Pietre.Parole. Potere
Gorgia da Lentini, sofista, greco, siciliano, conterraneo di Empedocle, il fondatore
della geologia, ma lui con la sua particolarità logologica, sosteneva che non ci
fosse un legame strutturale, tra le parole e le cose, ma solo una pretestualità legata
allo stesso modo di percepire, di vedere, di toccare, di annusare; ipotizzando, così,
dei precisi limiti per la conoscenza, connaturati agli stessi processi mentali, che
portano a fonetizzare in un modo, piuttosto che in un altro, nelle mille e mille
lingue del mondo, con i limiti della traducibilità che tutti conosciamo, per cui possiamo,
per paradosso dire, che i libri non debbano essere tradotti, senza neanche contare che
ognuno poi ritraduce nella propria testa, con le proprie versatilità, ubbie, passioni,
antipatie, avendo consapevolezza che esistono i multilingue ma non i multipensiero
e che ognuno nel fondo più fondo, pensa sempre con la propria lingua madre.
Pensate una Divina Commedia in swahili oppure I Ching in lingua basca, tanto per estremizzare,
ma non troppo… Possiamo in ciò, istituire una scalarità, che mette Gorgia, nell’alveolarità
di Ermete, Eraclito, Spencer, facendo salti temporali che oggi non scandalizzano più
nessuno, nell’era della contemporaneità, che comprime e schiaccia sia esegetica che
ermeneutica, intendendo con essa, non più e non tanto, una diacronia, del moderno più
vicino a noi, ma una affinità elettiva, che transita le cronologie, in una cronicità di concetti
e teoremi che vanno dalla paleontologia, alla antropologia, alla psicologia, alla biologia
evoluzionistica, alla futuribile neuro biologia. Fare ricorso al passato aiuta a sconnettersi
dalla immemoricità dei trovatelli e dalla nebbiosità dei dispersi; aiuta oggi, come sempre.
Ricordo che aiutò Giotto nella querelle tra vecchio (Costantinopoli) e nuovo (Parigi) e gli
fece scegliere ciò che veniva da Polignoto, Zeusi, Parrasio e anche Fabullo, ma questo
è Raffaello in pieno Rinascimento. Si chiama retroterra, se non si riduce a dogmatismo
deleterio o ad auctoritas sclerotica, quello che permette di andare avanti nel sapere,
attraverso una lingua franca, oggi l’inglese, ma senza essere sicuri di niente, nel dubbio
metodico (che è quanto ci rimane di valido, del rovinato impianto concettuale cartesiano)
quello che parte da affermazioni di principio ritenute, ma fino a prova contraria, senza
alcuna forma di assolutismo.
Manteniamo le affermazioni di principio, come un orizzonte
degli eventi oltre cui non sappiamo niente e domina lo sconosciuto, che non è, per definizione, inconoscibile.
Dobbiamo perseguire il vero come itinerario di verità, sapendo che il primo
siamo noi, è umano e la seconda divina e insondabile. Oggi, un oggi sempre più ristretto,verso
un veloce ieri e un fulmineo domani, il rischio è quello del post umano, tutto tecnica e di
un potere assurdo, mostruoso, dove luce e ombra si equivalgono e anche bene e male
possono equivalere.
Ma, io confido in una ragione e un cuore, che premettano ai progressi
della scienza e della tecnica, in tutte le direzioni, un equivalente, se non maggiore, sviluppo
dei principi etici e morali, che facciano, l’uomo più uomo e sempre l’uomo come fine:
Francesco Gallo Mazzeo – Docente emerito ABA di Roma, Docente di linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive in Pantheon Institute Design & Technology di Roma e Milano