Colombia, l’analista Mattia Fossati: le sfide che attendono Petro

È complessa la situazione che deve affrontare il primo presidente di sinistra eletto dopo oltre due secoli. Dal 1948 nel Paese è conflitto armato per le minoranze etniche. La novità dell’attivista Francia Marquez, diventata vice Presidente

La Colombia cambia: Gustavo Petro è il primo presidente di sinistra del paese dopo 214 anni. Sono diverse le sfide che attendono l’ex sindaco di Bogotà, dalle relazioni con i vicini paesi fino al contrasto al narcotraffico. Ne abbiamo parlato con l’analista Mattia Fossati che si occupa di quest’area geografica ed è autore di diversi libri sul narcotraffico.

Qual è l’attuale situazione in Colombia?

Già da parecchi anni in Colombia la situazione politica è abbastanza incerta, ogni volta che si va al voto c’è sempre stata la paura che la sinistra scavalcasse le forze di centro e quindi guadagnasse la maggioranza. Sappiamo che il conflitto armato colombiano scoppia per questo: per impedire alla sinistra di vincere le elezioni ma questa volta dopo anni complicati c’è stata un crescente consenso alle consultazioni elettorali.

Di cosa avevano paura?

Il terrore era che votando il centrosinistra si potesse favorire la guerriglia nel Paese ma in questo momento la guerriglia non è più forte come prima e le persone che per anni hanno votato il centrodestra hanno votato il centrosinistra proprio perché non c’era più questo spauracchio.

Quali grandi sfide attendono Petro?

Petro eredita una situazione molto complicata. Si trova di fronte a un quadro complesso in un momento però dove le forze del centrosinistra stanno recuperando consenso in tutta l’area latinoamericana. In  ottobre ci saranno le elezioni in Brasile che parte favorito. Però tutto questo potrebbe complicare il contesto internazionale. In questo momento storico c’è stato un endorsement verso la Russia di Paesi con tradizione socialista come Cuba, il Venezuela e anche lo stesso Petro aveva espresso un supporto verso la Russia ma il portavoce lo ha invitato a aggiustare il tiro.

E a livello economico?

La Colombia ha vissuto un periodo molto negativo per quanto riguarda la pandemia. Inoltre c’è stata una crisi economica molto forte che ha portato tra il 2019 e il 2021 delle proteste soprattutto in merito alla riforma fiscale che avrebbe aumentato l’Iva dimezzando il salario dei lavoratori. Petro inoltre per colpa delle sue scelte vorrebbe riavvicinarsi al Venezuela e vuole concludere l’accordo di pace, restano infine i fantasmi di una recrudescenza del conflitto armato.

Il commercio illegale di armi è un problema così serio?

Si tratta di un problema allargato a tutta l’America Latina oltre che alla Colombia: è il continente più propizio per l’acquisto di armi di natura illegale, sappiamo che esistono 47 opzioni di armi non registrate e che i cartelli del narcotraffico hanno capacità di offrire queste armi. Il problema principale è che quando si cerca di comprare armi da questi Paesi è difficile tracciarne la provenienza.

E il rapporto tra governo centrale e minoranze etniche come si svilupperà?

Questo è un punto meritorio di Petro: vuole cercare di tutelare le minoranze etniche. Non dobbiamo dimenticarci che il paese dal 1948 è preda di un conflitto armato che ha veramente attanagliato il paese creando situazioni paradossali e questo ha riguardato principalmente le minoranze etniche. In Colombia ci sono state nel corso degli ultimi cinquant’anni sei milioni di persone costrette a lasciare la propria area di provenienza per andare in altre zone e in particolare questa violenza ha colpito le innumerevoli minoranze etniche. Nel programma del presidente l’importanza della tutela è riportata.

Quali difficoltà affronterà nel realizzare questa parte del programma?

Non si vogliono tutelare e non c’è assolutamente nulla per tutelare le minoranze che vivono nelle zone dominate dai principali gruppi criminali del Paese, per esempio mi viene in mente il clan del golfo per quanto riguarda la zona dell’Urabà, l’Antioquia occidentale. Questo è un punto a sfavore per quello che riguarda Petro, l’assenza di un piano in una zona del genere.

Si va verso un Sudamerica socialista: cosa succederà con i paesi vicini?

Certamente la presidenza punterà moltissimo al rafforzamento dei rapporti con tutti quelli che possono essere degli alleati strategici in vista di poter allargare il tavolo negoziale con gli Usa. Si vuole riaprire il canale diplomatico con Maduro, che ieri ha scritto su Twitter incensando Petro per la vittoria di queste elezioni. Si riprenderanno poi i contatti con il Brasile in caso di vittoria di Lula a ottobre, quello che è-dal mio punto di vista-interessante nel rapporto con gli altri stati è vedere che genere di iniziative verranno adottate per alcuni capi di corruzione avvenuti in Colombia.

Puoi farci un esempio?

Mi viene in mente il caso Odebrecht, un’azienda brasiliana che ha pagato tangenti in Colombia e nel programma di Petro c’era l’idea di creare un gruppo di magistrati specializzati per investigare su questo caso dato che fino a oggi non è avvenuto a causa di un conflitto d’interessi enormi tra procuratore generale e l’azienda dato che aveva fatto da consulente in passato. Resta tutto in forse, bisognerà vedere che decisione prenderà il nuovo presidente.

Come potrebbero cambiare i rapporti con Usa?

Peggioreranno ma credo che dipenderà dalla politica di Petro per il contrasto al narcotraffico. Gli Usa hanno un controllo quasi militare per quanto riguarda le politiche adottate dalla Colombia contro i cartelli in questi ultimi 35 anni. Se Petro vuole attuare il programma e perdonare i guerriglieri-anche se immischiati in vicende di narcotraffico- e cacciare i finanziatori del narcotraffico vuol dire che tollererà una certa produzione di cocaina in Colombia. Gli Usa non vogliono che questo scenario prenda forma perché questo li penalizza e inoltre la Dea ha un grandissimo ufficio in Colombia: buona parte del rapporto si giocherà su questo. Sarà necessario capire se Petro userà il pugno duro sul narcotraffico o se difenderà persone vicine al suo orientamento politico.

Un’altra figura si fa strada affianco a Petro: l’attivista Francia Marquez, cosa ci sai raccontare di lei?

Rappresenta un fattore molto positivo, mi viene in mente un parallelo con l’attivista per i diritti Lgbt+ Marielle Franco in Brasile, anche lei è una donna di colore che proviene da un posto molto svantaggiato di Rio de Janeiro ed è riuscita a diventare consigliere comunale della sua città. La presenza di Francia Marquez è un segnale di cambiamento, va detto però che per essere nominata vicepresidente da Petro ha dovuto vincere una consultazione elettorale a marzo senza l’aiuto di nessuno. Da un certo punto di vista Petro è stato anche “costretto” a metterla vicepresidente per il consenso ricevuto a marzo.

 

Francesco Fatone – Giornalista

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