio e il tempo, in uno spazio/tempo di difficilissima comprensione e già, allora, sindromi depressive, rettiliani, terrapiattisti, ravvicinatisti.

Quando Max Plank con la sua fisica quantistica dice: guardati la mano

ti sembra solida….? Sembra… ma nel suo sub atomismo di nucleoni

ed elettroni, è tutto un movimento tanto veloce da creare illusioni, proprio

come il cagnolino al guinzaglio di Balla e il cane a sei zampe della

ex SuperCorte Maggiore, oggi Eni.

Rientrano in gioco e prendono vigore il pgreco 3,14, la “e” di Eulero col suo 2,71, la progressione

di Fibonacci ( 1+1=2 / 2+1= 3 / 3+2=5 / 5+3=8 e così all’infinito) per

non parlare del segmento aureo di Archimede, che è una dimostrazione

ante litteram dell’esistenza di Dio (ma non del Dio, di questo o di quello,

ma Dio = luce e trasparenza; e basta).

Insomma (niente appare per quello che è, niente è per quello che appare) tutto deve essere tradotto in nuova sapienza e rinnovata fede; perché noi non potremmo mai essere così intelligenti, se l’universo non fosse infinitamente intelligente e quindi da ciò l’intuizione di infinito ed eterno (ma evolutivo) l’esigenza di una grande traducibilità, che non vuole  lasciarsi sclerotizzare da contenuti obsoleti, ma mutare e mutarsi continuamente, socraticamente fichitianamente, non permettendo alla morte di fare la padrona della vita.

 

Francesco Gallo Mazzeo – Professore emerito all’ABA di Roma.Docente di Linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive al Pantheon Institute Design & Technology di Roma e Milano

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