In un clima di forte preoccupazione per le “magnifiche sorti e progressive” delle nuove generazioni in balia della rivoluzione digitale, nei giorni scorsi nella sala Caduti di Nassirya del Senato è stato presentato l’intergruppo parlamentare “Scrivere a mano e leggere su carta nell’era del digitale”.
Il progetto multipartitico nasce con l’intento di incoraggiare la pratica della scrittura corsiva a mano e della lettura su carta nell’istruzione dei giovanissimi. “È una battaglia per il futuro”, ha detto il senatore di Fratelli d’Italia Sergio Rastrelli, “stiamo oltrepassando una soglia oltre la quale c’è l’arretramento culturale”.
L’emergenza culturale di un mondo in mutamento
“A causa di un abuso di tecnologia digitale social, di smartphone e videogiochi, tutti gli indicatori ci dicono che il quoziente intellettivo, la capacità di analisi e la concentrazione dei giovani si stanno progressivamente erodendo”, ha detto il segretario generale della Fondazione Einaudi Andrea Cangini, che già nel 2022 associava lo smartphone alla cocaina. Un’emergenza fortunatamente ridimensionata dagli studi di Howard Gardner e dalla teoria delle intelligenze multiple, che però negli ultimi anni non cessa di creare preoccupazione.
La risposta che si è voluta dare con questa iniziativa è chiara: Lavinia Mennuni, senatrice di FdI, ha sottolineato il valore dello scrivere in corsivo e leggere su carta come “abitudini imprescindibili”, da incoraggiare in un sistema scolastico che abusa del digitale, nella convinzione che “la tecnologia applicata all’istruzione produce danni”.
Lo sviluppo dell’intelligenza e dell’identità
Ha partecipato al dibattito il professor Antonio Suppa, del dipartimento di Neuroscienze umane dell’università La Sapienza, che ha mostrato l’estrema complessità biologica dell’atto dello scrivere a mano, basato su un delicato network che coinvolge varie aree del cervello (writing network) con un’importante funzione nello sviluppo cerebrale.
Valeria Angelini, grafologa specializzata in età evolutiva ed educazione del gesto grafico, ha invece sottolineato la componente identitaria della scrittura, evidenziando come questa svolga un ruolo centrale nel primo apprendimento, contribuendo alla definizione dell’Io.
Dispositivi digitali ai più giovani: quando?
Sulla questione è intervenuto anche il presidente dell’Accademia della Crusca, Paolo D’Achille, per rimarcare l’importanza nelle prime fasi della vita di un apprendimento “lento e completo”, veicolato dalla scrittura a mano per meglio interiorizzare le informazioni. “Nella Silicon Valley – ha affermato – impediscono l’uso del cellulare ai ragazzi fino all’adolescenza”.
Sulla questione è ritornato Andrea Cangini, per sottolineare come negli Stati Uniti i figli dei top manager non vengano esposti al digitale prima dei quindici anni. Del resto il fatto che scrivere a mano sia un grande aiuto per la memoria è indubbio e in un’epoca come la nostra, in cui, come ha sottolineato la giornalista Annalisa Terranova, andiamo incontro a un tempo sempre più veloce che ci travolge con un mare di informazioni, ha senza dubbio una funzione fondamentale.