Come sarebbe il nostro mondo se dalla Grande Guerra ad oggi fossero stati ascoltati gli appelli dei Papi contro la guerra?
È l’interrogativo che mi sono posto raccogliendo i loro richiami alla pace dalla metà dell’Ottocento fino ad oggi. Sono dodici papi, da Pio IX fino a papa Francesco. E Vedendoli riuniti in un solo testo colpisce l’assoluta coerenza delle loro parole e iniziative, ispirate non solo dal profondo senso religioso della loro fede cristiana ma anche da una partecipazione appassionata alle vicende del proprio tempo.
Nel pensare al titolo di questo libro mi sono chiesto se usare il singolare o il plurale: “la voce o le voci” di dodici Papi? Raccogliendo i loro documenti non ho avuto dubbi: si è trattato e si tratta di una sola voce, anzi di un unico “grido” che purtroppo è rimasto inascoltato in tutto l’arco di tempo che abbiamo preso in esame.
Si tratta di un periodo che, come detto, prende le mosse dalla figura di Pio IX il cui lungo pontificato, dal 1844 al 1878, ha coperto il grande evento dell’Unità d’Italia e quindi anche della caduta del potere temporale pontificio. Un suo documento molto significativo fu la “Locuzione” del 29 aprile 1848 che testimonia tutto il travaglio di questo papa che è stato pienamente consapevole dei punti estremi dell’opinione pubblica di allora, divisa tra quanti all’inizio auspicarono addirittura che egli stesso si mettesse a capo dei moti per l’unità d’Italia, e quanti successivamente lo considerarono la massima espressione delle posizioni reazionarie e conservatrici. Quel documento ben testimonia anche la sofferenza personale di un’autorità religiosa gettata nel vortice di un cambiamento epocale. E dimostra nel contempo come in quel turbine di eventi e di passioni egli abbia saputo sempre tenere ben fissa la barra del timone della Chiesa orientandola verso l’orizzonte della pace e di una convivenza civile volta al il rispetto della persona umana.
Il piano di pace di Benedetto XV per fermare la Grande Guerra
Tra i suoi successori, merita particolare attenzione la figura di Benedetto XV che si è strenuamente battuto senza successo contro le carneficine della Prima Guerra Mondiale. Pio XI regnerà a sua volta nel periodo tempestoso della nascita del fascismo e del nazismo. Con il primo cercherà di trovare un ragionevole accordo attraverso la sottoscrizione dei Patti Lateranensi, del secondo esprimerà la condanna con l’enciclica “Mit Brennender Sorge” indirizzata ai vescovi tedeschi. Due documenti che non saneranno l’inconciliabilità dell’esperienza cristiana con quei regimi. Lasciando al suo successore Pio XII la tremenda eredità di far navigare la Chiesa nel periodo più tragico del ‘900, quello della Seconda Guerra Mondiale, con tutti i travagli, i lutti e anche le polemiche che ha portato con sé.
Fino ad arrivare a due figure chiave, Giovanni XXIII, il papa della “Pacem in Terris” e del Concilio Vaticano II, e Paolo VI con la sua invocazione dalla massima cattedra mondiale, quella dell’ONU, “Jamais plus la guerre, jamais plus la guerre”. Né si può dimenticare la sua “Lettera alle Brigate Rosse” in cui la forza dell’amicizia ha prevalso sulle prudenze della diplomazia, in nome della sacralità della vita umana.
Dopo la breve parentesi di Papa Luciani, Giovanni Paolo I, il 16 ottobre 1978 si affacciava dalla loggia centrale di San Pietro il “papa polacco”, Giovanni Paolo II che regnerà per ben 28 anni anche con momenti molto difficili, compreso l’attentato di cui è rimasto vittima e che ha fatto temere per la sua vita. Il suo grande contributo alla pace è ancora tutto da esplorare da parte degli storici, ma presenta un indiscutibile punto di evidenza nella caduta del muro di Berlino del 1989 e nella conseguente crisi dell’impero sovietico, eventi realizzatisi potremmo dire miracolosamente senza che venisse versata neppure una goccia di sangue. Né si può dimenticare il discorso di Benedetto XVI in cui ha sottolineato che in ogni conflitto accanto alle cause materiali, economiche, territoriali e sociali, c’è sempre un elemento Immateriale, come forti sentimenti negativi come pregiudizi collettivi, in una parola “odio”, proprio come nel caso dell’Ucraina, con l’irriducibile ostilità di Putin verso l’ “Occidente”.
Il dolore delle madri dei caduti
Gli interventi di Papa Francesco a favore della pace e di condanna della guerra, specie dopo l’invasione dell’Ucraina, sono così frequenti e vigorosi da non dover essere ulteriormente sottolineati. Alcuni punti chiave devono però essere messi in evidenza. Fin dall’inizio del suo pontificato egli ha colto il quadro complessivo delle sofferenze del pianeta, cercando di scuotere sia i fedeli che l’opinione pubblica occidentale dall’indifferenza indotta dall’apparente benessere. È lì che nasce il suo “slogan” sulla guerra mondiale a pezzi, in un mosaico che purtroppo col passare del tempo si infittisce di ulteriori conflitti. L’ultimo inventario di questa tragica realtà lo ha formulato nella Benedizione Urbi et Orbi del giorno di Natale del 2022, nonché nel discorso al Corpo Diplomatico del 9 gennaio 2023. E non ha mancato di richiamare il grande dolore delle madri dei caduti su tutti i fronti.
Una seconda tragica consapevolezza espressa da Francesco è che proprio in Europa si sia sviluppato un conflitto tutto all’interno del mondo cristiano. In un saggio intitolato “Putin e la maledizione di Costatino” lo scrittore triestino Paolo Rumiz rievoca un episodio del 4 maggio 2013 in cui Putin bacia il patriarca di Mosca Kirill, “che lo sovrasta di una ventina di centimetri col la sua mitria e lo avviluppa con la barba bianca e il manto carico di ori”, dimostrando così la “deferenza del potere imperiale nei confronti dell’autorità religiosa”. Caduta l’ideologia comunista, la Russia aveva bisogno di quell’investitura per giustificare il suo delirio di grandezza, come ha sottolineato nella sua ultima intervista video il politico e letterato Gerardo Bianco prima di lasciarci. E questo spiega anche la difficoltà del Papa a farsi promotore di pace quando viene descritto come avversario in un conflitto che è anche una guerra di religione.
Quale bilancio?
È possibile trarre un bilancio degli sforzi dei Papi per la pace e contro la guerra? Il loro impegno è stato coerente e inequivocabile. I risultati purtroppo contraddittori. Ricordiamo alcuni insuccessi, come quelli di Benedetto XV che nel 1917 si era spinto a proporre un concreto piano di pace alle grandi potenze che non gli dettero neppure risposta. Oppure Giovanni Paolo II che scongiurò l’inizio delle due Guerre del Golfo, del 1991 e del 2004 senza successo, lui che aveva fatto crollare pacificamente il Muro di Berlino.
Ma in altri casi quelle parole scossero le coscienze, come quando Giovanni XXIII contribuì a far fermare da Krusciov il convoglio di navi che portava i missili a Cuba, scongiurando un conflitto nucleare. Una cosa rimane sicura: tutti questi grandi personaggi hanno pregato e hanno fatto pregare tanto per la pace. E questo ha un grande effetto anche se non appartiene alla “cose visibili” ma alle “cose invisibili”.
Gianpiero Gamaleri – Professore ordinario di “Sociologia dei processi culturali e comunicativi” già alla Sapienza e a Roma Tre e attualmente docente di “Linguaggio dei nuovi media” all’Università Telematica Uninettuno, nonché visiting professor all’Università Pontificia della Santa Croce. E’ stato consigliere di amministrazione della Rai, della Triennale di Milano e del Centro Televisivo Vaticano. Ha introdotto in Italia il pensiero di McLuhan e di Postman. Ha scritto tra l’altro tre raccolte delle omelie di Papa Francesco.