Fenomenologia di un’estate elettorale: presidenzialismo e no

Il presidenzialismo non sarebbe una bestemmia ma un mutamento radicale di sistema che non si può fare con piccoli interventi chirurgici

Il rito elettorale s’è ormai chiuso con la compilazione delle liste: al popolo sovrano solo la scelta del brand, per confermare o scompaginare le previsioni della sondaggiocrazia imperante. Roba che eccita i bookmakers.

Qualche giudice-forse a Berlino?- prima o poi vorrà metterci un occhio a questo furto infinito del diritto di scegliere la rappresentanza che i satrapi di partito continuano a pepetrare indisturbati all’ombra di leggi elettorali liberticide. 

Nel frattempo si fa finta di digrignare i denti per guadagnare, tra una focaccia farcita con birra gelata al Bagno-maria, e una passeggiata di salute nei sentieri montanari ormai assolati pure quelli, l’attenzione del pubblico pagante. Distratto e, al rientro a casa, anche abbastanza incazzato per gli aumenti di bollette e generi dei prima necessità. 

Tra un digrignamento ed una comparsata al meeting dove si sa che battono le mani a tutti, ecco il ritorno del presidenzialismo come tema madre e padre. Un mantra, alla maniera del famigerato taglio dei parlamentari dei Cinque Stelle. 

Chi scrive non è un appassionato di regimi presidenzialistici, però, non è sarebbe onesto annebbiare oltre misura le brume già dense di una politica che lancia slogan senza sapere nè spiegare, levando strali contro, solo per marcare un antagonismo.                                                                  

Cerchiamo, allora, di accendere qualche luce che faccia chiarore a questa buia parola, dunque domandiamoci: che cos’ il presidenzialismo? È una forma di governo presente in paesi democratici, nella forma piena, quella americana, o in quella “parziale”, nota come semipresidenzialismo, presente in Francia. Si caratterizza in entrambi i casi con l’elezione popolare del Capo dello Stato- in via diretta in Francia e attraverso “grandi elettori” scelti dal popolo negli USA. Quanto ai poteri di cui gode il Presidente in America investono direttamente anche l’Esecutivo: Biden, in altri termini, ha i poteri di Mattarella e di Draghi insieme, mentre in Francia Macron, che presiede il Governo, esercita il potere esecutivo in modo “diarchico” dovendo dividerlo con il Capo del governo da lui nominato. 

Se la maggioranza che sostiene l’Esecutivo è la stessa che ha eletto il Presidente della Repubblica francese, tutto fila liscio e Macron sta sereno. Se, invece la maggioranza non gli è favorevole (è più o meno quello che hanno sancito gli elettori francesi con le ultime elezioni), il Presidente si ridimensiona. Chiedo scusa per la brutale semplificazione, ma va più o meno così. In Italia abbiamo una forma di governo parlamentare: il Presidente del Consiglio e il suo governo ricevono la fiducia-revocabile-dal Parlamento e il Capo dello Stato, che viene eletto dal Parlamento, non ha poteri di Governo. Il Presidenzialismo (o il semipresidemnzialismo:non s’è capito ancora bene cosa vuol fare la Destra) può funzionare in Italia sì o no?  

Non sarebbe una bestemmia ma un mutamento radicale di sistema che non si può fare con piccoli interventi chirurgici. Da trent’anni più o meno assistiamo ad una manomissione della Costituzione col metodo “spizzichi e molliche”, senza una visione di riforma organica, in grado di calare le modifiche in un contesto coerente. 

Quando qualcuno ha provato a dare un senso più largo alle revisioni- vedi riforma costituzionale della destra berlusconiana del 2006 e la più recente di Renzi del 2016- il popolo ha bocciato con i referendum. In verità si è proceduto in questi anni a fare le riforme più organiche con le maggioranze che sostenevano il governo, che erano naturalmente partigiane. E le riforme costituzionali non si possono fare così. 

Se la Destra fosse in grado di varare con i propri numeri una riforma in senso presidenzialistico potrebbe- in un Parlamento manomesso nelle sue dimensioni- operare al riparo del voto referendario (se avesse la maggioranza di due terzi, 138 Cost.). Avrebbe dunque senso un accordo oggi tra tutte le forze politiche per eleggere con voto popolare (proporzionale con voto di preferenza!!!) una commissione per la revisione di alcuni aspetti della seconda parte della Costituzione, da sottoporre poi al voto referendario. 

Sarebbe il momento giusto per rimettere in asse l’impianto costituzionale dopo tante sconnesse manomissioni che allegramente si sono approvate con lo strumento dell’art.138 della Costituzione, quasi sempre al servizio delle maggioranze governative. Un patto costituzionale, dopo 74 anni, tra i nuovi soggetti politici, ormai neanche più parenti prossimi dei partiti del CNL, e il popolo italiano.

 

Pino Pisicchio – Professore ordinario di Diritto pubblico comparato, già deputato di varie legislature e presidente del Gruppo Misto

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