Renato Mosca De Souza (Ambasciatore del Brasile in Italia), “Lula a Mosca? Dobbiamo dialogare con tutti”

Multilateralismo, rapporto tra Brasile e Italia, ruolo del Papa, e della Russia. La ricetta brasiliana contro il disordine mondiale secondo l’ambasciatore Renato Mosca De Souza

Renato Mosca De Souza, ambasciatore del Brasile in Italia è intervenuto all’Università Unimarconi nel quadro del ciclo di conferenze “Il Mondo Nuovo” organizzato dall’Associazione Guido Carli. In un momento storico in cui la «comunione di valori tra l’Europa e l’America Latina e tra Italia e Brasile, potrebbe contribuire a creare dal disordine un maggiore ordine», ha esordito Federico Carli, presidente dell’Associazione, il dialogo tra i due paesi è quantomai necessario.
Due le sfide da affrontare che l’ambasciatore Mosca ha segnalato come urgenti: l’attacco al «multilateralismo, dove tutti i paesi sono uguali, pilastro dell’ordine internazionale» e «l’indebolimento del mercato globale e delle relazioni commerciali che sono la base dello sviluppo e di un sistema di scambi libero e giusto». Difronte al contesto attuale «il mondo ha perso la multilateralità e le Nazioni Unite risultano inattive» ha affermato l’ambasciatore. Ci troviamo in una situazione paradossale, in cui «l’attacco al multilateralismo parte dal governo degli Stati Uniti, il paese che lo ha plasmato». Per contrastare l’esasperazione di logiche competitive che può frammentare l’ordine internazionale è fondamentale raggiungere la pace per promuovere lo sviluppo sociale e combattere le disuguaglianze. Tra le emergenze il contrasto alla fame nel mondo e alla crisi climatica «urgente e reale». Dopo oltre vent’anni di negoziati, nel dicembre 2024, è stato siglato l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Mercosur che prevede di liberalizzare progressivamente il 90% delle importazioni di beni industriali dall’Ue e il 93% dei prodotti agricoli, allo scopo di ridurre i dazi, promuovere il commercio e gli investimenti e aumentare la competitività industriale. «Quando si lavora per un commercio libero e giusto, la possibilità di avere guadagni comuni è sempre più vasta» ha affermato Mosca.

 

Ambasciatore, di recente lei ha espresso preoccupazione per il provvedimento del governo che modifica la legge per ottenere la cittadinanza italiana. Quali problemi derivano da questo decreto e quali iniziative intende assumere per tutelare i brasiliani che desiderano stabilirsi in Italia?

È una misura del governo italiano che dobbiamo ovviamente rispettare. Tuttavia ritengo che l’approccio non sia il più corretto. Innanzitutto non si tratta di emigrazione, ma di mobilità. Non è un’invasione. L’anno scorso più di 100.000 italiani sono emigrati dall’Italia per andare a lavorare in altri paesi. Perché brasiliani, cileni e argentini non dovrebbero poter venire a studiare e a lavorare in Italia? Il paese ha bisogno di questa gente. Sono persone spesso qualificate, in grado di adattarsi totalmente ai costumi della società italiana. Abbiamo lingue vicine, stessi valori e stessi principi. Dietro la concessione della cittadinanza è sorto, è vero, un commercio. Tutto questo va fermato. Le agenzie portano i cittadini brasiliani nei comuni per ottenere il riconoscimento della cittadinanza. Siamo a conoscenza del problema e dobbiamo arginarlo per poter garantire che tramite i consolati venga seguita la corretta procedura, come era in passato. Lo Ius sanguinis in Italia è un principio riconosciuto fin dal Risorgimento. Un brasiliano che ha antenati italiani già nasce con la cittadinanza, con il diritto di essere italiano. Bisogna capire quale sia il suo legame con l’Italia e se intende o meno andare in Italia per dare un contributo al paese e alla sua economia. Non siamo stranieri che vengono in Italia per creare problemi. Al contrario, veniamo per creare una vita nuova, come gli italiani hanno fatto in passato.

Il Brasile è il Paese con il maggior numero di cattolici. Eppure il protestantesimo è in rapida ascesa. Nel 1990 i templi evangelici erano 17.033, nel 2019 i templi aumentano in Brasile del 543%, arrivando a 109.560. Pensa che l’elezione del nuovo pontefice di Chicago, molto legato al Perù e sensibile ai problemi del Sudamerica potrebbe invertire questa tendenza?

L’elezione di Leone XIV è stata una grande soddisfazione, perché credo continuerà il lavoro di papa Francesco: guidare la gente e preoccuparsi dei suoi problemi. Papa Francesco aveva già intrapreso questo cammino tra i latino-americani. Penso che il nuovo papa, che ha vissuto in Perù, possa continuare il suo progetto di una chiesa insieme alla gente e vicina alla gente. La chiesa non può essere chiusa a Roma, deve cercare i cattolici dove vivono. Abbiamo bisogno di questo.

Lei è cattolico?

Sì. Sono di famiglia cattolica. Penso che il diffondersi della chiesa evangelica sia dovuto al fatto che la Chiesa ha perso, negli ultimi decenni, il contatto con il popolo. E proprio per questo la Chiesa si è resa conto dell’importanza di essere di nuovo vicina alla gente.

Il presidente Lula ha stabilito l’obiettivo di salvare la foresta amazzonica bloccando la deforestazione illegale entro il 2030. Ad oggi quali risultati sono stati raggiunti?

Tra il 2023 e il 2024 abbiamo ridotto del 50% la deforestazione. È ancora un problema a cui lavoriamo costantemente. Il governo precedente non se ne preoccupava. Sono dati che mostrano la differenza di avere un presidente attento alle tematiche ambientali alla guida del paese.

Considerando gli alti dazi imposti dagli Stati Uniti, in che modo il Brasile e il Sudamerica possono rappresentare per l’Europa e l’Italia un’alternativa commerciale agli Usa?

Non siamo soltanto un’alternativa, siamo un partner storico e affidabile. Ma oggi il nostro primo partner economico e commerciale è la Cina. L’Europa viene dopo. Al terzo posto gli Stati Uniti. Venti anni fa al primo posto c’erano gli Usa. Pensiamo che sia arrivato il momento che l’Europa riconosca l’importanza di avere come partner l’America Latina. Dobbiamo lavorare ogni giorno per accrescere questa partnership. 

Di recente lei ha ribadito l’importanza del dialogo con tutti i paesi e della «difesa intransigente della pace, dello sviluppo e della solidarietà tra i popoli». Come sta agendo il governo brasiliano per promuovere la pace in Ucraina e nella Striscia di Gaza?

Sin dall’inizio il presidente Lula ha fatto molte dichiarazioni che hanno attirato numerose critiche. Nel caso della guerra in Ucraina, aveva affermato la necessità della pace, ma aveva anche sostenuto che entrambe le parti avrebbero dovuto sedersi al tavolo per negoziarla. Allora c’era chi diceva che la Russia, che aveva invaso l’Ucraina, non aveva diritto a sedersi a quel tavolo. Per quanto riguarda il conflitto nella Striscia di Gaza, il presidente ha sostenuto sin dall’inizio che si trattava di un genocidio. Fu molto criticato dalla stampa mondiale, ma un anno dopo si parla apertamente di genocidio della popolazione di Gaza. In questa settimana il presidente Lula è andato in Russia a parlare con Putin per trovare un modo di mettere fine alla guerra. Siamo ottimisti riguardo all’incontro del 15 maggio. Crediamo si possa arrivare a un punto di accordo, perché alla fine, con la guerra, è la gente che soffre.

La presenza di Lula a Mosca ha destato preoccupazione in Europa

Non capiamo perché. Lula è andato in un paese che ha sacrificato 25 milioni di persone. Soldati morti per liberare l’Europa dal nazifascismo. La Russia ha dato il contributo più importante per liberare l’Europa. Ovviamente c’erano gli alleati. Gli Stati Uniti, l’Inghilterra e anche il Brasile. Il presidente è andato lì perché crediamo veramente nella possibilità di un accordo, che chiediamo con forza, perché vogliamo stare insieme all’Europa. Lula è andato in Russia perché il Brasile ha una politica estera universale e pensiamo che dobbiamo dialogare, parlare con tutti.

Giulia Maria Giuffra

Previous slide
Next slide
Previous slide
Next slide
Previous slide
Next slide