Il progresso mette angoscia, anche se porta tanti doni, tante ricchezze, tante possibilità, che prima non esistevano, oppure erano privilegio di pochi; se non fosse così non si comprenderebbero i tanti reazionarismi che coinvolgono la scienza, l’arte, l’intelligenza, l’intraprendenza, in “favore” di un buon tempo andato, che fa sognare i nostalgici dell’ignoranza, della povertà, che era anche materiale e morale. Dappertutto sorgono complottisti, occultisti, terrapiattisti, che diffidano di tutto e blandiscono la loro “libertà”, che è in realtà un angolo buio di misera, banalità, cattiveria.
Il tutto elargito a larghe mani, con certezze granitiche di aver ragione. Non parliamo, poi della tecnologia che è vista come fosse Scilla e Cariddi, come una mostruosa macchina, che fa ridere in confronto ai telai a vapore di luddistica memoria. Tecnologia di cui si parla male, anche se essa è produttrice di una possibilità di maggiore umanità, con minore fatica, dolore e allontanamento della morte e tutti vogliono tornare ad un biologico, ad un naturale, che quando c’era, portava a tanti fame, carestia, malnutrizione.
Nell’era della cultura di massa, delle enciclopedie (di tutto) online, impera la post verità, che è un relativismo non dettato da un desiderio di conoscenza, ma da una paura di sapere, da una sospensione del giudizio, da una fuga dalla ragione, giudicata un pericolo, mentre viene considerata bella l’emozione, il focolare che fa all’identità un elogio del tradizionalismo, (che è occultismo) scambiato per tradizione (che è illuminismo) che è un vero tradimento, perché essa viene confusa con una ridefinizione identitaria, che è sclerosi, paralisi, nullità.
Si assiste ad un ritorno del miracolismo, delle apparizioni, delle processioni, che va di pari passo con la demonizzazione della città, della metropoli, senza contare che, al netto dell’aumento medio della temperatura, dovuto al fatto che siamo troppi, troppi di numero, intendo, se non ci fosse la cultura delle grandi città, della scienza, della tecnologia, della moda, del bello, non ci sarebbero nemmeno i borghi e le spiagge del relax, da cui appena ieri siamo fuggiti per fame e oggi possiamo tornarci perché alle spalle abbiamo il progresso, la ricerca, che ci garantiscono una vita sempre più vicina al centenario per tutti.
Il principe di Salina, del Gattopardo, quando avverte l’essere vecchio e prossimo alla morte ha quarantatré anni!
Francesco Gallo Mazzeo – Docente emerito ABA di Roma. Docente di Linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive in Pantheon Institute Design & Technology di Roma e Milano