Cultura

I libri nella società della disinformazione | La testimonianza di un editore

Viviamo in un’epoca di pensiero debole. Non nel senso teorizzato da Gianni Vattimo e neanche perché manchino pensatori, intellettuali, scrittori capaci di affermare con originalità nuove idee. Il pensiero è debole perché è debole la sua capacità di imporsi, essere discusso e recepito nella società contemporanea. Il pensiero è debole ma le opinioni sono forti. Questo è avvenuto in anni recenti attraverso il radicale cambiamento nella percezione da parte dell’opinione pubblica del ruolo degli esperti e degli intellettuali, percezione via via divenuta più negativa fino a trasformarsi in vera e propria ostilità. Nella società contemporanea quasi tutti hanno un’opinione forte da affermare, magari priva di qualunque fondamento logico e scientifico. Ma così è. Si tratta del portato della società senza competenze (raccontata da Tom Nichols nel bel libro La conoscenza e i suoi nemici) e della società della disinformazione (teorizzata da Mario Caligiuri). Un numero sempre crescente di persone comuni è convinta di essere più e meglio informata e competente degli esperti. Il caso dei no-vax credo ne sia l’esemplificazione più lampante. A questo processo ha molto contribuito il web, con i filtri poco affidabili sulla qualità dell’informazione e con gli algoritmi e le bolle che rafforzano sempre di più le convinzioni personali e non propongono mai il confronto delle idee e il pensiero dissonante rispetto alle convinzioni individuali e ai conformismi. Il digitale ci studia, ci profila e ci offre solo ciò che ci piace. Attraverso gli algoritmi di raccomandazione ci viene mostrato solo ciò che è conforme ai nostri gusti. Le nostre preferenze tendono così a consolidarsi attorno a ciò che già conosciamo, replicando schemi, contenuti e prodotti che non ci aiutano a imbatterci in idee nuove e dissonanti. E così si resta prigionieri delle bolle. Questo spiega molte cose della società contemporanea. L’aggressività individuale quando si entra

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