Berlusconi e Craxi, affinità e differenze

Dalla volontà di modernizzare l’Italia alla politica estera, condividendo gli stessi nemici. I tanti aspetti ed elementi in comune, ma anche le differenze, di due uomini di governo e di Stato dell’Italia repubblicana richiedono un confronto storico sui punti di vicinanza che i due leader hanno avuto all’interno dello scenario politico italiano.

Nati entrambi sotto la madonnina, li legava una forte amicizia (il segretario del PSI fu anche testimone di nozze del Cavaliere e padrino di Barbara Berlusconi), ma soprattutto l’ambizione di rendere grande l’Italia ed una gran voglia di modernizzare il Paese. L’uno, in modo particolare, propugnando la riforma del sistema istituzionale italiano, l’altro programmando una rivoluzione liberale e ad una riforma fiscale: tutti e due i propositi ebbero scarsa fortuna.

Nessuno dei due alla fine ci riuscirà. Ma della necessità di quelle riforme si discute ancora oggi, sia sul tema del presidenzialismo e della legge elettorale sia sulla necessità di una vera riforma sul fisco.

In politica estera entrambi (pur sottolineando il peso maggiore del segretario socialista sotto questo aspetto) giocarono un ruolo importante: dalla capacità di Bettino Craxi di costruire un profilo italiano in grado di essere leale con gli alleati occidentali, ma senza esserne subalterno, all’equilibrio di Berlusconi nel garantire fedeltà all’alleanza atlantica riuscendo al contempo ad essere vicinissimo a vari autocrati e dittatori come Vladimir Putin,  o Muammar Gheddafi, senza che tale fatto potesse far vacillare il rapporto con gli Usa.

 

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Muammar Gheddafi

 

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Vladimir Putin

 

Tutti e due ebbero, infatti, rapporti delicati con determinati leader stranieri, ma volti in entrambi i casi a garantire all’Occidente un interlocutore credibile, come dimostra la volontà di Craxi di instaurare un dialogo con Arafat e l’amicizia di Berlusconi con Gheddafi, con cui lo stesso Craxi aveva istituito un buon rapporto (casualmente sia l’operazione El Dorado Canyon, sia l’Operazione Unified Protector avvennero rispettivamente sotto i governi a guida Craxi e Berlusconi).

 

Yasser Arafat Fast Facts | CNN

Arafat

 

Inoltre, in ambo i casi l’arrivo di Bettino Craxi e di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi ha significato una novità enorme rispetto alla routine di governo. Il leader del PSI fu infatti il primo socialista a guidare un governo nell’Italia repubblicana, mentre il Cavaliere portò per la prima volta alla guida del Paese un governo di centro-destra, avendo sdoganato la Destra missina e post-fascista con l’endorsement del 1993 nei confronti di Gianfranco Fini per le amministrative di Roma, e dando luogo alla cd. Democrazia dell’alternanza, che proprio Bettino Craxi sin dagli anni Ottanta lavorava per porla in essere, al fine di rompere quello schema di consociativismo, il cui sistema era sicuramente funzionante, ma frenava l’esercizio democratico.

Anche per quanto riguarda i nemici, i due leader, seppur nei tempi e nei modi differenti, condivisero gli stessi antagonisti: in primis, la magistratura.

Come Craxi, anche Berlusconi ebbe, infatti, forti contrasti (potremo dire lotte, battaglie, guerre) con la magistratura, e l’elemento comune fu, appunto, l’accanimento giudiziario che subirono fino all’ultimo giorno della loro vita.

Anche se ovviamente con differenze importanti: il primo per reati tutti collegati al finanziamento illecito ai partiti, il secondo per reati compiuti da imprenditore e uomo d’affari.

Gli altri nemici in comune, seppur in maniera molto diversa, dal momento in cui nel caso di Berlusconi il partito nella sua vecchia concezione storica non esisteva più, furono i comunisti. Il segretario socialista rappresentava un “nemico” interno alla sinistra italiana. Craxi, infatti, che sin da Midas nel 1976, subentrando a De Martino, aveva sostenuto la necessità di allontanare il Partito Socialista dalla concezione di parente povero del PCI, fu nei quasi vent’anni di direzione uno dei bersagli principali del partito di Via delle botteghe oscure, soprattutto dopo la pubblicazione nell’estate del 1978 del “Vangelo Socialista”, che aveva sostituito Marx con Proudhon.

Berlusconi rappresentò, invece, dal 1994 al 2011, l’unico nemico da sconfiggere da parte della sinistra prima post-comunista e poi dai suoi derivati, attraverso una costante demonizzazione ed una costruzione di campagne elettorali incentrate esclusivamente sulla delegittimazione dell’avversario.  In nome di una presunta “superiorità” morale che derivava dalla teoria della “diversità” predicata da Berlinguer, e poi dai suoi epigoni meno talentuosi di lui.

Inoltre, Berlusconi, così come Bettino Craxi sotto al Raphael, subì anche lui la contestazione codarda della folla sotto Palazzo Chigi, che, pur in maniera meno feroce rispetto al famoso 30 aprile 1993, segnò anche in quel caso l’inizio del suo declino politico. Oppure, invece delle monetine gli fu lanciata una statuetta che gli sfregiò il volto.

I due uomini di governo e di Stato furono, infine, entrambi precursori nella personalizzazione della politica. Se infatti, come è noto, storicamente si attribuisce a Berlusconi l’introduzione all’interno dello scenario politico italiano della personalizzazione e della rivoluzione dal punto di vista comunicativo del leader, considerato il primo super leader mediatico di massa, bisogna, tuttavia, ricordare che fu proprio Craxi ad attuare strategie di valorizzazione della figura del leader politico, ponendosi come l’antesignano di quell’interpretazione moderna dell’esercizio della leadership, risultando, inoltre, il primo ad affiancare, nei manifesti elettorali, il suo volto al simbolo del partito.

Furono, tutti e due, anche simbolo della Milano da bere, emblema di un Paese che, uscito dagli anni Settanta dilaniato sia dagli omicidi di mafia sia da quegli anni di piombo in cui l’odio imperversava, voleva ricominciare a vivere e divertirsi e vedeva in Craxi e nel Cavaliere l’alba di un nuovo inizio.

Erano diversi nel carattere. Craxi: schivo, riservato e con una certa timidezza di fondo talora scambiata per arroganza o distanza; gioviale, comunicativo, seduttore Berlusconi. Il secondo indulgeva alle barzellette e alle storielle istruttive, il primo era più incline ai motti e alle battute (spesso citava Mao: l’avvenire è luminoso, ma la strada è a zig-zag; grande è il disordine sotto il cielo, perciò le cose vanno bene; o quando al congresso di Verona del 1984, che aveva osato fischiato Berlinguer egli, invece di smorzare gli animi ci mise del suo dicendo; se non mi sono associato ai fischi, è solo perché non so fischiare. I comunisti non gliel’hanno mai perdonata).

Affinità e differenze anche per il capitolo che riguarda i rapporti con le donne.

Tutti e due le hanno amate, sono stati oggetto di corteggiamento e desiderio. Ma nel caso di Craxi, molti sapevano delle sue conquiste femminili ma le vociferazioni non arrivavano sui giornali; nel caso di Berlusconi sono diventate addirittura rubriche su certi giornali ostili. Questa differenza di trattamento è dovuta probabilmente non solo alla diversità di carattere dei due, ma anche al fatto che Berlusconi era “l’uomo delle tv”.

La scomparsa di Berlusconi chiude una fase politica del nostro Paese, durata trent’anni, in cui il fondatore di Forza Italia ha giocato il ruolo di protagonista, così come il 19 gennaio 2000 si chiuse quel venticinquennio in cui il segretario socialista aveva dominato la scena politica della cosiddetta prima Repubblica.

Quale che sia il giudizio politico su Berlusconi e Craxi, di leader di questo calibro, in grado di incidere nella storia del nostro Paese, non ce ne sono più.

E all’orizzonte non sembra che, nel breve periodo, se ne vedano all’orizzonte. Ma confidiamo nell’astuzia della Storia, che ci riserva anche sorprese.

 

Francesco SpartàGiornalista

 

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