La difficile situazione che si sta delineando sul confine ucraino e russo lascia diverse domande sul futuro dell’est Europa. La risposta di Putin all’espansione della Nato verso l’Europa orientale apre diversi scenari sul ruolo della Russia, sui nuovi confini che potrebbero nascere e sulle prese di posizione dell’Unione Europea. Pietro Figuera, fondatore dell’Osservatorio Russia e autore del libro “La Russia sul Mediterraneo”, ha risposto ad alcuni dei nostri dubbi sulla recente escalation tra Russia e Ucraina, culminata nell’invasione, e sui possibili impatti sull’Est Europa.
Perché il Donbass è così importante per la Russia?
Il Donbass è storicamente importante soprattutto per quanto riguarda la sua composizione etnica e linguistica. Una larghissima fetta di popolazione ucraina parla russo, anche ben oltre Kiev, ma nel Donbass queste percentuali di russofoni sono altissime. In Donbass assistiamo a una guerra a bassa intensità dal 2014.
Quali potrebbero essere le soluzioni che potrebbero soddisfare la Russia?
La Russia, in questa fase, sta capendo quali sono le carte da giocarsi nei confronti dell’Occidente e della Nato e sta tastando il terreno per capire fin dove può spingersi. L’obiettivo minimo è quello che ha già raggiunto: il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donestsk e Luhansk che in qualche modo ricorda più quello che è stato fatto già nelle repubbliche separatiste di Ossezia e Abkazhia. Sarà da vedere poi quali saranno i confini di questi nuovi territori. In senso puramente ideale l’obiettivo russo sarebbe quello di riprendersi quanto più possibile in Ucraina ma l’obiettivo principale del Cremlino resta l’arretramento dei dispositivi militari della Nato ed evitare un ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Nordatlantica.
In un futuro prossimo è possibile immaginare una Ucraina tagliata in due e se sì quali potrebbero essere i confini di questo oblast (suddivisione)?
Allo stato attuale non si può escludere nulla. Purtroppo le tensioni sono un livello mai visto prima. È triste constatare che a oggi l’asticella dei contrasti è sempre più in alto. La guerra è arrivata e non si può certamente escludere un futuro in cui non esista l’Ucraina come la conosciamo oggi. Diciamo che è un po’ arduo tracciare linee di confine: una su cui gli analisti hanno più volte fantasticato sarebbe la linea del Dnepr, un fiume che attraversa l’Ucraina e che potrebbe essere una plausibile linea di confine tra la parte russofona e quella ucrainofona. Però il mio pronostico è che non si arriverà a questo almeno nel breve medio-periodo.
Ci sono tanti altri Paesi nell’ex area sovietica che sono stati un po’ tentennanti rispetto all’ingresso nella Nato o che si defilano. Questo sancirà il loro addio definitivo all’adesione del progetto dell’alleanza nord atlantica.
Fino a questo momento chi voleva aderire alla Nato, tranne l’Ucraina, c’è riuscito. I Paesi baltici ci sono riusciti ed altri paesi dell’area ex sovietica vogliono entrare nella Nato non ce ne sono esclusa la Georgia. Per l’Ucraina non in agenda un ingresso a breve e non potrebbe esserci secondo le disposizioni del trattato Alleanza Atlantica.
Poi ci sono degli attori geopolitici che insomma lasciano un po’ più domande come quei Paesi del patto di Visegrad. Da che parte si schiereranno dalla parte di Mosca o di Washington?
In politica estera il gruppo di Visegrad non è compatto ma in questa fase si sta avvicinando alle posizioni di Washington e alle posizioni europee. C’è la Polonia da sempre anti-russa e particolarmente attiva nel contrastare la politica estera russa espansiva verso l’Est Europa, poi la Repubblica Ceca e Slovacchia sono più equidistanti e l’Ungheria che invece ha avuto spesso un ruolo anche di mediazione. Ci sono state in passato convergenze di interessi russi e ungheresi, come sulla questione delle minoranze ungheresi presenti in Ucraina, che poi non sempre si sono tradotti in una convergenza geopolitica vera e propria.
Spostandoci a Bruxelles sulla scorta delle esperienze precedenti è stata rilevata la inefficacia delle sanzioni europee e occidentali. Queste possono essere un’arma a doppio taglio per l’Unione Europea
Lo sono sempre state. Ma lo saranno ancor di più se consideriamo che per l’Unione europea, in particolare per i suoi principali Paesi, soprattutto noi e la Germania. La Russia, pur avendo un prodotto interno lordo alto inferiore a quello tedesco e al nostro, ha buon gioco a sostenere le sanzioni. Le priorità russe non sono di carattere economico: la Russia antepone la strategia soprattutto quella della difesa dei suoi confini della sua sovranità a tutti i ragionamenti economici. Paradossalmente ne soffriamo più noi, il nostro Paese infatti è stato sempre tra i più reticenti ad attivare le sanzioni.
Francesco Fatone – Pubblicista, capo redattore Opinio Iuris