Economia

IA, Bonanni: niente allarmismi, occorre però puntare sulla formazione

Anche nel caso dell’intelligenza artificiale, afferma l’ex Segretario Generale della Cisl, si stanno producendo lo stesso fenomeno di diffidenza e paura accaduto a ogni avvento delle nuove tecnologie. Anche il mondo del lavoro ne potrà guadagnare. Ma occorre un processo di formazione per imparare a saper sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla nuova tecnologia

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Ambiente

Energia, nervo scoperto dell’Italia. Occorre un piano energetico nazionale

Il nervo scoperto italiano mai curato dell’energia,  tema non sufficientemente considerato dai tempi di Mattei, è tornato alla ribalta non per la lungimiranza della politica, dell’intellighenzia, dei media, ma semplicemente perché i prezzi del gas e del petrolio sono arrivati alle stelle per svariate ragioni e sta suscitando pericolosamente inflazione e disagi agli italiani. È accaduto come può capitare ad una persona disordinata: incurante della propria salute, non adottando né prevenzione, sottovalutando i sintomi che pur avverte, né sottoponendosi a diagnosi e dunque a conseguenti terapie, si ritrova in un momento qualsiasi vittima di una crisi grave per la propria incolumità. Questa è nella sostanza la storia sull’energia dei decenni trascorsi: non sono stati fatte previsioni del nostro fabbisogno, né analisi fondate e puntuali delle fonti di approvvigionamento, né programmazione che su questo tema si predispongono per lunghi periodi.  È banale dire che i conflitti nascosti o palesi tra potenze dall’inizio del ‘900 ai giorni nostri sono avvenuti pressoché tutti per accaparrarsi le fonti energetiche come condizione strategica per la propria supremazia o sopravvivenza, ed invece nel nostro Paese la questione è stata trascurata per mancanza di coraggio, perché tema faticoso, poco redditizio nel mercato elettorale, oppure per sudditanza agli Stati potenti, o persino per ragioni peggiori, la negligenza ha superato ogni limite.  Insomma su questo argomento, si è vista la peggiore Italietta incurante essa stessa dei suoi più prossimi interessi civili ed industriali, datosi che la sicurezza degli approvvigionamenti, la minore esposizione all’inquinamento, e costi morigerati, sono i requisiti principali per chi ha un minimo di buon senso.  Si vuole sperare che giunti come siamo alle attuali condizioni di grave precarietà nelle forniture e di costi esorbitanti per le bollette di aziende e famiglie, si apra finalmente una fase di ripensamento e programmazione, sollecitati dal PNRR e dalle indicazioni

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Economia

Solo un nuovo contratto sociale ci potrà salvare. Costruendo la Repubblica dei diritti forti e dei forti doveri

Il nostro Paese non cresce da un quarto di secolo. Lo sottolineano tutti gli indicatori economici da tempi ormai lontani, tant’è che con lentezza il degrado cresce inesorabile. Nei diversi dissesti subiti dall’economia mondiale, abbiamo di volta in volta accumulato i pesi conseguenti, ma senza smaltirli, come è invece accaduto in ogni altro paese industrializzato nostro concorrente. Questa condizione ha influito sulle condizioni economiche di vita dei lavoratori e del ceto medio e ben presto si è sviluppato malessere, da cui sono originati altri preoccupanti problemi. Si sa, il motore di un Paese risiede in gran parte nella intraprendenza del ceto medio, dei lavoratori dipendenti ed autonomi. Essi rappresentano la spinta vitale per l’economia, a ragione della loro innata volontà di promuoversi nel benessere, di scalare l’ascensore sociale. Ma l’Italia arranca e se dovessimo enumerare i principali fattori che pesano sulla competitività, si potrebbero ricordare: l’energia con costi maggiori che vanno da 20 al 30% a causa di scelte sventurate di una decina di anni fa che ci ha esposti gravemente; il carico fiscale altissimo per gli investimenti, ingiustificabile per inefficienza e scarsezza di servizi; la giustizia amministrativa lenta e farraginosa; la pubblica amministrazione che solitamente osteggia in vario modo ogni attività di intrapresa significativa; l’education slegata dalle esigenze delle produzioni; carenti infrastrutture e scadente logistica, insufficiente cultura digitale ed infrastrutture immateriali. Insomma la consapevolezza di come procurarci benessere e quote sufficienti di mercato internazionale, appare più che lontana dalle preoccupazioni; altre sono le priorità della politica in genere. Ci comportiamo come se avessimo acquisito il nostro benessere al riparo da doveri e coerenze necessarie per conservarlo. La somma di queste stranezze hanno messo a soqquadro l’Italia e ne ha fiaccato buona parte del suo potenziale produttivo. Il Piano Nazionale Ripresa Resilienza si presenta come unica occasione  per riavviarci ad

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