Ex segretario generale della Cisl, politico e docente di diritto del lavoro. Raffaele Bonanni, oggi vicepresidente del Comitato promotore del referendum abrogativo della legge elettorale vigente, cioè il cosiddetto Rosatellum,, spiega a Beemagazine perché è importante battersi per un sistema che consenta al cittadino di scegliere i rappresentanti che andranno a sedere in Parlamento.
Non si tratta di tema arido o questione tecnica, spiega l’ex segretario della Cisl, ma ne va della tenuta democratica, economica e sociale del Paese. Alla luce degli scontri di piazza a Parigi all’indomani del voto – con una radicalizzazione dell’offerta politica – il sistema presidenziale alla francese mostra tutte le crepe della Quinta Repubblica e sembra non offrire più uno scudo invincibile per proteggere il mito della governabilità: sarà l’Assemblea legislativa il perno su cui ricostruire le fondamenta del sistema d’oltralpe. L’Italia, viceversa, viaggia controvento e carezza il sogno di approvare la madre di tutte le riforme: il premierato.
Professor Bonanni, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, afferma che ‘la democrazia delle maggioranze è un’insanabile contraddizione’
Secondo me lo dice perché conosce bene quello che si è rivelata la seconda Repubblica: un disastro.
Cioè?
Il sistema politico della prima Repubblica non era privo di difetti, ma si reggeva su una classe dirigente frutto di un cursus honorum capace di selezionare i meritevoli con partiti politici che mantenevano la promessa costituzionale di essere luoghi di partecipazione e formazione.
La cosiddetta seconda Repubblica?
È stata il contrario, animata da quello che io definisco bipolarismo litigioso o coatto: un fraintendimento della democrazia liberale.
Perché fraintendimento?
La democrazia liberale certamente distingue i ruoli di maggioranza e opposizione ma con una consapevolezza chiara: la maggioranza ha bisogno di un’opposizione costruttiva e la minoranza necessita di una maggioranza che le riconosce il ruolo costituzionale di contrappeso.
E invece cosa è accaduto in questa seconda Repubblica?
È successo che chiunque diriga in un dato momento la partita governativa ritiene di poter fare tutto quello ciò vuole
È cronaca dei nostri giorni?!
È già successo con la vicenda dell’autonomia nel 2001. Adesso sta accadendo con l’autonomia differenziata e il premierato, con l’aggravante che si tratta di un vero e proprio scambio tra le forze della maggioranza.
Fratelli d’Italia e Forza Italia sono contrari all’autonomia differenziata
Si sa che non ne condividono l’impostazione
Lei cosa ne pensa?
Si tratta di un’autonomia locale pelosa perché riconosce la sussidiarietà verticale (ndr. il decentramento dell’azione amministrativa dagli organi territoriali superiori a quelli inferiori) ma si scorda completamente di quella orizzontale
Vale a dire l’idea che i bisogni della collettività possano essere soddisfatti dai cittadini stessi, magari in forma associata
Esattamente. Le faccio l’esempio degli asili nido che in Italia sono scarsi: se amassero l’autonomia e l’efficienza della sussidiarietà, permetterebbero ai cittadini di riunirsi in associazioni e consorzi, ottenere grandi sostegni e realizzare gli asili per i loro bambini.
E invece non lo fanno
Esatto. Questo dimostra il fatto – perdoni la durezza dell’espressione – che l’autonomia non è altro che una sorta di pressione dei caciccati presenti in tutte le Regioni italiane, che vogliono il potere e ne bramano sempre di più.
Quale è l’origine di questo male che – per dirla con le parole del costituzionalista Michele Ainis – può essere definita ‘capocrazia’
La radice sta nella crisi del sistema di rappresentanza che colpisce l’organo più qualificato: il Parlamento. Se i segretari di partito sequestrano al cittadino il potere di scegliere i rappresentanti territoriali da mandare in Parlamento, è l’intero albero della Repubblica ad ammalarsi.
Non c’è alcun interesse a che i cittadini partecipino alla vita dei partiti?
I partiti sono diventati comitati elettorali e si sono inariditi. Coloro che sono nominati dai vertici altro non sono che funzionari fedeli al capo e le posizioni apicali non sono scalabili dagli iscritti. I segretari, uomini soli al comando, ambiscono a diventare semidei e non c’è alcuno spazio per l’impegno e l’intelligenza collettiva
È a rischio l’intero impianto costituzionale fondato sulla centralità dei partiti (articolo 49 della Costituzione) che sono – per dirla con le parole di Togliatti – ‘la democrazia che si organizza’
Purtroppo sì. Nel sistema attuale, privati cittadini – sequestrando la libertà di espressione elettorale del cittadino – scalano lo Stato attraverso partiti personali finti e privi di rappresentanza. Il Costituente, che voleva difendere la Repubblica contro alcuni poteri proprio attraverso i partiti e le associazioni del lavoro, mai avrebbe pensato di doverla salvaguardare dai partiti stessi
Ha descritto il sistema feudale
Come nel Medioevo, c’è la piramide feudale: ci sono i signori al vertice e i valvassori locali, i cacicchi, che vengono lasciati liberi di occuparsi dei propri fatti personali gestendo pezzi di potere della Repubblica.
Piccola provocazione: Giorgia Meloni, con la riforma del premierato, chiede di essere eletta direttamente dai cittadini
La cosa curiosa è che lo chieda in una Repubblica parlamentare. Non c’è poi nessuno che le domandi: tu vuoi farti eleggere direttamente, perché non si eleggono direttamente anche i deputati?
La riforma del premierato – le cito l’ex presidente della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri – “è un progetto ispirato a una logica di cumulo autoritario del potere”
Il capo politico dello schieramento che vince – attraverso l’elezione diretta del presidente del Consiglio e una legge elettorale che deve creare una maggioranza a sua immagine e somiglianza- si ritrova in mano due dei tre poteri fondamentali: legislativo e esecutivo. A quel punto è facile fard bingo ed espugnare anche il terzo: quello giudiziario
A quest’ultimo proposito, da giurista faccio notare che il Parlamento elegge, tra gli altri, cinque giudici costituzionali e i membri laici del Consiglio superiore della magistratura
Appunto. In tempi non sospetti il grande scrittore Leonardo Sciascia metteva in guardia sulle commistioni tra i tre poteri dello Stato, perché è da questa commistione che può derivare il fallimento della Repubblica che si trasforma appunto in una ‘democratura’. Io le dirò di più: rischia di trasformarsi in un regime putiniano
Lo stesso Marcello Pera, figura di riferimento di Fratelli d’Italia e padre nobile della svolta istituzionale della Meloni, lamenta che nella riforma del premierato mancano i contrappesi. Faccio anche qui notare: non c’è traccia del famoso statuto delle opposizioni…
Esattamente. Nella prima Repubblica la maggioranza dava all’opposizione una carica dello Stato, ad esempio la presidenza della Camera, perché era conscia dell’importanza della collaborazione con le opposizioni, soprattutto in caso di vicende estreme. Annunciare adesso la riforma del premierato senza alcun contrappeso o garanzia per le minoranze significa o ignoranza istituzionale o peggio volersi far beffe della migliore tradizione politica e costituzionale italiana. Ecco perché è cruciale restituire la scelta dei parlamentari ai cittadini stessi
Seconda provocazione: quello che importa è garantire la governabilità (un mito che va da Spadolini agli ultimi tentativi di riforma)
La governabilità è un falso mito, perché la politica non è un’azienda: si fonda sul consenso e sulla coesione sociale, che si realizzano a propria volta coinvolgendo le persone e rendendole coscienti di non essere numeri anonimi da interpellare solo per fare il tifo o votare.
Quando viene a mancare il consenso, che succede?
Che si chiede sempre più potere, come se non ce ne fosse abbastanza: i proprietari dei partiti fanno quello che vogliono. Abbiamo sindaci sceriffi che hanno cambiato sette volte gli assessori. Al governo fanno il bello e il cattivo tempo: cioè sfornano decreti a ripetizione e non devono rendere conto a nessuno. Poi ci domandiamo perché l’astensionismo supera il 50 per cento, peraltro con un’aggravante
Quale?
Che a non andare a votare è il ceto medio, il motore di ogni aspirazione di un Paese
C’è l’idea che la politica non abbia la forza di cambiare le cose
Una politica priva di consenso e non rappresentativa non ha di certo la forza di cambiare le cose. Non è un caso che siamo diventati la Repubblica dei bonus. Sembra – da questo punto di vista – di assistere a una deriva venezuelana. I capi politici ritengono di supplire all’assenza di partecipazione della popolazione dandole qualcosa in regalo: in questo modo si fanno una cerchia di affezionati, i ‘clientes’ avrebbero detto i romani
Un sistema clientelare
Pericolosissimo, perché non solo trasforma i cittadini in sudditi ma ingabbia le risorse del Paese: nessuno lo dice ma siamo in continua regressione economica e paghiamo quasi cento miliardi di interessi annuali sul debito
Mancano piani economici seri e credibili sia a destra sia a sinistra
La sinistra supplisce agitando la bandiera dei diritti civili, mentre la destra agisce sulla leva della paura:fanno, perdoni la metafora, gli ‘untori moderni’. Tutto questo è il prodotto, anche sotto il profilo economico e sociale, della crisi della rappresentanza
Un Parlamento effettivamente rappresentativo, soprattutto in questo periodo di crisi economica e sociale, potrebbe fungere anche da stanza di compensazione, impedendo che il disagio si sfoghi nelle piazze come spesso vediamo in Francia
Stiamo diventando anche noi così. Qualcuno dice che in Francia i cittadini scendono in piazza perché sono fatti in quel modo: in realtà siamo tutti uguali e ci comportiamo diversamente sulla base delle regole di casa. Faccio notare: in Francia, tanto per stare al nostro, hanno un sistema semipresidenziale
Come procede la raccolta firme per cancellare alcune parti del Rosatellum e riconsegnare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti?
È iniziata: abbiamo poco tempo e pochi mezzi a disposizione. L’ultima truffa è stata non metterci neanche a disposizione la piattaforma pubblica: dobbiamo pagare noi due euro per ogni firma. Abbiamo protestato ma nessuno risponde.
Andrea Persili – Giornalista