Voci parlamentari. On. Federico Conte: “È stata una legislatura travagliata e complessa”

Prosegue l’ascolto di BeeMagazine delle “voci” di singoli parlamentari che ci illustrano il loro impegno legislativo e rispondono ad alcune domande sulle prospettive della prossima legislatura. L’onorevole Federico Conte è deputato di Articolo Uno nonché segretario della Commissione Giustizia e dal 16 marzo 2022 componente della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie.

Parliamo un po’ del suo lavoro parlamentare. Lei a Montecitorio è noto per la sua assidua presenza e l’impegno. Che bilancio si sente di dare di questa esperienza?

È stata una legislatura molto complessa e travagliata. Il risultato elettorale non diede, nel 2018, un esito netto in termini di maggioranze parlamentari. Il primo governo nacque il primo giugno, tre mesi dopo il voto del 4 marzo, e i lavori parlamentari sono iniziati a rilento. Poi varie crisi, e su tutto il tema della pandemia, che ha cambiato l’agenda, anche i ritmi stessi del lavoro parlamentare. Mi ritengo tuttavia soddisfatto della mia esperienza personale. Era la mia prima volta, ho dovuto prendere confidenza con il ruolo e le prerogative ma sono soddisfatto del lavoro svolto principalmente sui temi della Giustizia, nella II commissione, su quelli economici, in particolar modo per il Mezzogiorno, e poi sulla rappresentanza del mio territorio, facendomi carico di portare alla Camera la voce, le istanze, dei tanti Comuni del Salernitano che avevano problemi, progetti, idee, questioni su cui farsi sentire.

Ci sono aspetti del funzionamento del Parlamento, del lavoro parlamentare che suscitano la sua perplessità?

A volte si ha la sensazione di una distanza tra il Palazzo e i territori. Dipende, credo, anche dai meccanismi di selezione dei parlamentari. A volte, un po’ a causa del bicameralismo perfetto, un po’ per problemi di coesione politica, i provvedimenti ci sono arrivati blindati, senza molta possibilità di emendare o correggere. Mi ha colpito negativamente anche la tendenza dell’esecutivo di rispondere tardi, a volte per nulla, alle interrogazioni a risposta scritta.

La legislatura è agli sgoccioli. Quale provvedimento secondo lei dovrebbe assolutamente essere approvato, in termini di urgenza, in questi mesi che sono rimasti?

Credo che l’agenda dei lavori correnti di un governo dimissionario sia piuttosto rigorosa. Ci sarà un nuovo decreto aiuti, già annunciato. E bisognerà lavorare al Def, anche se la Legge di Bilancio poi toccherà alla maggioranza che uscirà dalle elezioni del 25 settembre.

Con il nuovo Parlamento più ridotto secondo lei il lavoro del parlamentare sarà facilitato e più snello o sorgeranno ugualmente problemi?

Credo che sarà un grande problema. Ogni deputato è in una commissione permanente, con il taglio bisognerà che ognuno sieda almeno in due organismi. Oltre alla presenza in Aula e a quella nelle Bicamerali. L’impegno rischia di essere gravoso, soprattutto se poi si interpreta il proprio mandato non solo come legislatore a Roma ma anche come rappresentante di un territorio, che peraltro, in ragione del taglio dei seggi, diventa enorme, tale da essere meno rappresentato.

Quale provvedimento, dal suo angolo visuale, le risulta il più importante tra quelli approvati in questa legislatura?

Si è lavorato molto, spesso anche bene. Sono stati fatti buoni provvedimenti di sostegno all’economia nei momenti di emergenza, sia pandemica sia relativa alla guerra. Il Pnrr è stato sicuramente un Piano epocale, storico per le sue caratteristiche. Considero un buon provvedimento, per parte mia, per quello che è stato il mio contributo, anche la riforma della Giustizia della Ministra Cartabia.

C’è una cosa, ne indichi almeno una, o più, che si dovrebbe fare per rendere più funzionale il Parlamento?

Forse è arrivato il momento di mettere mano a una riforma del bicameralismo perfetto. Il passaggio dello stesso provvedimento in entrambe le assemblee – Camera e Senato, spesso con doppia lettura – rende il procedimento legislativo troppo lungo, farraginoso, problematico, al punto che di fatto già capita che una sola assemblea approfondisca il provvedimento e l’altra sia chiamata, per urgenza, solo a ratificarlo o poco più.

Cosa pensa della pratica ormai abusata del ricorso frequentissimo al voto di fiducia da parte del governo e all’uso dei maxi emendamenti?

Mi preoccupa soprattutto l’uso di un doppio sistema: prima il decreto d’urgenza e poi la Fiducia sul Ddl di conversione. In questo modo si impedisce al Parlamento di svolgere la sua funzione legislativa. Lo si chiama solo a ratificare le decisioni del governo. Bisognerebbe farne un uso rarissimo, invece accade troppo spesso. Credo che sia anche la conseguenza di una frammentazione eccessiva, di una crisi di coesione tra le forze politiche. Discutere è importante ma poi bisogna decidere.

Quale legge elettorale ritiene la più auspicabile per le elezioni politiche?

Le prossime, quelle del 25 settembre, saranno ancora col Rosatellum, purtroppo. Per il futuro io spero si possa aprire una riflessione su un rafforzamento del Proporzionale, ma con preferenze. I cittadini devono tornare a scegliere e a sentire che la loro scelta, come avviene già per i Consigli comunali e regionali e per l’europarlamento, determina conseguenze reali. Loro devono decidere chi siede in Parlamento, non le segreterie di partito. Solo così riavviciniamo i cittadini al voto.

 

Francesco Fatone  – Giornalista                                           

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