70 anni di RAI, al servizio della democrazia e della Repubblica

70 anni ben portati. Per "mamma RAI" oggi è il momento dei bilanci, e per la TV di Stato i bilanci sono positivi ed esaltanti

La Rai – Radio Televisione Italiana inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive”: con queste parole, l’annunciatrice Fulvia Colombo inaugura l’inizio delle trasmissioni la mattina del 3 gennaio 1954. Tra rotocalco, teatro, intrattenimento musicale e cronaca sportiva, il primo giorno di televisione italiana è già un biglietto da visita al catalogo di generi, nomi e volti che caratterizzeranno il servizio pubblico televisivo negli anni a venire.

70 anni suonati.  70 anni di racconti e di Paese reale. La RAI è oggi una delle più grandi aziende di comunicazione d’Europa, il quinto gruppo televisivo del mondo. Nata nel 1924 con il nome di Unione radiofonica italiana, divenne Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR) nel 1927, poi Radio Audizioni Italiane (RAI) nel 1944 e infine Rai − Radiotelevisione Italiana nel 1954.

“Da Presidente del Servizio pubblico -dice Marinella Soldi– auspico un 2024 in cui celebrare la nostra tradizione proiettandoci verso nuove sfide. Innovazione, transizione digitale, sostenibilità, inclusione e parità sono i nostri obiettivi per una Rai di tutti, orgogliosa del proprio passato e capace di parlare anche ai giovani”.

“Ognuno può fare la differenza -dice ancora la Presidente Soldi- e per questo ringrazio tutti i dipendenti del Servizio pubblico per l’impegno e l’entusiasmo con cui ogni giorno continuano a costruire la storia della Rai”.

Quante cose si potrebbero scrivere e pensare di “Mamma RAI”. Io ci ho trascorso dentro questa grande Azienda 38 lunghi anni della mia vita, e continuo a pensare che la RAI sia ancora la mia seconda famiglia di origine.

Di tutto di più. Tutto e il contrario di tutto. La RAI è lo specchio del Paese, è il cordone ombelicale che lega la vita di ognuno di noi alla crescita della Repubblica. La RAI è insieme servizio pubblico e potere istituzionale. Nel bene e nel male, la RAI è la storia dell’Italia.

Mi viene in mente Paolo Borsellino quando diceva: ““Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.” Ma penso anche Tiziano Terzani che nel suo libro “La fine è il mio inizio”, la raccontava in questo modo: “Tutto il sistema è fatto in modo che l’uomo, senza neppure accorgersene, comincia sin da bambino a entrare in una mentalità che gli impedisce di pensare qualsiasi altra cosa. Finisce che non c’è nemmeno più bisogno della dittatura ormai, perché la dittatura è quella della scuola, della televisione, di quello che ti insegnano. Spegni la televisione e guadagni la libertà”.

Andrea Camilleri invece, nel suo “Segnali di fumo” la raccontava così: “Bisogna guardare la tv portandosi appresso un paracqua ideale che permetta al nostro cervello di restare asciutto e lucido, di non inzupparsi di tutte le informazioni distorte, contraffatte, alterate, finalizzate che ci vengono propinate”.

O anche il grande Luciano de Crescenzo: “La vita potrebbe essere divisa in tre fasi: Rivoluzione, Riflessione e Televisione. Si comincia con il voler cambiare il mondo e si finisce col cambiare i canali”.

Quanto basta, insomma, per capire quanto fondamentale sia stata la nascita della RAI in un Paese come il nostro, e quanta strada in avanti il Paese abbia percorso anche grazie all’impegno quotidiano della RAI e dei suoi uomini.

“Fra 30 anni -diceva Ennio Flaiano– l’Italia non sarà come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la TV”.

L’AD della Rai Roberto Sergio e il Dg Giampaolo Rossi affidano alle agenzie di stampa una dichiarazione comune scritta a quattro mani, proprio per dare il senso della unicità di questa grande famiglia:

“Memoria, orgoglio, responsabilità: parole che in questo giorno di festa per i settant’anni della nascita della “nostra” Tv ci richiamano ai valori fondanti dell’essere servizio pubblico. La memoria di quanto Rai ha fatto per la crescita del “sapere” del nostro Paese; l’orgoglio di essere la più grande azienda culturale del Paese, pilastro del pluralismo e della democrazia, e motore dell’industria dell’audiovisivo nazionale; la responsabilità di continuare a esserlo concretamente. Perché questi settant’anni – e queste tre parole – ci indicano la strada per il futuro: continuare a contribuire a costruire l’identità nazionale consentendo ai cittadini di riconoscersi dentro una memoria che appartiene a tutti e mantenere – pur in un mercato radicalmente mutato e altamente competitivo rispetto al passato – il ruolo di leader di ascolti di capacità d’innovazione tecnologica e di prodotto”.

Non a caso la RAI da ieri non fa che raccontare sé stessa al suo grande pubblico, e lo farà attraverso i ricordi del passato, grazie alle immagini dei primi programmi messi in onda, dei volti dei primi protagonisti della TV che era appena nata, e lo farà ancora nelle prossime ore soprattutto attraverso i programmi più visti in tutti questi lunghi anni di programmazione televisiva. Settant’anni di tv firmata Rai.

“Da parte nostra – sottolineano ancora i vertici RAI – è doveroso ringraziare di cuore le donne e gli uomini che hanno reso grande la Rai in questi 70 anni e coloro che oggi, con dedizione e passione consentono che la Rai sia uno dei più grandi e influenti servizi pubblici radiotelevisivi e multimediali d’Europa”.

 

Pino Nano Giornalista. Capo redattore centrale

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