Giurista Simona Viola (+ Europa): insopportabile questo festival di promesse elettorali. La mia sfida: se sarò eletta, richiamerò tutti alle loro false promesse e responsabilità

"Lo Stato di diritto – come la democrazia, come la libertà - non è acquisito una volta per tutte, ma è sempre a rischio. Più che mai attuale l’invocazione di Goethe: più luce e più Europa. E meno Mefistofele, e chi sia oggi Mefistofele lo lascio indovinare ai lettori". L’appello ai giovani: intanto andate a votare. Il Rosatellum, la peggiore legge elettorale di sempre

Avvocato Viola, quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a candidarsi al Parlamento?

La politica per me, fin dagli anni del liceo, è sempre stata una passione e una vocazione, nel senso di Weber. A questo punto della mia vita, anagrafica e professionale, ho pensato che potrebbe diventare anche una professione. Non nel senso deleterio in cui gli Italiani parlano dei politici nei discorsi da bar – salvo poi continuare a votare quei politici, magari per mancanza di alternative – ma nel senso nobile della politica come meccanismo con il quale i cittadini, attraverso la scelta dei loro rappresentanti, fanno le scelte pubbliche davvero importanti. Non è vero che i politici sono tutti uguali, e gli elettori devono essere messi in grado di scegliere le persone migliori e che meglio possono difendere i loro interessi.

Che impressione sta ricavando da questa campagna elettorale?

Purtroppo, niente di nuovo sotto il sole. I candidati salgono sul ring come pugili, per demolire gli avversari, che per principio hanno torto qualunque cosa dicano. Non si ammette mai, come dovrebbe avvenire nelle democrazie mature, che c’è un terreno comune di valori condivisi e di cose che comunque vanno fatte da chiunque vinca. Solo così ci si potrebbe concentrare sulle reali differenze, quelle che qualificano le diverse concezioni politiche.

Ma quello che è davvero insopportabile è il solito, logoro gioco di fare promesse che tutti sanno essere irrealizzabili, ma che si pensa siano utili a vincere le elezioni. Questo vuol dire davvero prendere in giro gli elettori. E il bello è che ognuno accusa gli altri di fare promesse irrealizzabili, e poi si fa la gara a chi le spara più grosse.

E allora io lancio una doppia sfida. Anzitutto, da parte mia io non faccio nessuna promessa irrealizzabile, e sfido chiunque a smentirmi. E soprattutto, userò tutti gli strumenti – e se sarò eletta ne avrò di più incisivi – per richiamare tutti alle loro false promesse e alle loro vere responsabilità.

Uno dei terreni su cui lei si è sempre battuta, anche quando era presidente dell’associazione di giuristi “Italia Stato di diritto”, è appunto quello dei diritti. Le domando: l’Italia è uno Stato di diritto?

Quando, assieme ad amici e colleghi, fondammo l’associazione “Italia Stato di Diritto ” lo facemmo per una forte preoccupazione. Era stato appena costituito il Governo 5 Stelle- Lega, due partiti che avevano basato la loro campagna elettorale su concetti populisti, sovranisti, nazionalisti che a noi sembravano la negazione dei principi su cui si basa lo Stato di diritto. Se lei mi chiede se l’Italia è oggi uno Stato di diritto, la mia risposta non può essere né un netto sì né un netto no.

Non voglio essere catastrofista, e vedo con sgomento che moltissimi Stati ovunque nel mondo stanno peggio di noi, ma non siamo certamente neppure fra i migliori. La cosa davvero importante da tener presente è che lo Stato di diritto – come la democrazia, come la libertà – non è acquisito una volta per tutte, ma è sempre a rischio. Basti pensare alla Polonia, all’Ungheria, che neppure l’ombrello dell’Unione Europea riesce a tenere al riparo da certi rischi. Per non parlare di alcuni aspetti molto preoccupanti degli Stati Uniti di Trump. Per questo dobbiamo sempre essere pronti a combattere per questi valori.

Lei si candida in una formazione, Più Europa, in un Paese di euroscettici o eurotiepidi. In che cosa si dovrebbe esprimere e realizzare questo programma, che pare una invocazione goethiana, più Europa?

Anzitutto voglio far notare che l’euroscetticismo degli Italiani è un fenomeno recente. Per decenni, gli Italiani sono stati fra i più euroentusiasti. I motivi sono troppo complessi per affrontarli qui, ma a mio avviso si tende a dimenticare le molte cose buone, anzi ottime, che l’Unione ha fatto e fa.

Si pensi alla difesa dei diritti. Si pensi alla costruzione di una rete di protezione sociale che, con tutti i suoi difetti, è un esempio per il resto del mondo.

Si pensi agli interventi economici per contrastare la pandemia, e al disastro che avremmo avuto se ogni Paese fosse andato in ordine sparso, inevitabilmente con politiche di beggar-thy-neigbour. C’è ancora molto, moltissimo da fare, ma l’Unione non è quella caricatura che si occupa della lunghezza delle vongole e della curvatura delle banane che ne fanno i suoi nemici.

Nell’Unione c’è una forte carica utopica, e ben venga: è questa che fa andare avanti il mondo. E allora è davvero adatta l’invocazione di Goethe: più luce, più Europa (e meno Mefistofele, e chi sia oggi Mefistofele lo lascio indovinare ai lettori).

 Negli incontri elettorali che sta tenendo, quali umori, sentimenti, lamentele osserva nella gente?

Può sembrare una risposta banale, ma sento voglia di cambiare, di uscire dai vecchi schemi. I cittadini si rendono conto dell’importanza del momento, dei rischi che l’Italia corre. Però le persone che vogliono incontrarmi sono persone già motivate, che non vogliono arrendersi. Io voglio raggiungere anche gli sfiduciati, quelli del “la politica non serve a niente”, “tanto non cambierà mai nulla”. Voglio convincerli che la politica non è, o almeno non è solo, una cosa sporca. E come ci hanno insegnato già gli antichi Greci, della politica non si può fare a meno: se non te ne occupi tu, se ne occuperà qualcun altro al posto tuo. Ma i suoi valori e i suoi interessi non sono gli stessi tuoi. E allora, è meglio se te ne occupi tu stesso.

Il Pd, la sinistra sta contrastando il centrodestra agitando lo spauracchio del fascismo, del pericolo della democrazia. Lei ritiene che una vittoria del centrodestra a trazione Fratelli d’Italia costituisca un pericolo per la democrazia?

Nessuna persona ragionevole pensa al ritorno delle camicie nere e degli inni fascisti. Mi sembra semmai che questa sia una caricatura fatta dalle destre per dare dei cretini agli avversari (e già qui potrebbe squillare un campanello d’allarme su certi metodi).

Ma che una vittoria delle destre costituisca un pericolo per la democrazia lo dicono gli stessi leader della destra, magari non nelle ultime settimane di campagna elettorale, ma nelle loro parole e nei loro comportamenti di anni e anni di vita politica.

La democrazia viene accusata di tecnicismi farraginosi, di lungaggini, di incapacità di prendere decisioni che il “capo” saprebbe prendere in un battibaleno. Troppe volte li abbiamo sentiti disprezzare orgogliosamente la democrazia. Troppe volte li abbiamo visti, ammirati, a braccetto con tiranni come Orbàn e Putin. Troppe volte in piena sintonia con Vox e altri movimenti di estrema destra. Dobbiamo fidarci quando vanno a Cernobbio a épater le bourgeois?

Per la prima volta in 74 anni di Repubblica voteranno i diciottenni, anche per il Senato. Immagini di rivolgere un appello a queste giovani matricole elettorali. Cosa direbbe?

Nel nostro sistema, di bicameralismo quasi perfetto, non mi sembra abbia molta importanza il voto ai diciottenni per il Senato. Semmai, le differenze fra le due Camere sono più dovute ai diversi meccanismi elettorali. Quindi, se mi permette, riformulerei la domanda e mi rivolgerei ai giovani fra i 18 e i 22 anni che, Camera e Senato, votano per la prima volta. Direi loro anzitutto di andare a votare.

Questo voto ha una grande importanza per il futuro dell’Italia, e quindi per il loro futuro. Non lasciatelo nelle mani di altri. E poi, compatibilmente coi vostri impegni di studio, di lavoro e – vivaddio – di amore e di relazioni sociali, provate anche solo poche volte, poche ore, a impegnarvi e a vedere la politica dal di dentro. Potreste scoprire che non è poi così brutta come la dipingono quelli che vogliono tenervene lontani, per poter così continuare a farci gli affari loro.

Quali sono i temi in particolare che lei tratta durante i suoi incontri elettorali?

È molto facile. Primo: diritti. Secondo: diritti. Terzo: diritti.

Tutti i temi specifici sono declinazioni di questo. Debito pubblico, il diritto delle future generazioni di non partire con una enorme zavorra. Aborto e eutanasia, il diritto di scegliere in autonomia la propria vita. Tematiche LGBT, il diritto alla propria sessualità. Problemi ambientali, il diritto alla salute e a lasciare ai posteri un mondo incredibilmente bello come lo è stato per noi. Sistema elettorale, il diritto di scegliere chi ci rappresenta e non lasciare la scelta ai burocrati di partito. Migrazioni, il diritto di chi non è nato dalla parte giusta del mondo di avere almeno una opportunità. Potrei continuare a lungo, ma mi sembra abbastanza chiaro. E senza dimenticare che non ci sono solo i diritti, ci sono anche i doveri di noi cittadini. Se non facciamo – tutti – il nostro dovere, i diritti restano lettera morta.

Guerra in Ucraina, ormai, se non fosse per le conseguenze sull’approvvigionamento energetico, la gente sembra poco interessata se non addirittura indifferente. Secondo lei c’è una via d’uscita?

Sarebbe presuntuoso da parte mia pensare di avere una ricetta per un problema così tremendo. Ma credo che una via di uscita ci sarà – purtroppo, con lacrime sudore e sangue – solo se l’Occidente resterà compatto e non cederà ai ricatti. E ciò comporterà dei sacrifici anche grandi che dovremo essere disposti a fare, come fecero i nostri padri e nonni nella lotta contro il nazismo. Non credo, e voglio sperare che non sia così, che i miei concittadini siano diventati disinteressati e indifferenti, se non per gli effetti del prezzo del gas. Qui è in gioco molto di più del portafogli. È in gioco il diritto di un popolo – oggi uno, domani tanti – alla propria libertà e autonomia. È in gioco il diritto internazionale. E’ in gioco il principio che dopo millenni di storia l’umanità è arrivata faticosamente a stabilire che non conta solo la forza bruta. In una parola, è in gioco il futuro di tutti noi.

 L’Italia sembra avviarsi verso una fase di austerità, dopo quasi 50 anni. L’Italia da sola può affrontare questa emergenza o è necessaria più che mai l’Europa?

La risposta è già insita nella domanda. Faccio notare che, purtroppo, l’austerità non arriva adesso dopo 50 anni di crescita, ma è una dolorosa necessità almeno dalla crisi del 2008, anche se talvolta i nostri partiti hanno fatto finta di non accorgersene, non da ultimo nelle attuali promesse elettorali. E la mancata crescita dell’Italia risale a ben prima, ad oltre 30 anni fa.

Ci sono partiti che in modo irresponsabile hanno parlato di uscita dall’euro se non addirittura dalla Unione Europea. Da laica, rispetto tutte le opinioni e do sempre grande importanza al ruolo del dubbio. Ma in questa occasione, confortata dai fatti e dalle opinioni di tutti gli studiosi autorevoli, mi sia consentito di non avere dubbi. Oggi più che mai è necessaria l’Europa, è necessaria più Europa. Come ho già detto, immaginatevi cosa sarebbe successo in questi ultimi anni senza l’euro, l’Unione e il PNRR.

Ormai il Rosatellum c’è e si vota con queste regole. Ma cosa pensa di una legge elettorale che impedisce all’elettore di scegliere il proprio candidato ma gli permette solo di votare la lista bloccata?

La risposta è molto facile: penso tutto il male possibile. È la peggiore legge elettorale che abbiamo mai avuto, una vera espropriazione dei diritti dell’elettore. Il modo in cui ci si è arrivati è troppo lungo per essere riassunto, ma riguarda non solo la storia politica, ma le patologie schizofreniche. +Europa ha sempre avversato questo sistema ma, con i suoi pochi parlamentari, non ha potuto fare nulla per cambiarlo.

Ma il bello è che, a parole, sono tutti contrari. In realtà fa molto comodo ai capi dei partiti, che possono decidere chi mandare in Parlamento senza tener conto della volontà degli elettori. Poi, come sempre capita in Italia per le riforme che non si vogliono fare, basta dire: Certo, io vorrei, ma sono gli altri che non vogliono. E così tutto continua come prima, e non è mai colpa di nessuno.

Mario Nanni – Direttore editoriale

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